Gianni Maragno rievoca in una nota il varo della RN Basilicata, avvenuto cent’anni fa. Precisamente il 23 luglio del 1914 “si assisteva” al varo dell’incrociatore Basilicata.
Nel mese di aprile del 1913, il Fascio Lucano, con sede in Piazza Campo Marzio n.3 a Roma, mobilitava i comuni basilicatesi, con il seguente proclama: I Lucani, che già salutarono con legittimo orgoglio il battesimo di un’altra nave col nome dell’eroico ammiraglio “Ruggiero di Lauria” saranno ancor più fieri oggi che il nome glorioso della loro regione viene imposto ad una poderosa unità della flotta, alla quale è affidato, nei mari la strenua difesa delle fortune italiche.
Il Fascio lucano, attuando una iniziativa che già sorrise alla mente sempre patriotticamente vigile dell’On. Lacava, rivolge un appello a tutta la provincia per offrire una bandiera alla nave “Basilicata” così come la nobile città di Lauria ebbe a donarla alla nave che portava il nome del grande suo figlio. Questo stendardo tricolore rappresenterà una affermazione di fratellanza nazionale e sarà sacro fulgido simbolo del patriottismo dei lucani, augurando che essi “cogli altri cognati vessilli” si spieghi vittorioso al sole per la difesa e la grandezza d’Italia.
La risposta dei Lucani non si fece attendere e da tutti i comuni pervenne generosa contribuzione. Ma la marziale e, forse, vanagloriosa definizione di ‘nave di battaglia’ recava probabilmente in seno i germi della omologa definizione popolare che nulla di solenne e glorificante, invece, manifesta. Nella riconosciuta saggezza popolare evocata dalla espressione “di battaglia” e riferita ad operazioni di incerta consistenza, andava rinvenuto un infausto destino, al quale non sfuggì nemmeno la Regia nave ‘Basilicata’ che a breve distanza dall’entrata in servizio, patì una ingloriosa sorte che la portò all’affondamento e alla conseguente completa demolizione, senza nemmeno poter affrontare il battesimo del fuoco.
Correva il giorno 16 di agosto del 1912 quando per Regio decreto fu stabilito che una nave da iscrivere nei quadri del naviglio da guerra dello Stato, avrebbe preso il nome di Basilicata. Costruito nel Regio cantiere navale di Castellamare di Stabia, su progetto del Generale Ispettore del Genio Navale,Giuseppe Rota; l’incrociatore Basilicata dotato dell’armamento di combattimento fu varato il 23 luglio 1914. Affidato al comando del Capitano di Vascello Fossati e con equipaggio di 204 membri, fra ufficiali, sotto ufficiali e marinai, questi ultimi in larga parte eritrei ed ascari, entrò in servizio il primo agosto 1917 e non venne mai utilizzato in operazioni belliche. Il suo infausto epilogo del 13 agosto 1919 venne così descritto in una nota di cronaca del bollettino Lucana Gens, organo del Circolo dei Lucani di Roma(anno 1°-maggio 1921):”Circa due anni fa sulla R. Nave Basilicata, ormeggiata lungo il primo tratto del Canale di Suez, in procinto di partire per il Mar Rosso per assumervi servizio coloniale, avveniva lo scoppio di una caldaia, per il quale la nave affondava in dieci minuti. La Basilicata aveva riportato uno squarcio lungo 8 metri e largo quasi 2 al di sotto del piano normale di galleggiamento, aveva perduto una larga zona di murata a sinistra ed aveva subito l’asportazione dei ponti di protezione, di corridoio, di batteria, e di coperta, in corrispondenza della caldaia esplosa. La violenza dello scoppio aveva proiettato a 150 metri di distanza pesanti casse di acqua, aveva spezzata a metà la lancia da corsa, distrutto completamente il padiglione radiotelegrafico, ed aveva lanciato sin sulle coffe rottami d’ogni specie ed anche i resti umani degli sventurati che erano addetti al servizio della caldaia”.
Si compiva così un altro capitolo della contrastata storia di quanto è legato alla Basilicata. A leggere bene le testimonianze e le cronache documentarie si intravedono però i prodromi dell’esito che prima abbiamo proposto. Dai verbali delle commissioni della Regia Marina Italiana, a proposito del nostro naviglio si ha infatti l’occasione di leggere: ”la nave Basilicata e l’unità gemella Campania vennero costruite una davanti all’altra sullo stesso scalo, e varate lo stesso giorno: mentre il Campania scese in mare come previsto, il Basilicata, varato subito dopo, ruppe i cavi che lo trattenevano e scese in mare da solo”.
Chissà che quella imprevedibile “insubordinazione” della nave scesa in mare senza obbedire al comando rituale del varo, non sia stata la causa del suo repentino e drammatico affondamento.
Ora come allora sembra che qualsiasi autonoma iniziativa di navigazione in mare aperto attuata dai nostri territori debba temere gli strali di poteri che non intendono rinunciare alle proprie prerogative di comando.