Crollo iscritti Università, Mega: “La Basilicata paga lo scotto di una riduzione delle risorse ma anche di una politica regionale incapace di offrire prospettive e servizi essenziali ai giovani”. Di seguito la nota integrale.
“Il dato della Basilicata, seconda sola alla Calabria in termini di calo degli iscritti all’Università, esige degli interventi precisi da parte delle istituzioni. In dieci anni il nostro ateneo ha perso infatti il 24,6% degli iscritti, flessione attribuibile per un verso a un calo delle risorse destinate all’università e alla ricerca nel nostro paese, a discapito dei piccoli atenei, dall’altro a un elevato tasso di denatalità e spopolamento che è strettamente legato all’incapacità politica di questa regione di offrire prospettive e servizi essenziali ai giovani”. Lo afferma il segretario generale della Cgil Basilicata, Fernando Mega, commentando gli ultimi dati sulle università italiane diffusi dal rapporto Anvur.
“Le risorse nel nostro Paese – spiega il leader della Cgil lucana – continuano ad essere largamente insufficienti, anche solo per il reale funzionamento ordinario degli atenei. Tant’è che l’Italia investe in università e ricerca solo lo 0,9% del PIL, con una spesa complessiva per studente nettamente al di sotto del livello medio OCSE. Nel corso dell’ultimo decennio, con l’entrata a regime della Legge 240/2010 (la cosiddetta Gelmini) e del DL 49/2012, la quota base del Fondo finanziario ordinario è progressivamente calata, passando da oltre l’80% a meno del 50% (nel 2022, solo 4,2 miliardi di euro). A crescere sono solo gli interventi premiali (2,36 miliardi) e quelli finalizzati (2 miliardi), risorse cioè destinate soprattutto a dipartimenti di eccellenza e piani straordinari, che non vengono però finanziate con investimenti aggiuntivi,ma erodendo le risorse per l’attività ordinaria. Se a ciò si aggiunge il calo delle nascite e i flussi degli studenti che lasciano le aree di residenza nel Sud, il rischio, come già evidenziato nel rapporto Talents Venture, è di creare veri e propri atenei fantasma, università che, rimaste a presidio dei territori, potrebbero essere frequentate solo da chi ci lavora. Tra queste, quella della Basilicata, dove è prevista entro il 2040 una riduzione della popolazione del 33 percento.
Uno scenario da brividi – afferma Mega – che può essere scongiurato solo attraverso interventi immediati sul territorio, a partire dai due capoluoghi che ospitano le sedi dell’ateneo. Serve non solo potenziare l’offerta formativa a Potenza quanto a Matera, a seconda della specificità dei territori e in un lavoro di continuità sia con le scuole secondarie di secondo grado che con gli enti di ricerca, ma rendere una serie di servizi che vanno dai trasporti all’accesso ai luoghi della cultura, fino ad alloggi adeguati. Sia Matera che Potenza sono in attesa di studentati per la cui realizzazione sono ancora in fase di pubblicazione la manifestazione di interesse. Restano poi i nodi dei trasporti: scarso collegamento tra i due stessi capoluoghi, Matera senza stazione e Potenza con forti carenze dal punto di vista del trasporto urbano. Quanto all’accesso ai luoghi della cultura, come giustificare la mancanza di risorse assegnata alla biblioteca Stigliani di Matera, che rischia di chiudere, mentre a Potenza si fa fatica a trovare luoghi idonei di aggregazione facilmente raggiungibili.
Senza interventi strutturali sull’accoglienza degli universitari – conclude Mega – gli investimenti su nuovi corsi di laurea non produrranno i loro effetti positivi, come il caso di Medicina a Potenza o di Architettura a Matera”.