Esercizi di memoria, esercizi di umanità, Potenza ricorda l’olocausto in una cerimonia al cimitero monumentale. Di seguito il report a cura di Angela De Nicola.
“Ritengo plausibile che ormai tra qualche anno, rispetto all’olocausto, accada anche questo: poche righe sui libri di storia, man mano sempre più risicate, e poi d’improvviso nemmeno più quelle.” Si tratta di parole recentissime, come al solito di grande impatto mediatico, espresse in ambito pubblico dalla senatrice a vita Liliana Segre, parole che suscitano sconforto e infondo anche un po’ di paura ed incredulità sul grande assioma, quasi mai del tutto rispettato e che recita a chiare lettere: “Historia Magistra Vitae”.
Il 27 Gennaio è appena passato, ma di fatto non bisogna fermarsi alla rievocazione di un solo giorno o a quella di una settimana per poi ritornare con lo stesso pienone di intenti, sempre e solo un anno in capo all’altro. La memoria della Shoah non sarà mai argomento archiviato, desueto, retorico, pleonastico. Tant’è che man mano che i diretti protagonisti scampati dai lager nazisti ci lasciano, pare ormai si debba andare in due decise ed urgenti direzioni.La prima: raccogliere il testimone delle seconde e terze generazioni delle vittime dirette della Shoah; la seconda:fare in modo che la tendenza al sempre più scarnito e risicato accennoai fatti, non vada a braccetto con forme emergenti di sufficienza storica, se non addirittura di negazionismo vero e proprio. Il punto è che la verità di un crimine tanto efferato e mai eguagliato da mano d’uomo moderno, deve riempire ogni angolo di terra, ogni strada del nostro pianeta.
Bene ha fatto, dunque, in questo senso, l’Associazione “Eventi Potentini” di Rocco Pesarini, lo scorso 27 Gennaio alle ore 15:30, all’interno della piccola area ebraica delCimitero Monumentale di Potenza. Una cerimonia semplice ma toccante che ha sfidato un tempo pungente e gelido: la posa di una piccola scultura in pietra naturale arenaria realizzata dall’artista Gino Cafarelli con sopra scolpita la stella di Davide, posata con altre pietre (secondo stretta tradizione ebraica) ma anche il lascito spontaneo di fiori e lumini, sulla tomba dell’unico cittadino ebreo annoverato (insieme ad altre lapidi purtroppo poco leggibili) nell’area cimiteriale, tale Habram Lobl, cittadino ebreo di origine polacche. Un piccolo ma commovente gesto simbolico, “per ricordare gli ebrei che furono internati nella nostra città” spiega Rocco Pesarini. A coronare il momento, la scelta di alcune letture, tra cui Primo Levi – come da sacro rituale -tutte scandite come fossero preghiere ma in realtà caldi ed accorati omaggi di fratellanza universale, di pietas umana e di humanitas letteraria: e tra tutti gli interventi, anche quello di una emozionata e pienamente coinvolta Emma Santangelo, pittrice potentina, che ha posto l’accento sulla forza di una memoria non più sussurrata bensì urlata – meglio se urgentemente urlata – come fosse un nuovo comandamento man mano che il tempo passa, sottolineando la perentoria indicazione a perpetuare e perpetuare ancora, il tutto attraverso la lettura della composizione della giovane scrittrice sarda Eleonora Capomastro, intitolata appunto: “La Memoria non si sussurra, si urla”.
“Un momento di estremo raccoglimento” mi confida ancora Pesarini a margine dell’evento, facendosi portavoce di tutti i partecipanti. “Lo abbiamo vissuto come se il tempo si fosse fermato, quasi cristallizzato e congelato, forse anche grazie ad un clima atmosferico che probabilmente ricordava, seppur in minima parte, il gelo e gli stenti vissuti dai poveri prigionieri dei lager. Abbiamo così, nel nostro piccolo, provato a rievocare e forse anche apercepire un briciolo di quell’ angoscia, del terrore e dell’annullamento di chi visse l’immane tragedia, pur nella ferma consapevolezza di aver rievocato fatti che nemmeno i protagonisti sono riusciti mai a descriverci in pienezza.”
Perché, come continua ad affermare uno degli ultimi sopravvissuti italiani della Shoah, Sami Modiano: “Una volta che sei entrato e che hai vissuto un lager nazista, semmai tu abbia avuto la fortuna di uscirne, in realtà non ne sarai mai uscito per davvero. Rimarrai lì dentro a vita.” Se siamo veramente umani, accompagniamo ancora e sempre questo sostare nella Memoria. Nei lager di allora, così come anche in quelli odierni, di vari aspetti, gravità e dimensione. Non usciamone, almeno per qualche momento. Rimaniamoci. L’esercizio della memoria è esercizio di rendimento del nostro spessore umano in un mondo che, di umano, conserva forse sempre meno.