Da quando, nel 1989, l’allora patriarca di Costantinopoli Dimitrios I dichiarò il 1° settembre Giornata mondiale di preghiera per il Creato, anche le altre denominazioni cristiane, progressivamente, si sono associate all’iniziativa, fino a renderla, oggi, una celebrazione ecumenica del Tempo del creato. Quanto alla chiesa cattolica italiana, la CEI già da tredici anni vi partecipa, annualmente proponendo un tema sul quale riflettere e organizzare iniziative di vario genere. Dal 2015, poi, papa Francesco l’ha resa obbligatoria per tutta la chiesa cattolica romana, ponendo a fondamento teologico la nota enciclica Laudato si’, sulla cura della casa comune. Nel frattempo, quella che inizialmente era una giornata, oggi è diventato un periodo che si estende per tutto il mese di settembre, per congiungersi al 4 ottobre, festa di san Francesco, il santo cantore della bellezza della creazione.
Il tema di quest’anno – Coltivare l’alleanza con la terra – fa riferimento alla prima alleanza di Dio con l’umanità, all’indomani del diluvio universale, quando fu garantita la regolare alternanza tra i tempi e le stagioni su una terra, divenuta spazio abitabile per tutti. Il titolo lascia trasparire la preoccupazione per la terra devastata da eventi catastrofici inediti, dovuti a fenomeni metereologici estremi, che procurano gravi danni al territorio e alle colture, mietendo migliaia di vittime umane, soprattutto tra i poveri e i più deboli. Queste sciagure, dovute al cambiamento climatico, sono divenute un problema mondiale, con drammatiche implicazioni sociali, economiche, politiche e ambientali (inquinamento diffuso). Un panorama desolante, in cui non pare intravvedersi vie d’uscita.
Per i cristiani, però, non ci può essere rassegnazione. Già papa Francesco, nella Laudato si’, aveva spronato i credenti a non rassegnarsi, ma ad assumere ognuno le proprie responsabilità, in modo da reagire, confidando in quella capacità che Dio ha infuso nei nostri cuori. Gli esseri umani – come ci ricorda papa Francesco – sono capaci di degradarsi fino all’estremo, ma possono anche rigenerarsi e tornare a scegliere il bene, di là di qualsiasi condizionamento psicologico e sociale che venga loro imposto (cfr. LS 205). E se la responsabilità maggiore è di chi amministra politicamente ed economicamente le nazioni, nessun individuo ne è esente. A tal proposito, il papa propone quella che definisce “conversione ecologica”, ponendosi nella prospettiva elaborata dell’alleanza tra uomo (umanità) e ambiente. La coscienza della gravità della crisi ecologica si deve tradurre in un nuovo stile di vita e nuove abitudini (cfr. LS 209). Da non trascurare, soprattutto, la prospettiva spirituale, indispensabile per un’integrale conversione ecologica, che faccia emergere tutte le conseguenze dell’incontro con Gesù nelle relazioni con il mondo in cui viviamo: “La pace interiore delle persone è molto legata alla cura dell’ecologia e del bene comune” e si riflette in uno stile di vita equilibrato (cfr. LS 225).
Dinanzi a siffatta sfida, le chiese e tutti i cristiani sono chiamati a impegnarsi seriamente, in un orizzonte ecumenico, che testimoni una seria sollecitudine per la custodia della creazione. Anche noi, nello specifico, siamo sollecitati a unirci in preghiera e a promuovere opportune iniziative, che contribuiscano alla sensibilizzazione e alla formazione di una coscienza ecologica evangelica. Questo è anche un modo per progredire nel cammino verso l’unità visibile.
Per quanto concerne la chiesa locale, il gruppo ecumenico di Matera ha organizzato per mercoledì 12 settembre una “passeggiata ecologica” sulla murgia materana, dove a contatto con la natura e la bellezza del paesaggio, i partecipanti, di differente appartenenza confessionale, hanno vissuto un momento di comunione in preghiera e riflessione.