Maria Grazia Masella, Garante per l’infanzia e per l’adolescenza del Comune di Matera, in una nota spiega la sua contrarietà allo spettacolo Fa’afafine in programmazione a Matera il prossimo 13 marzo. Di seguito la nota integrale.
Nel superiore interesse del minore
Un ragionamento sullo spettacolo Fa’afafine in programmazione a Matera il prossimo 13 marzo.
“ Mi chiamo Alex e mi sento un dinasauro…”
“ Mi chiamo Alex e mi sento un giorno femmina e un giorno maschio…”
E’ questo l’incipit dello spettacolo teatrale “Fa’ afafine” in programmazione a Matera il prossimo 13 marzo e rivolto alla popolazione studentesca dagli 8 anni in su.
Già dal titolo e dalle prime battute del testo si rivela lo scopo, non celato, di “instillare” nelle giovani generazioni, la problematica dell’esistenza di un terzium genus, non meglio precisato, oltre a maschio e femmina, tanto residuale, quanto pericoloso e confusivo per la sana ed equilibrata crescita del minore.
Tematica, questa del gender, intorno alla quale, – fior fiori- di pedagogisti ed analisti dell’età evolutiva hanno già tracciato le linee della sua pericolosità intrinseca, laddove, invece, come noto ed acquisito, il minore, ha sempre e solo bisogno di riferimenti certi, di paradigmi e tracciati linguistico-culturali e di codici comportamentali precisi, puntuali e inequivocabili.
Al di là del pregio artistico di tale manifestazione sul quale non voglio soffermarmi, ciò che mi preme segnalare, attiene, essenzialmente, all’interesse del minore.
Mi riferisco, per inciso, a quell’interesse del minore di cui è tanta parte della nostra legislazione minorile e familiare e che gli operatori del diritto e gli stessi genitori ed educatori sono chiamati all’applicazione puntuale ‘senza se e senza ma’.
Se, dunque, è l’interesse del minore, il nostro faro argomentativo, è necessario, che si chiarisca, ulteriormente, attraverso il suo opposto, il cosiddetto “pregiudizio” per il minore.
O meglio il cosiddetto “ grave pregiudizio” per il minore.
Quello stesso “grave pregiudizio” che fonda, per esempio, le sentenze di allontanamento dei minorenni dalle famiglie.
E’ noto che, a volte, più precisamente, quando, si sia, in attesa di accertamenti, l’autorità giudiziaria “ nel dubbio che al minore si arrechi pregiudizio” adotta i provvedimenti restrittivi e/o ablativi della genitorialità anche “inaudita altera parte”.
Questa premessa tecnica serve a spiegare, senza tema di smentita, che il pregiudizio o il grave pregiudizio a cui si intende sottrarre il minore per diritto e per civiltà in ogni questione e situazione della vita che lo riguardi, non è affatto considerato, nella questione al nostro esame.
Eppure, i modelli educativi, sono tali, nella misura in cui, essi non arrechino pregiudizio al minore, nemmeno in via presuntiva.
Lo spettacolo ‘Fa’ afafine’, che si manifesta, pertanto, come strumento culturale ed educativo delle giovani vite, inteso, come esso è, alla programmazione in giro per le scuole d’Italia; al di là e al di sopra, di come la si pensi, non è certo che si tratti di strumento “educativo!?” e non è certo che esso sia innocuo rispetto alla serena crescita del minore e/o che non gli arrechi grave pregiudizio.
Anzi, sono molti i dubbi circa l’impatto emotivo e relazionale che esso può comportare in un bambino di 8 anni appena. Quello stesso bambino di 8 anni che ha appena superato la fase dell’attaccamento e della identificazione sessuale e si affaccia alla pubertà con tutte le problematiche ivi connesse.
Asserragliarlo con problematica avulsa dal proprio sentire il sé e gli altri e catapultarlo in una situazione, fantastica sì, ma allo stesso tempo ‘identificativa’ attraverso la sperimentazione del gioco e/o dell’apprendimento, costituisce una aberrazione del concetto stesso di verità e di realtà, di gioco e di identità, di ruoli e di conoscenze che adducono confusività a confusività, causa di “stalli” emotivi e di circuiti di pericolosa identificazione.
Tutto questo è contrario all’interesse del minore.
Ne consegue, obiettivamente, che, ferma la libertà di pensiero in capo agli autori del testo teatrale, e ferma la libertà della sua rappresentazione, questo stesso spettacolo, non potrà che rivolgersi ad un pubblico adulto, siccome, in grado di discernere e di valutare, con i mezzi propri della maturità e dell’esperienza, le cose del mondo e della vita, quindi, di godere a pieno, se di gradimento, della rappresentazione artistica in discorso.
Non così, per le persone minorenni, le quali, dal mio sommesso punto di vista, dovranno essere autorizzate dai genitori esercenti la responsabilità genitoriale, se vorranno assistere allo spettacolo.
Di tal chè, la scuola stessa, poiché il gender non è programma scolastico, così afferma il MIUR nelle sue note ufficiali, dovrà condividere e concordare con i genitori, ogni e qualsivoglia attività extra-scolastica, essendo, questi e quella, uniti nel promuovere attività e modelli educativo-culturali, giusti, equilibrati oltre che naturalmente sintonici.
D’altra parte, gli stessi dirigenti scolastici, nel promuovere le attività extra scolastiche, dovrebbero assumere l’onere della preventiva informazione alle famiglie, al fine di riceverne il successivo consenso. Ecco, la fonte normativa: «I genitori hanno diritto di priorità nella scelta del genere di istruzione da impartire ai propri figli».
Così recita il terzo comma dell’art. 26 della Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo, stipulata nel 1948.
Mi rivolgo, perciò, ai genitori dei bambini delle scuole di Matera e ai dirigenti scolastici della città, affinchè, nel perimetro della legge, diano espressa attuazione ai principi tutti dell’informativa preventiva nonché, più in generale, riguardato, al precipuo interesse del minore, valutino anche il pensiero psico- pedagogico più rappresentativo, italiano ed estero, connesso alle tematiche gender, alla loro diffusione e all’eventuale “grave pregiudizio” per la salute psico-fisica del minore.
Per le argomentazioni sopra svolte, mi sono confermata nell’idea, che lo spettacolo A’ FaFine sia spettacolo ‘incongruo’ per il bambino, in quanto, potrebbe arrecargli ‘pregiudizio’ anche ‘grave’ alla sua sana ed equilibrata crescita.
Questo ufficio, valuterà, opportune iniziative, in relazione alla sopradetta rappresentazione teatrale, a difesa dell’interesse del minore.
Avv. Maria Grazia Masella
Garante per l’infanzia e per l’adolescenza del Comune di Matera
Replica di Angelo Cotugno, Consigliere Comunale di Matera Capitale, alla nota del Garante per l’infanzia e l’adolescenza del Comune di Matera, Maria Grazia Masella
La signora ineffabile Garante per l’infanzia del Comune di Matera ha perso un’ottima occasione per continuare a restare nell’ombra.
Con una lunga, altezzosa e rocambolesca nota, pretende di dare lezioni a dirigenti scolastici, insegnanti e genitori; si arroga il potere di stabilire cosa è congruo e cosa non lo è per i minori; attribuisce finalità a spettacoli che non ha visto; stabilisce a chi e come essi devono essere sostenuti:
Più che garante, sembra essere censore dell’infanzia.
Si accoda ad una crociata ideologica che – essa si – vuole imporre, promuovere e bocciare comportamenti, opinioni, idee, negando lo spazio del confronto, della diversità, della pluralità.
Il riferimento è allo spettacolo teatrale Fa’afafine che sarà rappresentato anche a Matera.
Ancor più grave, in questo caso, è che si disconosca il lavoro non solo artistico, ma quello paziente e quotidiano di chi forma i ragazzi, scegliendo i percorsi educativi, le forme dell’apprendimento, le occasioni di maturazione.
Una marziana arriva, non si sa bene come e perché in città, e dice cosa è bene e cosa è male, cosa si può fare e cosa no, quello che è appropriato e quello che non lo è.
Avevamo già espresso dubbi sulla scelta che il Comune di Matera aveva fatto per il Garante per l’infanzia. Ora abbiamo la certezza che fu sbagliata.
Matera ha una grande tradizione democratica, che è fatta di tolleranza, apertura, accoglienza, sperimentazione, innovazione.
Caratteristiche che dovrebbero essere esaltate e valorizzate con l’assunzione del titolo di capitale europea della cultura, tanto più che le scuole in questo percorso hanno avuto e avranno un ruolo di primo piano.
Fobie, censure, oscurantismi non possono offuscare o ostacolare questo cammino.
Più che bloccare gli spettacoli teatrali, si eviti che chi dovrebbe essere chiamato a garantire l’infanzia, la danneggi, e anziché rivedere le scelte fatte dalle scuole si metta mano a quella che inopportunamente fece il Sindaco di Matera il 2 novembre scorso.
Angelo Cotugno, Consigliere Comunale di Matera Capitale
Di seguito la replica alla nota del Garante per l’infanzia e l’adolescenza del Comune di Matera Masella inviata dal Collettivo Donne Matera
Gentile Avvocato Masella,
Attribuire e riconoscere elementi pregiudizievoli alla sana crescita dei minori nel tema trattato dal testo teatrale contestato, significa a nostro avviso non avere chiaro che, come sottolineato dai più attuali contributi scientifici, il percorso evolutivo che riguarda la sessualità e l’identità, è un processo che parte dalla ricerca di una consapevolezza interna e non può essere determinato da influenze esterne.
A proposito di “riferimenti certi, paradigmi e comportamenti precisi, puntuali e inequivocabili”, come da Lei citato, riteniamo che i modelli educativi siano tali quando sono flessibili e personalizzati in base alle diversità. Le credenze, le intenzioni e i valori dei contesti con cui interagisce il minore devono essere gli unici riferimenti chiari per un sano ed armonico sviluppo.
Uno degli obiettivi della cultura e dell’istruzione è spingere alla curiosità dell’esplorare come sottolineato dall’art. 29 della Convenzione ONU sui diritti all’infanzia, in cui è indicato lo scopo dell’istruzione come strumento “per sviluppare al meglio la personalità e i talenti, le capacità mentali e fisiche. L’istruzione dovrebbe preparare a vivere in maniera responsabile e pacifica in una società libera nel rispetto dei diritti degli altri e dell’ambiente”.
Riteniamo che lo spettacolo teatrale sia un necessario momento di confronto, di riflessione e di crescita e che l’argomento trattato non possa essere considerato pericoloso. Inoltre consideriamo inopportuno che il suo ruolo di garante venga esercitato per generare un clima di paura e di scissione che inibisce un processo dialettico.
Siamo convinte che l’integrazione delle informazioni sia fondamentale per un sano processo di maturazione intellettiva ed emotiva dei minori.
Come Collettivodonnematera esprimiamo l’amarezza nei confronti di una discussione che, col pretesto della tutela dei minori, induce e condiziona un dibattito cittadino che sta assumendo toni anacronistici; la realtà è più complessa e va accolta.
Spettacolo teatrale Fa’afafine a Matera, intervento di Valentino Blasone
È divampata nei giorni scorsi la polemica, con le annesse crociate dell’uno contro l’altro, riguardo l’opportunità o meno di rappresentare nelle scuole lo spettacolo teatrale Fa’afafine.
Partiamo dal contenuto.
Fa’afafine (forse in pochi lo sanno) è una parola delle isole Samoa, lì dall’altra parte del globo nel centro del Pacifico.
Amiamo sempre immaginare quei luoghi fatti di spiagge bianche e mare cristallino come luoghi vicini al paradiso.
Bene, in quei luoghi e in quella cultura la parola Fa’afafine esprime una condizione (che per il solo fatto di esistere è quindi reale) di persone che amano definirsi ed essere terze rispetto al genere maschio o femmina e che sono (a volte) centrali nella conduzione familiare e nelle interrelazioni fra i diversi soggetti componenti la famiglia e più in generale un nucleo sociale. Va da sé che la concezione e l’organizzazione familiare da quelle parti del mondo sono di molto differente rispetto a quella nostra consueta ed abituale.
E fin qui siamo alla mera descrizione di culture e tradizioni a noi, geograficamente e non solo, lontane.
Esse tuttavia ci raccontano che ci sono società e strutture sociali che nel corso del tempo si sono sviluppate in modo differente dalle nostre.
Ci viene detto, è il racconto della rappresentazione, di un essere umano, che come un dinosauro, vive una condizione altra rispetto al sentire che ci affrettiamo a definire “naturale” (in realtà in natura ci sono tanti esempi “diversi” e quindi proprio perché naturali “diversi” non sono affatto).
Di questa condizione altra, si possono avere sì opinioni, anche dibattute e differenti, ma non si può a mio avviso praticare preventiva censura, in quanto la libertà, seppur necessariamente accompagnata dal rispetto altrui, è uno dei nostri fondamenti sociali. Non ce ne dovremmo mai dimenticare.
Si sottolinea però da parte dei censori della inopportunità di prevedere tale rappresentazione nelle scuole a beneficio di un pubblico di minori, adolescenti o bambini, perché questi ultimi potrebbero essere profondamente turbati da un simile racconto.
Bene, senza neppur voler sottolineare che gli stessi bambini sono sicuramente, grazie soprattutto ai nuovi strumenti e alla rete, super connessi con la realtà quotidiana (con tutto quello che ne consegue), non possiamo dimenticare che la responsabilità dell’educazione (sia morale che secondo le leggi dello Stato) è in capo ai genitori. E qui dico una ovvietà (ma è il caso di ribadirla) che spetta ai genitori acconsentire o meno alla partecipazione dei propri figli alla visione dello spettacolo.
Ma lo spettacolo in quanto rappresentazione della realtà, in quanto arte, in quanto cultura, non può essere censurato a priori, come se nella pratica quotidiana ci fosse chi possa discernere secondo leggi divine, il bene e il male.
Ricordo a tutti che l’Italia è una Repubblica laica fondata sui valori della propria Costituzione.
Seppur nel nostro legittimo credo, non possiamo dimenticare la laicità delle nostre istituzioni, soprattutto da parte di chi quelle istituzioni è chiamato a rappresentare.
Quindi nel ribadire la libertà di scelta dei genitori, in coscienza, di permettere ai propri figli di partecipare alla visione dello spettacolo, ai dirigenti scolastici e ai professori, agli eletti dal popolo (consiglieri regionali e comunali), ai sacerdoti e al Vescovo, non posso non ricordare quanto di più caro ho appreso dalla cultura della Grecia classica, peraltro mai dovremmo dimenticare che noi (la nostra regione) siamo diretti discendenti di quella cultura (non a caso amiamo chiamare la nostra terra parte della “Magna Grecia”): Socrate infatti diceva (così come ci racconta Platone) che il vero sapere è il non sapere e la nostra consapevole coscienza di essere ignoranti ci deve promuovere come esseri pensanti tesi alla conoscenza del nuovo e aggiungo io, se volete, del “diverso”.
La cultura, oltre che gagliardetti e simili facezie, è infatti soprattutto un comportamento di vita, ad di là di come la si pensi, nella libertà, nel rispetto reciproco e nel vivere secondo le leggi.
Valentino Blasone
Che bassezza.. Se siamo uno dei territori piu sottosviluppati d’Europa è grazie a gente come lei cara bigotta!
Care femmitriste,
così rispondete a un Avvocato* che – come ha fatto Maria Grazia Masella – ha illustrato con abbondanza di riferimenti giuridici, psicologici, medici e costituzionali, l’inopportunità di uno spettacolo insulso come quello di cui stiamo parlando? Con un’insalata di vaghezza condita di luoghi comuni? “I più attuali contributi scientifici” (quali? citare, prego…), “i modelli educativi flessibili e personalizzati” (che vuol dire?), “la curiosità dell’esplorare” (così lo chiamate l’inculcare ai bambini domande che non hanno?)… tutta fuffa, non adducete un solo argomento a cui si possa contrapporre un contro-argomento. Fa’afafine (ma diremmo meglio “fu’ffafine”) è uno spettacolino mediocre a cui non si darebbe una lira, se appunto non ci fossero spinte lobbistiche come quelle che ne hanno fatto un caso nazionale. Ma dopo il caso Spano (povero capro espiatorio…) voi ancora aprite bocca? Dopo che avete visto la ricaduta finale di questa manfrina sui diritti e sulla prevenzione e tante altre belle parole, dopo tutto questo ancora osate pretendere di avere “ragioni”?
Non avete ragioni, datevi pace: nessuna persona ragionevole potrà dare credito alla vostra tronfia vacuità. «Avrete soldi e gloria / ma non avete scorza». E se fossi in voi penserei a coprirmi la ritirata, più che a ribattere ostinatamente: i fatti e la verità vanno piano, ma arrivano.
*: Attenzione, la Boldrini vi fa togliere il titolo di “collettivo donne”, se lo scrivete al maschile. Si dice “avvocata”, come nel Salve Regina!
Grazie, Avv. Masella, infinitamente grazie per la chiarezza delle sue argomentazioni. Chi non vuol capire non capirà, ma questa volta non perché non sia in grado di farlo, ma per malafede. Mi permetta di abbracciarla.