Don Marcello Cozzi (Ce.St.Ri.M): Il coraggio e la necessità di essere credibili. Di seguito la nota integrale.
Il Giudice Rosario Livatino, assassinato dalla mafia ad Agrigento nel 1990 e proclamato beato nel 2021, diceva: quando moriremo nessuno ci verrà a chiedere quanto siamo stati credenti, ma credibili.
Ho pensato spesso a questo concetto, soprattutto negli ultimi giorni. Penso che Livatino ci consegni questa frase per dire che ognuno di noi debba assumersi le proprie responsabilità. Cosa significa, oggi, fare antimafia? Cosa vuol dire farlo in una terra come la Basilicata, in cui la mafia c’è ma non la si tocca direttamente come accade a Locri, a Casal di Principe, a Vibo Valentia.
Credo che significhi prima di tutto non consentire a nessuno di privarci della libertà. Ai giovani che incontro e che sto incontrando anche in queste ore dico: non permettete a nessuno di farvi colonizzare il cervello. Non fatevi privare della libertà di pensiero, da chi invade i vostri spazi, i vostri sogni, da chi cerca di mettere le mani anche sui vostri linguaggi. Diffidate da chi vuole mandarvi messaggi utilizzando i vostri linguaggi.
Questo riguarda tutto e tutti. Diffidate di certi personaggi politici, di taluni insegnanti e magari anche di me, come uomo di chiesa, quando cerchiamo di colonizzare il vostro pensiero senza tenere alla vostra libertà.
C’è una cosa che mi ha fatto indignare tanto in queste ultime settimane. Perchè noi tutti saremo credibili non quando andiamo ad occupare le prime file delle chiese, per farci vedere; ma quando sostiamo, invisibili, tra le file della povera gente, tra quelli che restano in fondo. A me non interessa se un noto personaggio si siede in prima fila, in chiesa, e lo fa soprattutto in determinati periodi elettorali. E anche noi uomini di chiesa, da questo punto di vista, siamo chiamati a fare un profondo esame di coscienza. Il Vangelo a cui io Credo dice che la prima fila deve essere per gli scartati dell’umanità, come dice Papa Francesco. Un grande Padre Costituente, Piero Calamandrei, diceva: non andate nelle aule del Parlamento, salite piuttosto nelle montagne in cui giovani partigiani hanno sacrificato la loro vita.
Ci sono luoghi nascosti, periferie del nostro Paese, in cui tante persone, donne e uomini, spesso in divisa, fanno sacrifici enormi nel più totale silenzio, per difendere la nostra libertà.
Io sogno un Paese dove non deve essere considerata una dichiarazione politica l’essere antifascista; ma se ancora, in questo Paese, devi difendere il tuo antifascismo perchè connotato politicamente, allora vuol dire che abbiamo tanta strada da fare. Così come tanta strada abbiamo da fare nell’impegno antimafia quando lo limitiamo solo alla ricerca della nostra visibilità e non, piuttosto, all’accompagnamento quotidiano delle tante vittime.