Di seguito l’intervista alla poetessa materana Antonella Pagano.
Quando una poetessa è chiamata alle conclusioni di un simposio che traccia il senso del recupero e della valorizzazione di uno dei prodotti tipici del territorio sannita? Quando la poesia s’infila nella sociologia e la nutre o quando la sociologia fa incursione nella poesia è allora che nasce un amore travolgente per i territori fisici e dell’anima che da sempre alacremente coltivo. E’ così che lo sguardo si fa sfaccettato e coglie i più vari aspetti e la cultura recupera la sua unitarietà e con essa il senso pieno delle azioni umane. Mi capita da anni d’essere chiamata quale poeta piuttosto che in qualità di sociologa e questo mi ha fatto maturare una strategia assai funzionale all’analisi e alla sintetica trasmissione di quanto un fatto presenti, di quanto ricco di prospettive si presenti e di quanto possa significare anche sul piano economico e turistico. Inoltre mi diverte infinitamente ricercare, scrivere poemi e prose poetiche, versi ora in rima ora musicalmente “decorativi” della narrazione, talvolta più accattivanti di una pur importante ricerca, ma -senza dubbio- di maggiore impatto rispetto all’attenzione e al coinvolgimento del fruitore. Mi vuole svelare chi è il Normanno d’Altavilla? Un fagiuolo, niente altro che un fagiuolo. E’ una storia incredibile, almeno finchè non è capitata. Dopo il sisma dell’ ’80, durante i lavori di restauro della Collegiata dell’Assunta, oggi Santuario Diocesano di Altavilla Irpina, l’archeologa Lucia Portoghesi recuperò e restaurò molti dei brandelli dei costumi e degli oggetti provenienti dai resti mortali di centinaia di defunti sepolti proprio lì. Tutto il materiale recuperato consentì di far nascere il “Museo civico della Gente senza Storia, MUGEsS”. Una collezione di rilevante valore storico e culturale di abiti, scarpe, bottoni, copricapi e altri accessori di fine Ottocento e inizi Novecento. Nel panciotto di un uomo molto alto, perciò ritenuto normanno, furono ritrovati tre fagioli, forse utilizzati in sostituzione dell’antica tradizione delle tre monete, dote necessaria al defunto e pedaggio per essere traghettato nell’aldilà. Ma veniamo ai tre fagioli che finirono ben tutelati dal bibliotecario Raffaele Sarti nel Centro di Documentazione della Media Valle del Sabato della Biblioteca Comunale; e lì vi rimasero fino al luglio del 2018 quando il Sindaco, Mario Vanni, decise di farli studiare. Il Prof Roberto Papa del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali dell’Università Politecnica delle Marche, oltre che studiarli, ne ha estratto il DNA. Da qui al dettagliato disciplinare prodromo indispensabile per la reintroduzione in coltivazione. Il GAL Partenio – grazie al progetto “Strategie di Sviluppo Locale Misura 16 Cooperazione” per il recupero e la valorizzazione del fagiolo tipico “Normanno d’Altavilla”- concretizzerà la nuova cultivar ambientandola nel territorio altavellinese. Il disegno di produzione e immissione sul mercato dello storico e ormai fiabesco fagiolo è diventato una realtà utile e bella anche da narrare. Da quando ha pubblicato “Eva e la minestra del paradiso” ha preso ad occuparsi anche di cibo, perché? La storia di questo fagiolo già risponde alla sua domanda. Cibo e storia si sovrappongono, s’intrecciano e narrano aspetti che altrimenti non conosceremmo; sfugge pressochè a tutti che i primi ricettari risalgono a donne, pressochè illetterate, che erano al servizio nelle case nobiliari; popolane che, ben sapendo di rischiare quotidianamente d’esser cacciate via, era questa una loro angoscia altrettanto quotidiana, presero ad appuntarsi modi e tempi di cottura delle pietanze sì da poter apportare -di volta in volta- qualche modifica, così da non annoiare i signori; la noia, ossia l’assenza di varianti sarebbe stata la causa della perdita del lavoro.08:16
Chi avrebbe mai pensato che proprio quei librettini con grafie approssimative, con disegni al posto di parole sconosciute e con ancora un più approssimativo italiano sarebbero stati gli antesignani degli storici e famosi ricettari che oggi conosciamo? Pertanto, l’indagine di questo mondo non poteva non rientrare tra i miei interessi, anche al Femminile; da qui la curiosità di scoprire quale fosse il comportamento dei grandi della letteratura nei confronti del cibo, quali i grandi nomi che hanno portato in Francia l’invenzione del gelato (Messer Ruggieri che in Francia appunto andò con Caterina de’ Medici… sbalordendo l’intera nobiltà parigina)…e via di seguito con una miriade di curiosità. Dunque cibo e storia mentre s’intrecciano fra loro, intrecciano la storia delle varie nazioni e Paesi; influenze e contaminazioni che ci arricchiranno e incuriosiranno enormemente! Pensi alle celeberrime multietniche tavole imbandite di Federico II di Svevia, c’è da restare senza parole e con l’acquolina in bocca. Le farò dei nomi sicchè ciascuno possa indagare e sbalordirsi: Giulia Ferraris Tamburini, Katarina Polt Prato, Raffaele Esposito, Gennaro Spadaccini, Pellegrino Artusi, Vittorio Agnetti. E che dire delle voglie alimentargustative del Manzoni e del Casanova? E i riti dionisiaci, il Ciceone, l’Ambrosia e la Satura Lanx? Parlo di un universo sorprendente, caleidoscopico e soprattutto succulento! Quindi ha chiuso i lavori del pomeriggio di studio? Ebbene ho avuto quest’onore. Il 15 febbraio in quel di Morcone, ne’ La casa di Ilde, il Museo della Gente senza Storia e Kinetès – con il Patrocinio del Comune di Altavilla Irpina, il Gal Partenio, il Touring Club Italiano- hanno organizzano la serata di studio per il recupero e la valorizzazione del fagiolo tipico “Normanno d’Altavilla”. Il fagiolo autoctono perduto è venuto a riscattarsi. Introdotti dalla Prof.ssa Rossella Del Prete di Kinetès, Arte, Cultura, Ricerca e Impresa, i lavori hanno visto insieme i sindaci Luigi Ciarlo di Morcone, Mario Vanni di Altavilla Irpina e Giovanni Pandolfo Console regionale per la Campania, quindi Carmine Agostinelli quale Responsabile scientifico del progetto; ha moderato il simposio il giornalista Roberto Vetrone. La degustazione è stata presentata dalla pluristellata Chef Annamaria Mastrantuono, straordinaria interprete contemporanea delle storiche tavole imbandite con i prodotti tipici più prelibati e simbolici. Avrà composto un’opera anche per questa circostanza? Si, la mia ricerca parte già cinque anni orsono quando ho scritto la composizione dedicata al Museo della Gente senza Storia, poi la ricerca è proseguita con la fiaba del Normanno d’Altavilla e, infine, col documento -anche la storica Plaquette della storica serata- in cui l’organizzazione vi ha riportato un estratto della composizione strettamente inerente il Normanno d’Altavilla, insieme alla Carta delle pietanze del nobile Convivium che porgo in latino e in volgare -com’avrebbe detto il divin Dante. Dal Mollis hummus fabae alla pasta cum antiquis granis, alla faba pulventi fino alla secunda mensa. In capo a tutta la composizione il motto teso al rispetto dei solenni principi che io stessa ho coniatio: il tempo non è mai tiranno poiché ciò che prende oggi può riportar fiorito a noi dopo qualche anno, così è arrivato a noi il Fagiuol Normanno. La pazienza premia, ho voglia di dichiarare, saranno occorsi 200 anni, la resilienza di tre fagioli, la passione di una archeologa, la cooperazione illuminata di tanti attori sociali e il tempo gentiluomo che ha fatto il resto, ha restituito un tesoro da cui far crescere l’economia, il turismo e “la poesia dei territori”. Tutto questo mi dà energia e propellente per coltivare ancora alacremente i territori, siano essi territori fisici della geografia italiana, che dell’anima.