Il regista Gianmaria Aliverta non ha dubbi: «la chiave interpretativa del protagonista Don Pasquale è la nostalgia!»; con le sue arie e i recitativi, infatti, Gaetano Donizetti disegna un personaggio nostalgico che vive nel ricordo di quella giovinezza che, ormai settantenne, si illude di poter far tornare sposando una giovane ragazza.
Nostalgia: sul palco del Teatro Duni il protagonista Don Pasquale diventa così un vecchio nostalgico del fascismo, ma non del periodo storico e della dittatura, quanto piuttosto della sua lontana infanzia che ha vissuto da bimbo come Balilla, continuando perciò a indossare una improbabile divisa sulle sue fattezze di “vecchio grasso e decrepito”, mentre di contro il giovane nipote Ernesto canta indossando una maglietta con Che Guevara e la kefiah palestinese al collo!
E per fare invaghire il vecchio Don Pasquale della giovane Norina, facendogliela così sposare, lo scaltro Dottor Malatesta gliela presenterà con indosso la divisa da Giovane Italiana…
È un “Don Pasquale” attualizzato con garbo dal regista Gianmaria Aliverta, senza nessuna ideologizzazione politica, solo una sapiente “citazione” della nostalgia di tutti quei nonni italiani che ricordano con rimpianto quel periodo storico perché legato alla loro infanzia e giovinezza.
Le scene di questo allestimento del “Don Pasquale” sono essenziali ed evocative delle varie ambientazioni dei tre atti nei quali si sviluppa questa divertentissima opera buffa: è un alternarsi di situazioni paradossali in cui il protagonista viene messo alla berlina, fino al tradizionale “colpo di scena” finale che farà trionfare l’amore insegnando al pubblico la morale dell’opera: “ben è scemo di cervello chi s’ammoglia in vecchia età, va a cercar col campanello noie e doglie in quantità!”.
La rappresentazione del “Don Pasquale” di Gaetano Donizetti per la stagione “Matera in Musica” 2015-2016 di Festival Duni e Istituzione Concertistica Orchestrale “Magna Grecia” si terrà, al Teatro Duni di Matera, sabato 23 aprile, ingresso ore 20.30 inizio ore 21.00.
Info e prevendita presso Festival Duni – ICO “Magna Grecia”, in Via De Viti de Marco n.13 a Matera (cell. 392.9199935 – omg.matera@gmail.com), o presso Cartolibreria Montemurro, via delle Beccherie n.69 a Matera (0835.333411).
“Don Pasquale” di Gaetano Donizetti sarà rappresentato al Teatro Duni di Matera in forma scenica in un nuovo allestimento originale con Gianmaria Aliverta che ha curato la regia, le luci e le scene, quest’ultime realizzate da Mario D’Amico, mentre i costumi sono di Simone Martini; inoltre, direttore di palco è Donatella Dimarco e maestro collaboratore sono Anna Taffarel e Ornella Carrieri, quest’ultima è anche responsabile di produzione.
L’opera sarà diretta da Damiano Binetti: originario di Molfetta, dopo aver studiato al Conservatorio “Niccolò Piccinni” di Bari, diplomandosi con il massimo dei voti, la sua carriera si è svolta principalmente all’estero dove risiede stabilmente; ha collaborato con prestigiosi teatri, come il Teatro Monumental di Madrid, il Teatro Regio di Parma, l’Auditorium Rai di Roma e di Torino, il Teatro Piccolo di Milano ed la “Polish Opera” di Cracovia.
Nel “Don Pasquale” la sua prestigiosa “bacchetta” dirigerà l’Orchestra ICO “Magna Grecia, il L.A. Chorus, maestro del coro Carmen Fornaro, e un eccezionale cast di voci: il basso baritono Salvatore Salvaggio sarà il protagonista Don Pasquale, il baritono Alex Martini l’astuto Dottor Malatesta, il deux ex machina della storia, il tenore turco Merto Sungu sarà l’innamorato Ernesto, il soprano Valentina Bilancione interpreterà la scaltra Norina e, infine, il basso baritono Alberto Comes il falso notaio.
Questa popolarissima opera di Gaetano Donizetti narra la malaccorta decisione di Don Pasquale, un ricco possidente ormai settantenne, di “cercar moglie” per non lasciare i suoi averi al nullafacente nipote Ernesto, reo di non aver accettato un matrimonio di convenienza; il giovane, infatti, è perdutamente innamorato di Norina, una astuta vedova che ricambia il suo sentimento.
Per evitare che lo stolto Don Pasquale finisca per sposare una cacciatrice di dote, il Dottor Malatesta, suo medico curante e complice dei due giovani amanti, lo convince a sposare invece Sofronia, una sua giovane sorella “fresca uscita di convento”, un’anima pia e timorata di Dio, presentandogli invece Norina che l’anziano non conosce se non di fama.
Don Pasquale incontra così la “semplicetta” Sofronia-Norina, perdendo subito la testa; ma, non appena viene celebrato il matrimonio, la giovane svela però il suo vero carattere comandando a bacchetta e facendo ammattire il “vecchio babbione”…
Il compositore bergamasco Gaetano Donizetti (1797 – 1848) scrisse il “Don Pasquale” nel 1842, un anno prima della malattia che lo costrinse a interrompere la sua straordinaria carriera con quasi sessanta opere composte; la trionfale “prima rappresentazione” dell’opera fu tenuta il 3 gennaio del 1843 al Théâtre des Italiens di Parigi.
Capolavoro del melodramma ottocentesco italiano, il “Don Pasquale” è una opera buffa in tre atti musicata da Gaetano Donizetti su libretto “firmato” da Michele Accursi, in realtà i testi furono scritti dallo stesso Donizetti e da Giovanni Ruffini.
Secondo la leggenda il compositore bergamasco musicò l’opera in soli undici giorni, anche se è più probabile che in questo periodo Gaetano Donizetti abbia composto “solo” le linee vocali, mentre l’orchestrazione lo abbia poi impegnato per molto più tempo, peraltro sotto il profilo della strumentazione il “Don Pasquale” è un’opera imponente, prevedendo in organico anche percussioni tromboni e corni, una partitura le cui arie impegnano notevolmente i cantanti.
Sotto il profilo musicale il “Don Pasquale” è una briosa e leggera opera buffa, composizione epigona della grande tradizione dell’opera comica napoletana e di quella mozartiana, in libretto e in partitura sono presenti riferimenti alle “Nozze di Figaro” di Mozart.
Il noto critico Egidio Saracino, infatti, ha descritto il “Don Pasquale” come “un’opera che all’invenzione melodica unisce nostalgica rimembranza del Settecento lontano e quieti sorrisi dietro cui non si avverte più la sferzata graffiante di Figaro, ma la carezza immalinconita della comprensione umana”.