Mercoledì 8 maggio 2024 alle ore 17 al Museo provinciale di Potenza si inaugura la mostra fotografica “Tu interni… Io libero” organizzata dalla Fp Cgil e dallo Spi Cgil della Basilicata. In esposizione sino al 12 maggio saranno gli scatti storici del fotografo Gian Butturini in occasione dei cento anni dalla nascita di Franco Basaglia, il medico che ha dato il nome alla più importante riforma della psichiatria in Italia, portando alla chiusura dei manicomi e a un nuovo approccio nella cura della malattia mentale. La mostra, a cura dell’Associazione Gian Butturini, testimonia il lavoro di Basaglia e della sua equipe nel trentennio 1975/1977 a Trieste, tornando poi dove tutto è cominciato nell’estate del 2006.
Interverranno Giuliana Scarano, segretaria generale Fp Cgil Potenza,; Angelo Summa, segretario generale Spi Cgil Basilicata; Alfonsina Guarino, direttrice Uoc Csm e responsabile Cd per pazienti psichiatrici autori di reato Asp; Andrea Barra, responsabile Spdc e strutture psichiatriche Dsm Asp; Antonio Corona, dirigente ufficio Sistemi di welfare della Regione Basilicata; Edoardo De Ruggieri, direttore Uosd Spdc e centri diurni Dsm Asm; Gisella Trincas, presidente Unione nazionale associazioni per la salute mentale; Marta Butturini, presidente Associazione Gian Butturini; Stefano Cecconi, segretario nazionale Spi Cgil.
“A distanza di oltre quarant’anni dalla approvazione della legge nazionale 180 e dalla scomparsa del suo ispiratore, non è questo solo un pur doveroso ricordo – spiegano Scarano e Summa – ma anche l’occasione per riportare all’attenzione le politiche nazionali e regionali per la salute mentale. In una fase di progressivo impoverimento della sanità, la salute mentale sconta più di altri servizi la sua intrinseca fragilità, con il rischio di una recrudescenza di inaccettabili tentazioni manicomiali.
Il lascito e l’attualità di Basaglia sono tuttora nella vita di tante persone che grazie a lui hanno superato o evitato l’esclusione sociale e l’internamento nei manicomi e la sua lezione è mirabilmente documentata dalla pratica esemplare delle immagini anni settanta esposte in mostra, ricche di pathos ed empatia. Le immagini del reportage fotografico fanno ancora riflettere su quanto è stato fatto e resta da fare”.