Allo scoccare della mezzanotte del 12 dicembre il cantautore materano Antonio Esposito pubblicherà il videoclip del suo nuovo inedito “Le mie scarpe”, brano che fa esplicitamente riferimento alla sua vita e al suo passato, fatto di sofferenze, letti di ospedale e confini sempre più pericolosi da affrontare… Un’anteprima? Solo un verso, fra i più potenti e disarmanti, da cui già si può comprendere lo spessore del brano:
“Di ogni ferita che ho dentro
ho toccato il confine,
fra ciò che in me ho in parte apprezzato ed odiato,
sono infondo il bambino che ho sempre amato.”
Il disco è edito da Dino Vitola editore (management Il Folle Team)
Di seguito l’intervista rilasciata dal cantautore materano.
Partiamo dal titolo, “Le mie scarpe”, ce lo vuoi spiegare?
Sono scarpe “immaginarie” quelle a cui si fa riferimento nella canzone. Avrei potuto anche benissimo dire “a piedi scalzi”, dato che molte volte nella vita ho avuto l’impressione di camminare a piedi nudi. Ma la figura delle “scarpe” calde e resistenti si avvicina quanto più a quello che vuole dire questa canzone, che parla di un ragazzo stanco, un po’ provato e nel bel mezzo di un vortice che vede cadere alcune certezze. Un ragazzo che però trova la forza nel ricordo del bambino che era e che raggiunge attraverso il tempo e lo spazio in un viaggio a ritroso, con le uniche scarpe in grado di poter compiere questo viaggio particolare: le sue stesse scarpe che indossava da bambino in ogni sua battaglia.
Qui rivede un bimbo coraggioso, lo stesso ragazzo che oggi fa i conti con i segni che ogni battaglia gli ha affidato, ma che da quel bambino stesso, ritrova alcune consapevolezze smarrite e un po’ dimenticate.
Perchè proprio le scarpe?
Sono i piedi a muoverci nello spazio, nel tempo e nella vita. Sono i piedi a “portarci avanti”, a farci compiere percorsi, a farci crescere e “progredire”, a farci camminare verso un amore, verso un obiettivo, un sogno o un ostacolo da superare.
Per quanto fossi un bambino coraggioso, fin da allora ho sempre avuto l’impressione che per superare qualsiasi cosa nella vita avessi bisogno di amore, di sostegno e di “calore umano”…di sentirmi sempre al sicuro. Cosa di più riconducibile a tutto questo se non un paio di scarpe forti e resistenti da proteggere “i piedi che camminano” alla conquista della vita?
Nel momento più complicato della mia vita ho ripreso quelle “scarpe” per compiere un lungo e difficile viaggio, per ritrovare le certezze perdute. Un bel paio di scarpe che hanno vissuto la mia storia, e nel loro deformarsi sono diventate le scarpe più comode in cui camminare ogni giorno su questo folle e disincantato mondo da non volere cambiare mai: con la punta di ferro e il cuore di morbida pelle.
Cosa hai pensato mentre scrivevi di questo bambino e allo stesso tempo del ragazzo che è diventato?
Sono dovuto passare in fretta dalla paura al coraggio, non era semplice ma era l’unica scelta che avevo. Questa canzone racconta un frammento della mia storia, ma tra le righe c’è ancora tanto altro che non si può descrivere. Ho dovuto affidarmi a me stesso molto prima del previsto, ho dovuto combattere per tenere sempre il cuore caldo e sveglia la mente (in tutti i sensi). Quel bambino oggi è sopravvissuto insieme a me e a tutte le mie sfide, ma è una lotta alla sopravvivenza continua in cui tutto ruota intorno alle “certezze” che in questi casi non puoi permetterti di smarrire, perché i venti che soffiano sono sempre molto forti, e tu non puoi essere piuma, ma roccia.
C’è un verso, che per ragioni radiofoniche è stato tagliato dalla canzone che fa:
“Così le scarpe mi portano nel mio passato,
da quelle poche certezze che ho conservato,
nascoste fra i monti innevati di Francia,
dove pesavo il coraggio su una bilancia”
E’ servito alla fine questo viaggio nel passato?
Sicuramente si… Ho imparato ad amarmi e ad apprezzarmi per tutto cio che sono stato e che sono. Ho imparato a bastarmi (che non vuol dire accontentarmi ma “senza avere il costante bisogno di riscontri esterni”) Ho buttato giù tutti i muri, ho smesso di pensare che gli altri c’entrassero sempre qualcosa con la mia felicità, ho imparato che cosa è la felicità, ho scartato tutto il superfluo e ho imparato ad amare l’essenziale, ciò che si è dentro. I mostri a volte siamo noi a crearli e a sfamarli, le paure e le debolezze sono armi, se usate con consapevolezza, e ci aiutano anche loro a non fermarci e ad andare sempre avanti. L’essere umano non è fatto per “fermarsi”, le scarpe le dobbiamo consumare, deteriorare se necessario! Perché questo è il cammino, un bellissimo e grande cammino, nient’altro che il nostro.