Don Basilio Gavazzeni ha inviato alla nostra redazione un contributo relativo all’incontro avvenuto il 28 febbraio scorso nella arrocchia di Sant’Agnese con Albano Carrisi per la presentazione del suo libro “Fra cielo e terra. Le mie radici, le stagioni della vita, la forza della fede”.
Don Basilio Gavazzeni: Al Bano, la festa nella voce
Qualche settimana fa ho avuto ospite, nella mia grande chiesa dedicata a san Luigi Maria Grignion da Montfort, il cantante Al Bano (Albano Carrisi). È stata una iniziativa covata da lontano, ma, alla fine, decisa all’improvviso. Nella mia città, non vi è spazio laico più respirabile e dignitoso per una manifestazione all’interno che possa corrispondere a circa un migliaio di persone. Una chiesa è la casa di Dio, al servizio del suo popolo, oggi è persino cortile dei Gentili. Salvaguardato l’angolo del tutto monolatrico della Presenza Eucaristica, la navata è per i figli nel Figlio. Secondo questo modo di vedere, chiedo accoglienza alla mia chiesa per talune iniziative che possono apparire fuori posto: una riflessione partecipata sulla politica, carità maggiore; il Premio nazionale “Città cristologica” che si è assegnato al libro su Cristo del francese Max Gallo, e cose simili che non mi riescono profane.
Il comunicato stampa per la venuta di Al Bano prevedeva prima di tutto la presentazione del suo libro “Fra cielo e terra. Le mie radici, le stagioni della vita, la forza della fede”, pubblicato dalle Edizioni Piemme nel 2013; poi un momento di preghiera in canto, solistico e comunitario. Alle 18,30 Rosario e Messa, come di prammatica, ed ecco puntualissimo, alle 19,30, il cantante con gli ultimogeniti Jasmine e Bido e un paio di collaboratori. Non mi era stato possibile concordare con precisione, in anticipo, le cose da farsi. Fatalmente, senza un accompagnamento o una base musicali, Al Bano si è adattato a cantare a cappella. Ha aperto l’incontro con l’“Ave Maria” di Gounod. Seduto su una panca, posta sull’ultimo gradino del presbiterio, accanto a cinque piccoli ministranti, si è poi predisposto ad ascoltare domande e presentazione pertinenti al libro.
Al Bano sa scrivere. Ha qualcosa da dire e lo esprime in maniera scorrevole. Il giorno precedente avevo inghiottito le sue pagine. Ci avevo messo l’acribia del correttore di bozze, per trovarvi refusi, mende, lacune, o di stampa o di scrittura o di dottrina. Quanto a quest’ultima l’avevo soppesata, traguardandola dall’altezza della trattazione di un teologo moralista di vaglia consacrata ai sacri “déka lógoi”. Ho dovuto ammettere che il libro di Al Bano teneva.
Il titolo è molto significativo. Arieggia quello del libro “Il Cielo e la Terra”, scritto da Jorge Mario Bergoglio con il rabbino Abraham Skorka. Singolare l’idea di miscelare i comandamenti con l’autobiografia. Ortodossa l’importanza data ai singoli comandamenti, secondo la successione adottata dalla tradizione cattolica e luterana, che, nella semplificazione catechistica, pare risalga a sant’Agostino. Fondamentale l’unitaria tematizzazione dei comandamenti della tavola teologica assieme a quelli della tavola antropologica.
Non mette conto ripercorrere i quindici capitoli integrati da un’elementare e utile appendice con alcuni testi delle Sacre Scritture riguardanti i comandamenti. Del libro conviene evocare la “denotazione”, il senso primario complessivo e oggettivo, poi, spazio permettendo, rilevarne la “connotazione” delle sfumature, il contorno di qualche particolare, il crepitio della soggettività.
Ha ben compreso, Al Bano, che la Legge non è un giogo, ma un bene e una garanzia dell’elezione, che è per l’alleanza totale, il culto e l’azione, che procede da Dio Creatore, a un certo punto interveniente nel fitto della storia come Liberatore, geloso contro gli idoli prevaricanti sull’uomo da Lui liberato dalla condizione servile. Non gli sfugge la valenza religiosa e antropologica del quarto comandamento riguardante il padre e la madre, cerniera fra la prima e la seconda tavola. Il cantante testimonia un’acutissima attenzione alle sue origini e, perciò, all’Origine, e alla riconoscenza dovuta. Il riferimento a papà Carmelo e a mamma, donna Iolanda, e alla sua terra, è costante e riportato a Dio.
L’ottavo comandamento, non ha tanto che fare con le bugie, è piuttosto contro il testimone menzognero. Gli detta un capitolo non scevro di indignazione e di sofferenza, ma lucido e fermo, nel ripasso dei casi dolorosi occorsigli. Il sesto e il nono comandamento gli offrono l’occasione di perorare con fervore i valori della fedeltà e della famiglia.
Non sono sicuro che Al Bano abbia centrato il senso pieno della ripetuta formula negativa “Non desiderare…” che conclude e corona le dieci parole. Senza dubbio ha colto che non è contro il desiderio in sé, bensì mette in guardia contro il pensare e l’agire rapace che sottrae all’altro l’affetto più necessario, la casa e la dignità, in cui è deposta per ognuno la promessa di Dio sulla terra.
Da questo libro si evince che Al Bano pratica con assiduità la lettura della Bibbia, ama l’Odissea, ha raccolto le lezioni del “Piccolo Principe” di Saint-Exupéry e del “Profeta” di Gibran e del Leopardi più sereno, ha ascoltato i saggi consigli di Andrea Tornielli e assimilato un bel libro di Paolo Curtaz. E che ama la Chiesa, venera Giovanni Paolo II, onora Benedetto XVI, sa e stigmatizza le debolezze di qualche prete ma non concede nulla alle generalizzazioni.
I suoi Santi: san Marco associato al grazioso nome del paese natale, rutilante di feste, Cellino, in quel di Brindisi, Antonio di Padova, Francesco d’Assisi (da cui dissente sulla visione della morte), Pio da Pietrelcina, José María Escrivá de Balaguer, Teresa di Calcutta, madrina di battesimo della figlia Cristel. Tenera la sua devozione per la Madonna di cui ha visitato la casa a Efeso e il santuario di Medjugorje. Da registrare la sua entusiastica frequentazione del Cammino di Santiago de Compostela. È veritiera la sua percezione che qualche negatività ne insidia le strade cristiane.
Di suo Al Bano, esplicitando i valori già compresi nell’amore per il prossimo, aggiunge il comandamento dell’amicizia, la passione quale comandamento per i giovani e il comandamento dell’educazione. Preziose riflessioni godibilissime e trapunte di colore fraterno e paterno, e di solido buonsenso.
Novecento persone in chiesa, oltre trecento fuori, secondo la conta della Questura, hanno chiesto che dopo il libro seguissero canzoni che non ci vuole molto a collegare alla condizione umana salvata dalla musica di Dio. È stato il momento di “Amara terra mia”, “Nel sole”, “Felicità”. C’è stata una piccola ressa per raccogliere dall’ospite un centinaio di autografi sul suo libro o sui foglietti di fortuna. Il cantante è stato cortese e paziente. È ripartito mentre il campanile batteva le 21,30. Aveva chiesto, poco prima, alla gente: “Voi cantate?” Mi aveva sussurrato l’adagio agostiniano “chi canta prega due volte”. In sostanza Al Bano così prega innumerevoli volte e così è a sua volta maestro di preghiera. Incarna, con le voci migliori del mondo, il Sabato primordiale, la Domenica, cioè la Pasqua, essenziali radici della festa di cui troppo spesso siamo difettivi. Gliene siamo grati.
Don Basilio Gavazzeni