Gianni Maragno in una nota ripercorre la saga del direttore d’orchestra e compositore Virtù Maragno, figlio del materano Benvenuto.
Era il 9 novembre del 1895 quando, in via Lombardi 4, nei “Sassi” di Matera, nasceva, dai coniugi Virtù Maragno (impiegato) e Traietta Maria Concetta, Benvenuto Salvatore Angelo Raffaele Michele Arcangelo
Maragno. Benvenuto – prevalse questo nome – sposò a Matera, nell’anno 1922, Anna Dresda che, probabilmente, morì subito dopo il matrimonio.
Rimasto vedovo, emigrò in Argentina, nella città di Santa Fé, dove sisposò nuovamente, avendo quattro figli. Da autodidatta aveva imparato
a suonare l’organo, accompagnando le messe nella Cattedrale della città, e cantando, per i matrimoni, un repertorio di canzoni italiane. Di tale passione contagiò i quattro figli, il primo dei quali assunse,
nel solco della tradizione, il nome del nonno paterno Virtù; e virtuoso della grande musica fu davvero. Notevole rimane il fatto che, l’anno dopo Benvenuto, vennero alla luce Francisco, anch’egli
musicista e direttore di coro e, quindi, le sorelle Apollinaria, casalinga, e Conception, professoressa di lingue moderne, entrambe con la passione della musica. Sembrava rinnovarsi l’antica storia della
numerosa materana famiglia Duni, nel Settecento.
Non conoscevo nessuno dei Maragno in questione, fino a quando, non pochi anni fa, non mi pervenne una richiesta di amicizia, su facebook, da parte di Andrea Maragno, una dei tre figli del compianto Maestro Virtù (Santa Fè, 1928 – Buenos Aires, 2004). Andrea è una signora di professione mezzosoprano, madre di due figli e
sposata con Rodrigo Novoa, anch’egli musicista. Suo fratello Leopoldo è un pittore molto apprezzato; sua sorella, Cecilia, è brillante oboista. Andrea, come i suoi fratelli, non conosce Matera; ma coltiva il sogno di portare le musiche di suo padre nella città che fu di nonno Benvenuto. Con entusiasmo condiviso, Andrea ha inviato
curriculum, documenti, foto, partiture e files-audio della vita e delle musiche di Virtù; è maturato l’impegno a coinvolgere la città dei Sassi in un progetto che possa far conoscere la grandezza del genitore.
Il più importante teatro argentino è il Colon di Buenos Aires. Per molti anni questa istituzione ha avuto come direttore artistico Tito Capobianco, nato in Argentina, ma anche lui di origini italiane. La famiglia Capobianco partì da quella Montepeloso “che nel 1895 mutò il nome in Irsina”, come tanti alla volta del “nuovo mondo”.
Tito e Virtù, amici, hanno spesso tenuto proficue collaborazioni artistiche.
Dopo aver conseguito numerosi premi in tutta l’America Latina, Virtù sperimentò, dal 1958 al 1978, “le tecniche compositive più avanzate del suo tempo”. In questo quadro di evoluzione creativa, nel 1959 vinse una borsa di studio in Italia, dove apprese l’estetica d’avanguardia e la musica sperimentale. Fermandosi a Roma, assorbì
tutto quello che poteva, studiando composizione al Conservatorio di Santa Cecilia, con Goffredo Petrassi; frequentò quindi corsi di direzione corale con Santo Zanon e di direzione d’orchestra con Franco Capuana); frequentò anche lo Studio di Fonologia Musicale della RAI di Milano, diretto da Bruno Maderna.
I nuovi linguaggi musicali acquisiti lo portarono alla realizzazione di opere da camera e sinfoniche, nonché musiche per cinema e teatro. Le sinfonie “Ecce Homo” (1969-70) e “Amo” (1978), per orchestra e doppio coro, testimoniano questa evoluzione, proiettando Virtù compositore in una dimensione internazionale.
L’opprimente dittatura militare argentina sconvolse e turbò profondamente anche Virtù, che tale sofferenza travasò nella complessa opera AMO, composizione dal doppio significato: è il rigetto della dittatura, dato politico, ed è, sul piano privato, omaggio e offerta di amore alla compagna di vita Maria Olga (A M. O.).
Personalità ormai all’attenzione del nuovo governo democratico argentino, è interessante segnalare che, dal Teatro Colon di Buenos Aires, a Virtù veniva commissionata apposita opera sulle tristi vicende narrate da Hector Tizon in Fuego a Casabindo, opera di grande interesse sociale, perché ispirata alle lotte dei contadini nativi
argentini nella conquista delle terre. Ne scaturì l’ultima solenne opera di Virtù Maragno, con Fire in Casabindo rappresentata post mortem.
Così hanno scritto di lui:
L’eclettico compositore e didatta Virtú Maragno ha lasciato un prezioso contributo che ha permesso di ampliare le frontiere della musica argentina. Le sue composizioni rientrano in un’ampia gamma che spazia dal suono da camera all’estetica d’avanguardia, alla musica sperimentale e all’elettroacustica, senza dimenticare i tratti formali
e i colori del folklore, che rappresentano la cifra stilistica del suo lavoro.