E’ stato avviato il percorso sinodale nella Chiesa di Matera-Irsina. Giovedì 20 ottobre nella cattedrale di Matera, in presenza di un
folto numero di fedeli, i 120 del percorso sinodale hanno ricevuto il mandato scritto dall’arcivescovo mons. Antonio Giuseppe Caiazzo a percorrere
tutte le possibili strade affinchè si arrivi “a interrogarci seriamente, attraverso un confronto sereno e fraterno che ci impegnerà nei prossimi
anni, per una pastorale sempre più unitaria e organica, che ci porti ad essere maggiormente fedeli all’insegnamento di Cristo e della sua Chiesa”.
Parole, queste ultime, tratte integralmente dall’omelia che mons. Caiazzo ha offerto ai presenti incoraggiandoli a lavorare seriamente e intensamente per
arrivare, a fine percorso, ad “una nuova evangelizzazione attraverso una Chiesa in uscita che abbia il coraggio di annunciare la forza dirompente del
Vangelo, della lieta notizia, e di ripensare il modo di rapportarsi con la realtà che ci circonda per essere lievito, sale, luce del mondo”.
Di seguito il testo integrale dell’omelia di Monsignor Caiazzo.
Mandato per percorso sinodale
Carissimi,
questa sera, sotto lo sguardo materno della Madonna della Bruna e dei nostri Santi protettori, Eufemia, Eustachio e Giovanni da Matera, in questa Basilica Cattedrale, centro pulsante e di comunione della nostra Chiesa locale, ci ritroviamo attorno alla mensa della Parola per ascoltare quanto lo Spirito sta dicendo a questa nostra Comunità Diocesana di Matera – Irsina, in un clima di preghiera fiducioso.
Consapevoli di appartenere a Cristo e alla sua Chiesa ci ritroviamo insieme, nelle diversità di membra e carismi, per interrogarci seriamente, attraverso un confronto sereno e fraterno che ci impegnerà nei prossimi anni, per una pastorale sempre più unitaria e organica, che ci porti ad essere maggiormente fedeli all’insegnamento di Cristo e della sua Chiesa.
La nostra vocazione non consiste nel continuare a ripetere “si è sempre fatto così”, ma apertura all’oggi di Dio che ci parla attraverso il magistero di Papa Francesco. Le indicazioni che ha dato in questi anni, sono abbastanza chiare. Non possiamo sottacere la verità e dire “che tutto va bene”. C’è bisogno di una nuova evangelizzazione attraverso una Chiesa in uscita che abbia il coraggio di annunciare la forza dirompente del Vangelo, della lieta notizia, e di ripensare il modo di rapportarsi con la realtà che ci circonda per essere lievito, sale, luce del mondo.
Ecco perché ci metteremo, prima di tutto in ascolto della Parola. Riprenderemo quanto la Chiesa, attraverso il Concilio Vaticano II, ci insegna e riattraverseremo le cinque vie essenziali dell’ultimo Convegno ecclesiale di Firenze.
Senza ascolto non c’è possibilità di dialogo e senza dialogo fraterno e sincero non c’è comunione. Non serve ripetere a ogni celebrazione eucaristica: “Obbedienti alla Parola del Signore e formati al suo divino insegnamento, osiamo dire: Padre nostro…”. L’obbedienza nella Chiesa e alla Chiesa è risposta a un mandato di Cristo. Se manca questo non c’è presenza di Cristo e quindi non c’è Chiesa anche se parliamo di Cristo e ci serviamo della Chiesa. Non a caso Gesù dice:«Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro» (Mt 18,20). L’obbedienza crea la comunione, ma la comunione è Gesù stesso che ci rende uno:“Che siano una cosa sola, come io e te siamo una cosa sola…io in te e tu in me. Siano in noi una cosa sola”.
Fare un percorso sinodale significa, allora, che tutti siamo chiamati a diventare uditori della stessa Parola che ci porterà a fare discernimento e scelte concrete e coraggiose.
Dice S. Paolo: «Sappiamo bene, fratelli amati da Dio, che siete stati scelti da lui»(1Tess1,4). Voi, cari presbiteri, religiosi e religiose, laici, scelti per questo percorso, non siete i privilegiati. Chi vi ha scelti, attraverso di me e i miei più vicini collaboratori, è stato Dio. Dobbiamo sentirne la responsabilità e il peso di questo mandato. Partiamo dalle tante cose belle e positive che animano le nostre comunità. Ci sono tanti luoghi abitati da una fede adulta, da una speranza che fa risorgere ogni situazione di morte, da una carità che nel silenzio cammina per le nostre strade ed entra nelle case e nei cuori di tanti fratelli senza fare rumore.
Su queste strade, già percorse dai nostri padri, siamo chiamati a camminare allargando lo sguardo verso “i tanti crocicchi” della vita perché tutti partecipino alla festa dello Sposo. Partendo da questa consapevolezza, cammineremo insieme facendo in modo che tutti possano vestire l’abito della festa avendo il coraggio cristiano di denunciare e togliere gli stracci logori di un corpo sporco e denutrito. Siamo il corpo di Cristo non solo a parole ma realmente. Questo corpo deve apparire in tutta la sua bellezza in quelle membra che avranno il desiderio di farsi curare, proprio perché coscienti di sbagliare.
Il percorso di una Chiesa non si cambia se si considera la stessa come una “fabbrica sacramentale”, o un “distributore automatico di tradizioni” che bisogna pur continuare a mantenere vive nonostante non abbiano più nulla di sacro. Il percorso sinodale ci aiuterà ad allagare il nostro sguardo verso quelle che sono le vecchie e nuove emergenze, povertà, miserie umane. Ritornare a Dio significa ritornare all’uomo. Essere divini sarà possibile se saremo più umani.
«Ogni volta che cerchiamo di tornare alla fonte e recuperare la freschezza originale del Vangelo spuntano nuove strade, metodi creativi, altre forme di espressione, segni più eloquenti, parole cariche di rinnovato significato per il mondo attuale» (Evangelii gaudiumn. 11).
Attraverso il racconto dei discepoli di Emmaus abbiamo la certezza che Gesù cammina accanto a noi e con noi. Ci evangelizza, siede a tavola con noi, spezza il pane per noi, fa ardere il cuore di amore per ritrovare energia e freschezza che ci aiuti a risalire senza stancarci verso Gerusalemme e condividere con ogni membro della Chiesa la gioia del Vangelo: “Cristo è risorto, è veramente risorto”! Lo stile della Chiesa è quello di raccontarci, narrarci quanto il Signore ha fatto, sta facendo, vorrà fare con tutti noi. E’ lo stile dei discepoli capaci di aprire gli occhi e guardare il mondo con quelli del Maestro e Signore, Gesù. La stessa forza e il medesimo amore dello Spirito Santo che arde nel cuore dei discepoli per farli uscire dalla paura, dal chiuso di un cenacolo che devono invadere noi e farci aprire al mondo e parlare agli uomini.
Papa Francesco, il 10 novembre 2015, parlando al V Convegno Ecclesiale di Firenze, disse: «Mi piace una Chiesa italiana inquieta, sempre più vicina agli abbandonati, ai dimenticati, agli imperfetti. Desidero una Chiesa lieta col volto di mamma, che comprende, accompagna, accarezza. Sognate anche voi questa Chiesa, credete in essa, innovate con libertà».
Carissimi, in questo percorso sinodale, chiedo che tutte le nostre comunità parrocchiali presenti sul territorio con la presenza della vita consacrata, si sentano anch’esse in cammino, e ogni singolo fedele, indipendentemente se appartiene a qualche associazione, confraternita, movimento, gruppo, comunità, cammino di fede, si faccia accostare da Gesù, che, ne sono certo, cammina con noi per risvegliare in tutti il desiderio della gioia del Vangelo. Le parole che Dio dice a Giacobbe, stasera, le ripete a noi: «Ecco, io sono con te e ti proteggerò dovunque tu andrai; poi ti farò ritornare in questo paese, perché non ti abbandonerò senza aver fatto tutto quello che t’ho detto». E con Giacobbe, anche noi diciamo: «Se Dio sarà con me e mi proteggerà in questo viaggio che sto facendo e mi darà pane da mangiare e vesti per coprirmi, se ritornerò sano e salvo alla casa di mio padre, il Signore sarà il mio Dio».
Accompagnateci con la preghiera, l’ascolto della Parola, la mortificazione. Questo dialogo con Dio sarà essenziale per capire che davvero Dio sta in mezzo a noi, che Gesù è nostro compagno di strada parlandoci come uno che ci ama veramente e vuole il nostro bene. La Madonna, ci aiuti affinchè, sul suo esempio, «tutte queste cose le serbiamo nel nostro cuore meditandole».
Vi abbraccio tutti e benedico.
Buon inizio del percorso sinodale.
† Don Pino