La Santa Messa presieduta da Monsignor Pino Caiazzo, Arcivescovo della Diocesi di Matera-Irsina ha concluso la terza ultima giornata del 26° Cammino Nazionale delle Confraternite organizzato a Matera dalla Confederazione delle Confraternite delle Diocesi d’Italia. Un’occasione per testimoniare la fede e la pietà popolare che anima questi pii sodalizi, nel tenere viva la tradizione di fede delle nostre comunità. Un evento che per tre giorni ha coinvolto circa 8 mila persone. L’iniziativa è stata inserita nell’ambito dei “I Cammini tra radici e futuro. Il contributo dell’Arcidiocesi di Matera-Irsina al percorso di Matera 2019” che è un progetto di Matera Capitale Europea della Cultura 2019, coprodotto dall’Arcidiocesi di Matera-Irsina, dall’Associazione Parco Culturale Ecclesiale “Terre di Luce” e dalla Fondazione Matera-Basilicata 2019, patrocinato dal Pontifico Consiglio della Cultura e dall’Ufficio Nazionale per le Comunicazioni Sociali della Conferenza Episcopale Italiana.
La giornata si è aperta con il Cammino Confraternale che si è radunato in via don Luigi Sturzo e ha percorsoà Via Nazionale, via Annunziatella, via Rosselli, via Cererie e via Sicilia per poi invadere lo stadio XXI Settembre “Franco Salerno” dove si è svolta la Celebrazione Eucaristica. Sul prato anche l’immagine di Maria Santissima della Bruna, Patrona della Città di Matera, custodita da alcuni Cavalieri della Bruna.
A latere del Convegno, dal 13 al 16 giugno presso la chiesa di san Francesco da Paola, è stata anche allestita una Mostra di abiti confraternali sul tema. Gli eventi sono stati inseriti nel Cammino delle Generazioni.
Di seguito il testo dell’Omelia di Monsignor PIno Caiazzo durante la Santa Messa del 26° Incontro Nazionale delle Confraternite
Domenica scorsa abbiamo celebrato la solennità di Pentecoste. Nel suo messaggio finale su questa terra, Gesù rivelò ai suoi discepoli che non li avrebbe lasciati soli: un altro consolatore sarebbe stato per sempre con loro, il Paraclito, colui che sta accanto, che sostiene, illumina, guida, ricorda ogni cosa che Gesù ha insegnato. È lo Spirito Santo! I discepoli, infatti, sono inviati da Gesù per ammaestrare tutte le genti e battezzarle nel nome del Padre, e del Figlio, e dello Spirito Santo. Nel nome della Santissima Trinità.
È quanto Gesù ha detto oggi nel brano del vangelo che abbiamo ascoltato: «Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso.
Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future.
Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».
Ogni nostra azione trova proprio nella Santissima Trinità il suo inizio e il suo compimento. Ogni preghiera, ogni celebrazione, ogni forma devozionale, le stesse nostre azioni quotidiane sono segnate e riempite della presenza trinitaria. Ciò significa che noi tutti ci immergiamo, senza rendercene conto, nel più grande mistero d’amore: Dio, Uno e Trino.
Carissimi fratelli e sorelle appartenenti alle Confraternite italiane convenute nella nostra città di Matera per il 26° Convegno Nazionale, anche questo momento, l’Eucaristia, il più sublime e importante per ogni cristiano, ha avuto questo inizio e, man mano che andiamo avanti nella celebrazione, ci sentiremo impastati dall’amore divino che ci fa diventare una cosa sola in lui, con lui e per lui. Vi saluto tutti, insieme a Sua Eccellenza Mons. Mauro Parmeggiani, Vescovo di Tivoli – Palestrina e Assistente Spirituale della Confederazione delle Confraternite delle Diocesi d’Italia, al Dott. Francesco Antonetti, quale Presidente Nazionale della Confederazione delle Confraternite delle Diocesi d’Italia e a tutti i confratelli sacerdoti, diaconi, religiosi e religiose, alle autorità presenti.
Matera ha una tradizione di panificazione che nel corso dei secoli ha sempre più sviluppato, affermandosi come città del pane. Questa nostra città, pur essendo una delle più antiche del mondo (8.000 anni di storia), da quando ha accolto l’annuncio evangelico ha saputo sviluppare una particolare teologia nella semplicità dei gesti e dei segni. Uno di questi è appunto il pane.
Noi, arrivati da tutta Italia, possiamo dire di essere tanti chicchi di grano provenienti dai campi che in questi giorni biondeggiano e sono quasi pronti per il raccolto. Quei chicchi di grano che, raccolti sui nostri colli, diventeranno farina.
Impastata e lievitata diventerà pane.
Il suo profumo inebria le strade e le case, il suo sapore è una carezza per il cuore. Non a caso ogni fetta del pane tradizionale ha la forma del cuore. Un cuore che si dilata, si fa cibo, esattamente come Dio Trinità.
Anticamente le mamme di questa città, come un po’ dappertutto, iniziavano la lavorazione dell’impasto per il pane con il segno della croce. Successivamente, per risparmiare spazio nel forno e mettere più pani, si sviluppò la tecnica di creare un pane sviluppato in altezza. Questa tecnica si basa sulla teologia della Santissima Trinità. La pasta viene stesa a forma di rettangolo: si uniscono le estremità di un lato arrotolandola tre volte, mentre si pronuncia “nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”.
Dall’altro lato, con la stessa tecnica, si fanno due giri per ricordare la doppia natura di Gesù Cristo: umana e divina. Al termine l’impasto viene piegato al centro e fatti tre tagli recitando: Padre, Figlio e Spirito Santo.
A questo punto il pane viene lasciato riposare. Continuando a lievitare con il lievito madre, si amalgama diventando una sola massa. Quindi viene infornato per essere cotto.
Questa tecnica e questa spiritualità trinitaria, sviluppatesi nel corso dei secoli, hanno fatto sì che la nostra gente comprendesse come la nostra natura umana si rivesta sempre più di quella divina.
Qui a Matera c’è la cultura del pane. Non più forni di vicinato, ma forni presenti sul territorio sfornano continuamente il pane dal profumo intenso, dal sapore delizioso, dalla crosta croccante, che sfama, che sazia. È il pane Trinità. Come Dio è uno in tre persone, in una sola sostanza, così la pasta del pane, lavorata da abili panettieri, diventa, nonostante il triplice avvolgimento della pasta, una sola sostanza.
Dio è amore e l’amore è relazione che diventa circolarità. In questo amore siamo immersi per essere anche noi quel pane che Gesù stesso ha scelto per diventare cibo di vita eterna: “Chi mangia la mia carne e bene il mio sangue avrà la vita eterna”.
Noi tutti siamo chiamati ad immergerci nell’amore della santissima Trinità per essere, come Dio, come il pane, profumo, delizia, cibo che inebria, sazia, dà vita.
Voi, fratelli che fate parte delle Confraternite, conservate nella vostra storia e devozione tanta teologia semplice che si è sviluppata nel corso dei secoli e che, attraverso il culto che rendete a Dio, nella devozione all’Eucaristia, alla Madonna, ai santi, coltivate con amore e determinazione.
Cercate nei gesti, nei canti e nelle preghiere il vero senso del divino, per non correre il rischio di lasciarvi assorbire e travolgere solo da formalismi religiosi e tradizionalismi.
Le confraternite nella Chiesa sono state da sempre come le prime comunità cristiane che avvertivano il bisogno di mettere in atto quella fraternità e comunione che ha la sua origine nell’insegnamento di Gesù: “Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (Mt 18,20). Insieme esprimiamo l’amore trinitario che, come il pane, lievita per essere, pur nella diversità delle persone, una cosa sola.
Fuori da questa logica esiste l’individualismo, che, dietro il falso annuncio di bene per gli altri, ricerca l’affermazione personale, del proprio gruppo. Tutto ciò che è a scapito dell’uomo, scartato ed emarginato o abbandonato al proprio destino, è fuori dalla logica dell’amore della Trinità che nel suo amore circolare avvolge, accoglie, sazia, ridando dignità perduta. L’abito di Dio che fa riscoprire la gratuità dell’amore non ha prezzo: è l’unica legge che cambia realmente e radicalmente i cuori, quindi la vita, l’umanità intera.
La Trinità è incontro, relazione, che lascia la scia del suo profumo in questa umanità bisognosa di gustare il pane della vita eterna. È il segno della croce che facciamo all’inizio e alla fine di questa celebrazione che segna la nostra carne amata dal Padre, condivisa dal Figlio, fecondata dallo Spirito Santo. Lo stesso segno che le nostre mamme o nonne hanno sempre fatto sull’impasto del pane.
La Trinità aiuta gli uomini a costruire strade per camminare insieme; disegnare rotte sul mare per convergere verso porti e respirare la libertà; costruire ponti per uomini bisognosi d’incontrarsi, stare insieme e gustare lo stesso pane.
La Trinità non è fatta di numeri ma di persone, così come gli uomini non sono numeri ma persone diverse che insieme formano l’unico vero volto di Dio, perché tutti siamo stati creati a sua immagine e somiglianza.
Un’umanità che perde il volto trinitario è destinata a chiudersi nei propri egoismi, nelle proprie paure. È destinata a morire dietro a scellerate scelte di chi, vendendo fumo, annebbia la vista, fa perdere la rotta della ragione, naufraga miseramente.
Carissimi fratelli e sorelle, tornando nelle vostre case, portate con voi un pane di Matera, e, quando sarete a tavola, beneditelo con il segno della croce, baciatelo prima di mangiarlo e gustatelo. Sono certo che penserete alla santissima Trinità.
† Mons. Antonio Giuseppe Caiazzo
La fotogallery della terza giornata del 26° Cammino Nazionale delle Confraternite (foto www.SassiLive.it)