Sanremo 2021, Emanuele Pecoraro: “Un cast di perfetti sconosciuti, ma a chi giova?”. Di seguito la nota integrale.
Riascoltando le 26 canzoni in gara nel corso dell’interminabile (e soporifera!) quarta serata del festival di Sanremo, non posso che confermare gli stessi identici giudizi del primo ascolto. Ma una considerazione in più va fatta. Quanto ha giovato agli ascolti una scelta di artisti così poco ponderata? E, soprattutto, siamo davvero sicuri che proporre un così alto numero di artisti sconosciuti faccia bene alla discografia italiana?
Ne sa qualcosa Simona Ventura che non sarà sul palco dell’Ariston nella serata conclusiva perché risultata positiva al Covid19. La Ventura sarebbe dovuta tornare dopo 17 anni dalla sua conduzione. Una edizione, quella del 2004, che fu difficile sotto tutti i punti di vista, soprattutto per un mancato accordo con le major discografiche, che costrinse l’allora direttore artistico Tony Renis ad ingaggiare molti volti nuovi. Ma lì si trattò di un problema a monte, non facilmente risolvibile. E gli ascolti furono disastrosi tanto che, per la prima (ed unica!) volta nella storia del festival,la terza serata venne addirittura superata in termini di share da una puntata del “Grande Fratello”. Nonostante tutto, le radio diedero prova di apprezzare le novità proposte e alcune canzoni ebbero modo, seppur tra tante difficoltà oggettive, a percorrere la loro strada e a rimanere nel tempo.
Per l’edizione 2021 si è parlato di “svolta”, di una “manifestazione al passo con i tempi”, in grado di intercettare i gusti dei veri consumatori di musica che sono i giovani. Per questo, a parte qualche rara eccezione, come i due veterani Francesco Renga e Orietta Berti, si è preferito dare spazio ad Aiello, a Giò Evan, a Bugo e a Random. Paradossalmente, nessuno dei nomi degli artisti sopracitati compare tra i primi 10 posti della classifica provvisoria. E questo non solo perché, di fronte alla vasta platea televisiva, questi artisti non vengono riconosciuti dal pubblico ma perché oggettivamente hanno presentato dei brani davvero brutti.
Per queste ragioni l’esordio di tanti “perfetti sconosciuti” rischia fortemente di tramutarsi in pietra tombale per tante future carriere. Degli esempi piuttosto eloquenti li possiamo trarre dalla scorsa edizione. Chi si ricorda cosa ne è stato, ad esempio di Anastasio, vincitore di X Factor? O di Junior Cally, il cantante mascherato? O di Enrico Nigiotti, Giordana Angi, Riki e Alberto Urso, tutti provenienti da quel fervido vivaio che è la trasmissione “Amici”? O, ancora, di Rancore? L’unico lato positivo è che dei tanti trapper che dominavano le classifiche, sommando le visualizzazioni su youtube e su Spotify, per quest’anno si è preferito puntare su tanti giovani cantautori, costituendo un cast che strizza l’occhio più al Concertone del Primo Maggio che a Sanremo.
Si aggiunga che, in un periodo come questo, dove lo spettro della pandemia aleggia tra le poltrone vuote della platea, il pubblico richiede soprattutto un po’ di sana evasione. Si guarda Sanremo per evadere dalla quotidianità, scandita da impennate di contagi e vaccini che tardano ad arrivare, per commentare la mise di un cantante o di una valletta, per seguire una liturgia che prevede cantanti blasonati o perlomeno riconoscibili. E, quando ci si rende conto di aver alzato troppo il tiro, si ripiega sull’invito “last minute” di vecchie glorie come Loredana Bertè, Gigliola Cinquetti, Fausto Leali, Marcella Bella e Ornella Vanoni. Allungando inevitabilmente il brodo fino all’inverosimile!
Ovviamente per Amadeus e Fiorello era abbastanza difficile superare il gradimento di una edizione fortunata come quella dello scorso anno. Stupisce poi il piano della narrazione totalmente assente dove, nonostante la presenza di ben 11 autori, si ripiega costantemente sul “cazzeggio” dei due conduttori, credendo anche di divertire. Invitare poi giornaliste ingessate come Giovanna Botteri e Barbara Palombelli, non certo delle ambasciatrici del gusto e del glamour, ingrediente necessario per la riuscita di un festival, ma presenze quotidiane che raccontano schermaglie politiche o evoluzione dei contagi, può rivelarsi un boomerang. Totalmente inutile poi la presenza di Zlatan Ibrahimovic che, oltre ad appesantire la conduzione, non risulta nemmeno simpatico.
E alla fine il dato dell’auditel è stato inesorabile: dopo un calo di ben 4 punti di share, rapportando i dati tra la prima serata dello scorso anno e quella di quest’anno, la forbice si è notevolmente allargata oltre gli 11 punti percentuali tra la prima e la seconda serata. Eppure il trend di Sanremo, dal 2015 allo scorso anno, era in costante crescita e, inutile negarlo, si attendevano anche dei dati più incoraggianti, visto il coprifuoco che costringe tutti gli italiani a rimanere a casa.
Alla fine dei conti, a chi ha giovato questo festival? Sicuramente alla Rai che ha venduto i suoi spazi pubblicitari agli investitori a cifre iperboliche (pare che per uno spot di 30 secondi in prima serata, nella fascia di massimo ascolto, si siano raggiunti i 224.000 euro, ndr). Ad Elodie, che nei suoi tre numeri proposti, ne è uscita davvero bene, confermando le sue doti canore e di intrattenitrice. Ad Achille Lauro, che ha fatto parlare di sé, proponendo astutamente quadri di grande effetto, complice un entourage di tutto rispetto. A Loredana Bertè, che a Sanremo non ha mai avuto il riconoscimento di quella grande artista che è. Tutte le sue partecipazioni, dal 1986 in poi, avevano segnato una parabola discendente della sua carriera. Con quella di quest’anno ha presentato un brano inedito (“Figlia di…”) che è già programmatissimo dalle radio e che la conferma ancora attuale, a dispetto di chi la credeva qualche tempo fa un’artista finita. A Matilda De Angelis, nel momento d’oro della sua carriera d’attrice in costante ascesa.
Un po’ meno giova agli spettatori, cui però vengono garantiti dei sonni tranquilli sul divano di casa!
Emanuele Pecoraro