Il Teatro San Michele di Rivello, ex chiesa sconsacrata di origine longobarda ospita, dal prossimo 14 agosto e fino al 20 settembre, le fotografie che Mimì Notarangelo ha scattato sui set cinematografici de “Il vangelo secondo Matteo” di P. P. Pasolini, girato prevalentemente a Matera, e del “Cristo si è fermato a Eboli” di Francesco Rosi, girato a Craco e Guardia Perticara, film tratto dal romanzo di Carlo Levi, entrambe le opere dedicate alla civiltà contadina e all’arroganza del potere borghese costituito. Nel teatro sono esposte inoltre le installazioni realizzate da Francesco Giannatiempo che sono iconoclastiche e riflessive dell’eidetica umana in genere, nondimeno della donna in particolare, come nel complesso Sin_done [donazione di mestruo] che include una parte di testo dal titolo ‘Semi_liberi’, scritto e tradotto in inglese da Marcella D’Amico e tratta dalla raccolta ‘R’acconti di R’esistenze’ (2018) e ‘Mirror | Me_error’ – supportando l’Idea di fondo che la Memoria è oggi, che l’essere umano sia solo un ospite del Pianeta Blu[Ǝ] e che sia sempre indomita la pro_vocazione alla Libertà.
Le opere sono esposte nella loro autonomia ma Ulderico Pesce, per l’occasione, realizza un evento multidisciplinare tra fotografia, installazioni artistiche, musica dal vivo di Gianfranco Filizzola e narrazione a cura dello stesso Pesce, che si svolgerà, a partire dal 14 agosto alle ore 18.00, e che sarà ripetuto anche su prenotazione, dal titolo “Doppio boom”, che mira a legare i vari tematismi indagati da Pier Paolo Pasolini, Carlo Levi, Mimì Notarangelo e che oggi sono ripresi da Francesco Giannatiempo.
“Doppio boom” vuole soffermarsi sulle profezie di Pasolini che, già negli anni ’60, vedeva il boom economico dell’Italia come un “progresso senza sviluppo”. Erano certamente arrivate la televisione, le macchine utilitarie, il frigorifero, ma non c’era un reale sviluppo della società italiana che, in quegli anni, cominciava a trasformare gli esseri umani, dal ruolo attivo di “cittadini” a quello passivo di “consumatori”. Le identità culturali delle aree periferiche subivano un violento attacco e la civiltà contadina, narrata da Carlo Levi nel “Cristo si è fermato a Eboli”, e da Francesco Rosi nel film omonimo, perdeva i suoi caratteri di autenticità.
Con l’avvento della “modernità” e lo sviluppo della società borghese, nelle periferie urbane, subisce un duro attacco anche il sottoproletariato, narrato da P. P. Pasolini. Saranno proprio Carlo Levi e Pasolini ad auspicare “l’ingresso” del mondo contadino e del sottoproletariato urbano nello Stato, come momento fondativo di un nuovo Stato. Ma la loro visione si infrangerà contro la dura realtà che, viceversa, prenderà altre strade. Il boom economico, che trasformerà i cittadini in consumatori, e che farà trionfare il desiderio di possesso, possesso di beni, possesso della donna relegata ad un puro oggetto del desiderio, travolgerà le identità periferiche appiattendo gusti, lingue, tipicità. Parallelamente si svilupperà la corruzione di parte delle istituzioni italiane, e chi cercherà di opporsi sarà travolto. E allora il boom economico diventerà “doppio boom”. Se il primo boom, quello economico, si dimostrerà un’illusione, il secondo boom è da intendere come colpo di pistola, come atteggiamento violento che mira a sopprimere fisicamente chi non è allineato al potere. Ecco il senso delle grandi stragi italiane. Questa stessa violenza colpirà Pasolini il 2 novembre 1975, una violenza che nulla ha a che fare con l’omosessualità, come sostiene il giudice Vincenzo Calia che ha riaperto l’inchiesta sulla morte di Pasolini. Una violenza che ha a che fare invece con i poteri occulti di parte importante dello Stato italiano.
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