Basilio Gavazzeni: Due chiese e le loro opere d’arte. Di seguito la nota integrale.
Mi giunge fra le mani l’opuscoletto “Le due chiese. Arte, fede e bellezza nella parrocchia di Sant’Agnese”. In copertina la foto scattata loro nel 1999 da Alberto Muciaccia su commissione dell’architetto Lorenzo Rota che aveva appena presieduto alla costruzione della maggiore. Sembrerebbe un pomeriggio di sole, all’inizio della primavera, perché il platano antistante non ha una sola foglia sui rami né attorno per terra. La nuova e grande chiesa dedicata a san Luigi Maria Grignion da Montfort stringe il campaniletto fatto come lei di conci di carparo e si protende filialmente verso la vecchia e piccola chiesa di Sant’Agnese, altera nel singolare candore. Sovrasta un cielo azzurro celentano con qualche vapore peregrinante.
L’opuscolo è editato dagli studenti del Liceo Artistico “Carlo Levi” di Matera. A loro appartiene il progetto e l’esecuzione, dalla raccolta del materiale storico e dalla stesura dei testi, passando per la ripresa fotografica delle opere, la ricerca delle informazioni utili, la selezione e la rielaborazione delle foto, gli schizzi progettuali, l’impaginazione e le bozze digitali, fino all’elaborato definitivo: il file di stampa. Animatrice è stata la docente Genny Adessa, collaboratori i docenti Maria Grazia Colucci e Geo Coretti. Hanno contribuito secondo specifiche competenze due gruppi di studenti: quello indirizzo Grafica, classe 4^E: Rosanna Burdo, Vincenzo Cignolo, Angelica Di Cuia, Luis Hernandez, Paola Iacovone, Miriana Lattarulo, Annarita Montanaro, Rossana Nuzzolese, Donatella Pennacchia, Francesca Pizzilli, Giuseppe Sciannarella, Gianni Pulpito, Greta Polce, Lila Woodworth; e gli studenti indirizzo Audiovisivo e Multimediale, classe 5^ C: Andrea Basile, Francesca Curci, Davide Di Lecce, Giuseppe Dimattia, Rita Dipierro, Annabella Filippucci, Monica Materi, Marina Pagano, Paolo Pepe, Gabriella Piras, Marco Ruocco, Giulio Sanna, Giovanna Scala, Alessandro Selliti. È un dovere citarli a uno a uno, in giorni che i nomi dei singoli, per quanto meritevoli, sono oscurati da quelli dei leader e dei divi.
Nelle due chiese sono presenti opere d’arte moderna non trascurabili. Tali sono già le architetture che hanno ispirato le restanti strutture parrocchiali costituendo insieme un blocco – una fortezza, dice qualcuno – compatto e armonico di edifici che aspirano al riconoscimento di una vera piazza. Vi sono impresse le firme presumibilmente durevoli degli architetti Vincenzo Baldoni, Lorenzo Rota e Silipo. Primo fu Vincenzo Baldoni che, negli anni Ottanta, recuperò alla dignità architettonica la chiesetta madre che era uscita dalle mani di un geometra del Genio Civile. In lei ricreata hanno trovato collocazione le opere di Giuseppe Mitarotonda, Susanna Rossi e di Alessandro Leidi. Gli architetti posteriori non hanno potuto non tener conto degli stilemi del predecessore.
Il “tempio” – così lo definiva Mons. Antonio Ciliberti – che Lorenzo Rota, fra il 1996 e il 1998, ideò per una popolazione numericamente accresciuta, è di un rigore che non sfuggì all’unica rivista che allora si occupava di architettura sacra. Il suo respiro, la varietà dei materiali adottati, carparo, cemento armato, marmi diversi e legname, i pilastri possenti che alla vista si presentano sottili come steli, l’ambone, l’altare, e il fonte battesimale di rara originalità, si prestano con solenne umiltà alla mirabile asciuttezza delle azioni liturgiche e, al contempo, garantiscono il grembo accogliente di una “maison priante” (Georges Rouault) all’adoratore solitario e un rifugio al passeggero in pena. Sull’abside un Cristo atletico, in rame dorato, sopravanza da una grande croce, risorto, con le ferite ancora accese. È opera dello scultore bergamasco Claudio Nani. Di lui anche le stazioni della Via Crucis in rame sbalzato, un grande ostensorio d’argento a forma d’ulivo e un calice d’oro e d’argento forgiato come un antico bicchierotto di taverna. Claudio Nani era stato allievo di Achille Funi e nella bottega del padre, Attilio, scultore non meno valente, aveva affiancato il sommo Manzù nella preparazione dei primi capolavori.
Di Giuseppe Mitarotonda sono le strepitose vetrate e alcune ceramiche. Ce n’è una deliziosa di soggetto natalizio ispirata a un disegno di Manzù che l’artista esalta con un vertiginoso stellato alla Van Gogh. Gli studenti hanno colto quanto i materiali poveri con cui ha adornato il confessionale sono perfettamente consoni al “mysterium Crucis” da cui scaturisce la remissione dei peccati. La chiesa ospita il presepe più bello di Matera, dopo quello storico di Altobello Persio in Cattedrale. La scenografia è stata commessa da Gino Annunziata con sughero d’imballaggio indurito, riferendosi filologicamente a interni dei Sassi. I personaggi, innumerevoli, di tradizione napoletana, provengono dalla bottega di Ciro Abilitato, presepista di Torre del Greco.
Tutto questo è descritto e illustrato con le immagini dall’opuscolo che, ricorretto, sarà riproposto alla divulgazione. Nessuno, tuttavia, pretenda precisione e completezza ulteriori. Ad altri, nel futuro, spetterà l’incombenza. Agli studenti, alla fin fine, premeva soprattutto comprendere i modi, le tecniche e i materiali che gli artisti cooptati dalla Parrocchia hanno praticato con risultati artistici di esemplare qualità.
Il committente di tutto, compresi i vasi sacri d’inestimabile valore e il mosaico di Marko Ivan Rupnik che riluce nella cappella a lato della chiesetta madre, è stato per quattro decenni un uomo di Chiesa colpito da adolescente dall’invito accorato di Paolo VI perché l’arte e la Chiesa si riconciliassero e insieme celebrassero nuove fulgide stagioni a gloria di Dio e a elevazione dei credenti e dei laici sensibili alla bellezza. Non dimentichiamo: all’ingresso del “tempio”, su una tenera lastra di travertino che sbiadisce nel lastricato, con la data della costruzione, è incisa la sigla D+S (“Deo soli”: a Dio solo) con la quale san Luigi Maria Grignion da Montfort concludeva le sue lettere.
L’opuscolo è stato incoraggiato dal parroco di Sant’Agnese, Nino Martino, e deve essere altro motivo di orgoglio per la Dirigente del Liceo Artistico “Carlo Levi”, Patrizia Di Franco, che l’ha approvato.
Matera, 12 giugno 2024 Basilio Gavazzeni