Uno spettacolo di teatro e musica che racconta uno dei tesori della città dei Sassi, la Cripta dei Cento Santi, nota anche con il nome di Cripta del Peccato Originale, la prestigiosa chiesa rupestre ubicata a dieci chilometri dal perimetro urbano di Matera, sulla strada statale 7 in prossimità dell’azienda vinicola Dragone.
Grande successo anche questa sera al Museo Ridola di Matera per spettacolo “I fiori di papavero – storia del Pittore che affrescò la Cripta dei Cento Santi”, inserito nella rassegna VivaVerdi Multikulti di Arterìa.
Lo spettacolo scritto da Dario Carmentano e Grazia Lascaro è stato realizzato con la Angela De Gaetano, le musiche di Loredana Paolicelli, l’orchestrazione di Gianluigi Borrelli e Nucleo Theatron Ensemble, i costumi di Stefano Cavalleri e la regia di Angela De Gaetano.
Dopo l’introduzione di Loredana Paolicelli è stato Raffaello De Ruggieri, ex sindaco di Matera e artefice insieme ai suoi compagni della magnifica scoperta di quella che viene considerata la “Cappella Sistina del Rupestre” di Matera, aperta al pubblico dopo un processo di restauro finanziato da Fondazioni CARIPLO di Milano, CARISBO di Bologna e Cassa di Risparmio di Piacenza e Vigevano grazie all’iniziativa dello stesso Raffaello De Ruggieri, all’epoca presidente del Circolo La Scaletta di Matera.
La cripta del Peccato originale è stata oggetto di studio anche da parte della guida escursionistica materana Giovanni Ricciardi, che ha scelto Altrimedia Edizioni per pubblicare nel 2011 “La chiesa di Sant’Angelo e Santa Maria a Matera”. Si tratta di un quaderno ispirato ad uno scritto dello studioso tedesco Dietrich Hessenbuttel che mette in discussione il nome attribuito dai soci del circolo La Scaletta che nel 1963 scoprirono quella che fu poi riconosciuta come la Cripta del Peccato Originale.
sinossi
I Fiori di Papavero è un racconto ambientato nell’Italia Meridionale, durante il pe- riodo delle invasioni barbariche. Siamo nel IX sec. d.C. Si narra di una epopea drammatica, mistica e redentiva: un miracolo d’amore ed arte.
Lotte e avvicendamenti di duchi e principi per la conquista di territori e potere, fanno da cupo sfondo alle vicende della duchessa di Benevento Romilda e di suo figlio Papavero.
Una società rozza e crudele che travolgerà inesorabilmente il corso delle loro vite.
Il bambino affidato alle cure di frati benedettini, verrà chiamato Papavero per via dei suoi capelli rossi e svilupperà doti artistiche notevoli alimentate dagli insegnamenti di Fra Mariano, suo mentore e padre putativo.
Papavero, perseguitato da Radelchi, l’uomo che ha ucciso suo padre, fuggirà dal convento di Fra Mariano per rifugiarsi, nei pressi della città di Matera, in una grotta utilizzata come ricovero dalle pecore.
In questo luogo, circondato da una natura rigogliosa e preponderante, Papavero tro- verà pace e tranquillità. Qui avverrà la sua redenzione e la sua vena artistica raggiun- gerà vette elevatissime, tanto da trasformare la grotta in una delle chiese rupestri più belle e straordinarie di Matera, ancora oggi ammirata: la cripta dei Cento Santi.
Intervento della regista Angela De Gaetano
Sono rimasta affascinata dalla storia di Papavero, perché questa storia è riuscita a parlarmi dell’ineffabilità dell’arte. Fin dal primo incontro con gli autori riguardo all’ipotesi di allestimento, ho sentito l’esigenza di far ruotare la mia ricerca intorno ad alcuni concetti per me centrali nel racconto: l’arcaico, lo stupore, il corpo.
Pur avendo una collocazione temporale precisa, questo racconto è intriso di arcaico, ossia è pregno della suggestione di un processo collettivo inconscio che nasce oltre una linea temporale definita; un processo così lontano nel tempo che sembra non riconoscere lo scorrere del tempo nel suo divenire, in quanto il tempo non gli appartiene. Il racconto si libra in una dimensione “pura”, affine a un “prima” che crea un bagliore intimo, una scintilla viva nella memoria individuale, riconnettendo l’istante presente con l’assoluto.
Nel sangue e nella violenza dei fatti di cui è vittima, Papavero incarna lo stupore, pienamente, in ogni fibra del suo essere. E’ una creatura che viene miracolata dalla sua stessa arte.
Papavero esiste in una lacrima di meraviglia, colta nell’istante in cui si fa goccia piena, e – solo per un attimo – è possibile scorgere al suo interno il riflesso di un mondo vivo in miniatura. Papavero è lì, in ogni goccia, fragile e potente al tempo stesso, con la sua estasi e con la sua sofferenza. L’estasi della sua arte e la sofferenza del suo corpo; corpo che si fa strumento con cui abita il mondo.
Il suo stare al mondo è essere “fuori” dal mondo, in un rapporto dinamico con la materia: la sua bocca articola suoni, i suoi occhi accarezzano il paesaggio, le sue mani plasmano immagini, conducendolo lì dove le sue gambe non potranno mai portarlo.
Il poeta Octavio Paz scrive: “Albero di sangue, l’uomo sente, pensa, fiorisce e dà insoliti frutti: parole” .
Lo spettacolo, attraverso l’incedere delle parole, ricrea tempo e spazio e, scardinandoli da ogni convenzione, intreccia i nostri sensi e il nostro pensiero, lasciando entrare una luce cristallina attraverso le feritoie dell’anima.
La Cripta del Peccato Originale
La Cripta del Peccato Originale era il luogo cultuale di un cenobio rupestre benedettino del periodo longobardo. E’ impreziosita da un ciclo di affreschi datati tra l’VIII e il IX secolo, stesi dall’artista noto come il ‘Pittore dei Fiori di Matera’ ed esprimenti i caratteri storici dell’arte benedettina-beneventana. La parete sinistra è movimentata da tre nicchie, su cui sono raffigurate rispettivamente le triarchie degli Apostoli, della Vergine Regina e degli Arcangeli. La parete di fondo, invece, è ravvivata da un ampio ciclo pittorico raffigurante episodi della Creazione e del Peccato Originale.
La Fondazione Zétema nel 2001 ha avviato, con la consulenza dell’Istituto Centrale del Restauro, un progetto di recupero integrale, scientifico ed esemplare del monumento rupestre.
E’ stata attivata una azione progettuale finalizzata ad ottenere particolari finanziamenti quali quelli della Presidenza del Consiglio (8/1000) e delle Fondazioni Bancarie (progetto “Sviluppo Sud” dell’ACRI, da parte della Cariplo, della Carisbo e della Casse di Risparmio di Vicenza e Vigevano). L’iniziativa ha consentito la conservazione, il restauro e la valorizzazione di un monumento ipogeo eccezionale per la sua altissima qualità e per la straordinaria valenza storica.
Gli interventi eseguiti intendono anche e soprattutto realizzare un modello scientifico e di riferimento per la conservazione, il restauro e la gestione del vasto patrimonio rupestre regionale e nazionale.
La cripta è stata aperta alla pubblica fruizione il 23 settembre 2005.
La fotogallery dello spettacolo (foto Pietro Amendolara e www.SassiLive.it)