A distanza di sette anni dal 17 ottobre 2014, giorno della proclamazione di Matera Capitale europea della cultura 2019, il professore materano Giovanni Caserta ricorda il grande musicista Egidio Romualdo Duni e la sua vasta famiglia di musicisti e filosofi.
Secondo Caserta il grande musicista era occasione che la Fondazione Matera Basilicata 2019 doveva cogliere per diffondere, per l’Italia e per l‘Europa, altra e più significativa cultura materana. Questa, a suo parere, non può ridursiai soli Sassi, più veridicamente appartenenti alla storia sociale della città, e alla antropologia.
Leggo, su organi di stampa, che Egidio Romualdo Duniè tornato a Parigi per una rapida visita al Consolato Generale d’Italia. Vi è arrivato accompagnato dal Maestro Saverio Vizziello, presidente del Festival Duni, e dal professore Dinko Fabris, direttore artistico dello stesso. Si è parlato dei rapporti tra Duni e la Francia; si è presentata l’opera Les deux chasseurs e la laitière – “I due cacciatori e la lattaia”. Purtroppo si arriva tardi rispetto a tempi più opportuni e di maggiore risonanza. La presentazione di Duni in Francia doveva essere un minimo compito della Direzione della Fondazione Matera Basilicata 2019; né ci si doveva fermare ad un incontro al vertice e al chiuso. Bisognava che l’operetta fosse pubblicamente rappresentata in Parigi. Non sarebbe stato impossibile, visto che tale operetta, il 23 ottobre prossimo, è bella e allestita, e sarà rappresentata al Teatro Comunale, inopportunamente intitolato a Guerrieri. Non userò mai chiamarlo “teatro Guerrieri”, né, credo, lo frequenterò mai. Certamente non lo farò con piacere, perché mi sembrerà di entrare in un cinema teatro che non è il mio, del tempo in cui aspettavamo i film di Robin Hood, da noi detto Robin Kood. Mi auguro che altra Giunta e altro Consiglio cittadino riscoprano il senso e la portata dell’aggettivo“comunale”, cioè di appartenenza alla comunità.
Né bisognava fermarsi a Parigi. Si poteva arrivare in Olanda, dove il Duni soggiornò per un po’ di tempo, per ragioni di salute. Senz’altro bisognava arrivare a Parma, a Napoli e alla vicina Bari. Bastava rinunziare ad un qualsiasi spettacolo con ospiti esterni o a qualunque altra trovata carnascialesca, tipo “unmonastery” o la scalata della facciata della chiesa del Purgatorio o di san Pietro Caveoso che sia. Sarebbe stata occasione per valorizzare non solo il nostro patrimonio culturale, musicale, ma anche studenti e docenti del Conservatorio. Matera non è solo Sassi, e forse è più che Sassi. Né sarebbe stato male accompagnare Egidio Romualdo con conferenze sui suoi numerosi fratelli, musicisti e gran cultori di filosofia come Emanuele Duni, cui è intitolato il nostro Liceo Classico. Ma potevano i componenti del Comitato Scientifico della Fondazione Matera Basilicata 2019 sapere di queste cose, essendo tutti fatti venire di fuori, a illuminarci la mente di ottentotti? Sapevano essi che a Parma, qualche anno fa, era stato tenuto un convegno sulla persona e l’arte di Egidio Romualdo, da cui è venuto fuori un volume che ne raccoglie gli atti? Non che di Egidio Romualdo Duni non si sia scritto qua e là; ma un’opera a tutto tondo non c’era. Di questo volume, anzi, non siè nemmeno sentito il bisogno di fare una presentazione pubblica d’intesa con Parma. E’ il motivo per cui, sia pure a distanza di otto anni, ci preme darne notizia,a margine della operetta Les deux chasseurs e la laitière, che si vuol rappresentare il 23 ottobre prossimo.
Il Convegno fu tenuto a Parma, nella Casa della Musica, nei giorni 27 e 28 aprile 2013, voluto fortemente dal Circolo dei Lucani, lì operante sotto la presidenza del tempo,tenuta daldott. Antonio Zasa, diviso, per affetto, tra Parma, la città di felice accoglienza, e Tricarico, il paese d’origine. Indispensabile si rivelò l’Università di Parma. A cura di Paolo Russo, il volume comprende ben nove interventi. E’ da aggiungere una Presentazione di Paolo Russo. Degli interventi critici, tre sono di stranieri (Roland Pfeiffer, David Charlton e Michel Noiray). Sono perciò scritti in francese o in inglese; gli altri sei sono autori italiani (Dinko Fabris, Lorenzo Mattei, Paolo Giovanni Maione, Paolo Russo, Giovanni Polin, Gustavo Malvezzi). Molto ampia e interessante è la vita tracciata dal prof. Dinko Fabris, che arricchisce di elementi nuovi la movimentata vita di Egidio Romualdo Duni, che, da Matera, raggiunse Napoli e poi Parma e poi Bari e poi Firenze e poi Roma e poi l’Olanda, fin quando si fermò a Parigi dove mori l’11 giugno 1775. Lì è sepolto.
Alla data della morte, aveva sessantasei anni, essendo nato il 9 febbraio nel 1709. Altrove si legge 1708. Il titolo del volume vuole riassumere le due nazioni frequentate dal Duni, mossosi, appunto, tra Italia e Francia; vuole, naturalmente, anche dare una definizione dell’uomo d’arte e della sua poetica, definendolo “illuminista”, in realtà con una forzatura che contrasta con un nostro intervento di alcuni anni fa, intitolatoEt in ArcadiaDuni, in cui si sosteneva che Egidio Romualdo, cattolico non meno che i suoi fratelli e il padre Francesco, maestro della Cappella della Bruna, rimase al di qua dell’Illuminismo, anche se solo di un passo. Infatti, se,per modo di pensare e per modo di fare arte, volessimo trovargli due compagni molto affini, lo affiancheremmo agevolmente al Metastasio e al Goldoni, autori di alcuni dei suoi libretti. Con il Goldoni, anzi, incontratolo in Francia, divenne molto amico.Ed era tanto il suo credito presso Goldoni,e presso la cultura francese, da permettersi di adoperarsi perché Goldoni tornasse in buoni rapporti con Diderot..Lo ricorda lo stesso Goldoni nei suoi Mémoires.
Bersagli polemici del Duni e dei suoi fratelli, tutti insieme, furono, invece, proprio scrittori e filosofi e pensatori illuministi, tra i quali Rousseau. Con Rousseau, anzi, Egidio Romualdo Duni polemizzò anche riguardo alla lingua francese, che Rousseau riteneva non idonea per le operette musicali. Il Duni, al contrario, italiano, meridionale, materano nato sul bordo dei Sassi, difendeva la lingua francese. Forse anche per questo in Francia diventò famoso con l’affettuoso nome di “Papà Duny”. La verità, però, è anche nel fatto che Egidio Romualdo Duni era un uomo dai sentimenti e dai comportamenti molto aperti e disponibili. Come Goldoni, poteva dire di sé che non conosceva il male. Si legge, per esempio, nel volume in nostro esame, in francese, che egli “avrà sempre un posto onorevole tra coloro che hanno portato la lingua francese a conoscere i nuovi piaceri negli spettacoli di canto; ma ciò che onora ancor di più l’artista è il suo cuore eccellente, sempre ben disposto verso uomini di talento che si sono rivolti a lui. Era lontano da quella gelosia bassa, che avvilisce gli uomini d’ingegno. Era amato e stimato dagli uomini di lettere”. Avendo tale animo e carattere, ”il suo canto”, dunque, non poteva non essere“delizioso e soave”.
Queste e altre interessanti notizie si trovano nel volume curato da Paolo Russo.Si apprende che l’opera, in programma a Matera per il 23 ottobre prossimo, fu di scena a Torino, al Teatro Carignano. Si scopre che proprio Torino, ai confini con la Francia, ebbe allora,“nella seconda metà del Settecento”, anche per il tramite di Duni, un ruolo importantissimo nella “diffusione dell’Opera comique” dalla Francia all’Italia.Si legge, infine, che opere del Dunifurono frequentemente rappresentate a Parma, Napoli (Teatro San Carlo), Venezia (Teatro San Samuele), Roma e, quasi sicuramente, Firenze.
Il volume si chiude con il lungo elenco delle opere del Duni, veramente inesauribile compositore. Dispiace, perciò, che, in occasione della corsa per Matera capitale europea della cultura 2019, non ci si è fatti accompagnare da lui, come anche dai fratelli Antonio, Emanuele, Saverio, Giacinto e Giuseppe, unitamente ad altri benemeriti della cultura materana, arrivati a toccare vertici nazionali. Si potevano ricordare Ascanio Persio, Tommaso Stigliani, Nicola Festa, Onofrio Tataranni, Domenico Ridola, Eustachio Paolo Lamanna, nonchésituazioni ed eventi emblematici di un certo periodo di tempo,come la lotta per la casa attraverso i Sassi, la riforma agraria attraverso l’occupazione delle terre, la nuova urbanistica attraverso i rioni di risanamento dei Sassi…Si è preferito, invece, dare pubblicità e visibilità alla cultura esterna e persino a fenomeni di dubbio gusto.La gente venuta in visita a Matera, o che ha letto di Matera capitale europea della cultura 2019,oggi si domanda: “Matera capitale europea della cultura? Ma di quale cultura? Ebbe Matera una cultura?”. Le domande,passate al Comitato scientifico “straniero” che si insediò a Matera, e sorresse tutta l’operazione, restano senza risposte. Che ne sapevano loro?Qual meraviglia se oggi, a sette anni esatti dal 17 ottobre 2014, tutto “è silenzio e tenebre /la gloria che passò”?