Riportiamo di seguito l’ntervento del sindaco di Matera, Salvatore Adduce alla presentazione del rapporto Federculture 2014 oggi a cui hanno partecipato, fra gli altri, il presidente del Senato, Pietro Grasso, il ministro Dario Franceschini, la presidente della commissione cultura del Parlamento europeo, Silvia Costa, e molte altre autorità.
E’ con una certa emozione che mi accingo a commentare uno straordinario strumento di politiche quale è il rapporto annuale di Federculture. Emozione derivata dal ruolo che la mia città, Matera, potrà e dovrà avere nei prossimi anni per questo straordinario avvenimento da noi fortemente cercato e desiderato, che è il titolo di capitale europea della cultura per il 2019.
Un titolo che non sentiamo nostro, ma innanzitutto di tutto il nostro Paese, oltre che ovviamente di tutta la Regione Basilicata e di tutto il sud d’Italia e d’Europa.
Un titolo che è giunto insieme atteso ed inaspettato, costruito con percorso che ci ha visti a fianco di altre 21 città italiane, di cui 5 sono state e sono nostre sorelle in questa sfida collettiva per il futuro che si chiama cultura.
Vedete: con i dossier di candidatura di Cagliari, Lecce, Perugia, Ravenna, Siena, oltre che con il nostro, le nostre città hanno fatto un grande investimento.
Ma non tanto e non soltanto economico, ma soprattutto sociale: abbiamo coinvolto tantissimi cittadini, scuole, associazioni culturali, mondo del terzo settore, imprese, istituzioni del territorio: abbiamo insomma costruito insieme quello che gli esperti chiamano CAPITALE SOCIALE.
Un capitale che non deve essere disperso, e che tutte le città mettono a disposizione del sistema Paese , e che noi come Matera 2019 siamo pronti a supportare in favore di Italia 2019 come modello. Uno strumento sostenuto da una legge che fortemente abbiamo voluto prima del verdetto della giuria e che si propone di sostenere i progetti di tutte le città che hanno partecipato alla competizione come un vero e proprio programma nazionale.
Ma quale idea di cultura è contenuta nel dossier di candidatura di Matera 2019?
Perché, vorrei ricordarlo a tutti con chiarezza, la competizione per capitale europea della cultura non è un concorso di bellezza, non è come miss Italia.
Con due Dossier bisognava convincere una giuria indipendente di tredici membri che la città candidata ha in mente una proposta innovativa, condivisa con la maggior parte dei cittadini e di interesse per l’intera comunità europea.
Ebbene il nostro dossier è in forte sintonia con quanto emerge dal rapporto di Federculture:
– esprime innanzitutto una forte visionarietà nel programma artistico, dal profondo respiro europeo e di grande interesse per tutti gli stati membri;
– associa al programma una concretezza estrema per quanto concerne gli strumenti finanziari;
– ha previsto e messo in campo una grandissima partecipazione da parte dei cittadini.
– È un vero e proprio piano strategico e dunque un progetto politico fortemente partecipato.
Tutto questo è stato reso possibile da un team internazionale fatto da giovani, all’80% materani, molti rientrati da altre parti d’Europa per l’occasione, coadiuvati dal nostro direttore di candidatura, Paolo Verri, ben noto per aver diretto, oltre al Salone Internazionale del Libro, soprattutto il piano strategico di Torino che già 15 anni fa mise al centro dello sviluppo della prima capitale d’Italia i temi della cultura e del turismo.
Ma il tocco in più l’abbiamo avuto da un giovane talento pienamente europeo, quel Joseph Grima nato a Avignone, di origini maltesi, madrelingua inglese, architetto, designer, filosofo, direttore della Biennale di Chicago, membro del NewsMuseum di New York e selezionato dal nostro comitato scientifico tra circa 80 candidati che hanno inviato on line i loro curricula.
Perché insisto su questo mix di risorse umane? Perché simboleggiano una generazione che crede nell’Italia, che crede nella cultura, e che ci crede a partire dal sud! Risorse umane selezionate con metodo trasparente e senza intromissioni politiche … Al management infatti abbiamo assicurato la più larga autonomia.
Questi giovani, la gran parte donne, lavorano in una comunità “aperta”, ben legata al nostro tema di candidatura, “Open future”, che usa il tema “open” come vox media, da un lato mettendo al centro il tema degli “open data” – rispetto ai quali la nostra città quest’anno ha ricevuto già alcuni importanti riconoscimenti pubblici – ma anche il tema dell’open source, l’incrocio importante tra tecnologie, formazione e patrimonio che non caso un altro direttore di candidatura, Pier Luigi Sacco, in uno dei più significativi contributi al Rapporto di Federculture mette al centro della propria proposta intellettuale.
“Open” per noi significa possibilità di ibridarci, di ripensarci, di contaminare e farci contaminare. Di mettere a disposizione la nostra storia, il nostro passato, il nostro paesaggio, come luogo in cui costruire nuovi modelli di società. Noi pensiamo che la cultura non sia un surrogato dell’economia, ma – mi piace l’affermazione del Ministro Franceschini, quando dice di essere a capo del più importante dicastero “economico” – uno dei settori trainanti del nostro Paese, e soprattutto deve essere il metodo con cui immaginare il futuro del Paese.
Noi non vogliamo, vinto il titolo di capitale europea della cultura, diventare una Venezia del sud, con tutto il rispetto per la più bella città al mondo; o almeno non cadere nelle trappole descritte da Salvatore Settis nel suo ultimo libro, non vogliamo perdere abitanti ma anzi attirarne dei nuovi, come ha saputo fare una delle due capitali europee della cultura 2014, la svedese Umea che, a dispetto della sua localizzazione, nel cuore della Svezia a 700 km da Stoccolma senza alta velocità ma solo grazie alla propria qualità di offerta accademica e tecnologica ha saputo attirare giovani, imprese, talenti da tutta la regione baltica.
Ecco Matera, in stretta sintonia con tutta la regione Basilicata, intende costruire due spazi esemplari:
una Open Design School nel cuore dei Sassi e un nuovo Istituto per lo studio della Demo Etno Antropologia, un nuovo sistema di realizzazione e di utilizzo di archivi come quello accennato nel saggio “Cultura e memoria” di Rossana Rummo; questi due luoghi, insieme al nuovo Centro di Restauro, insieme a quell’esempio di museo aperto, di nuova casa della cultura che è Palazzo Lanfranchi, gestito con lungimiranza e passione da un dirigente pubblico, il soprintendente Marta Ragozzino, diventeranno i capisaldi della produzione culturale dell’intero territorio.
Luoghi anch’essi aperti, dove far interagire programmaticamente arte e scienza, dove contaminare ricerche e intelligenze.
Nelle prossime settimane talenti di valore mondiale come il regista Amos Gitai, come l’artista contemporaneo Tomas Saraceno, come la musicista Bjork, come il fotografo Armin Linke saranno a Matera non a perfomare ma a produrre, scegliendola come luogo di riflessione sul futuro dell’uomo.
E lavoreranno con i nostri concittadini, come hanno già fatto gli amici di Unmonastery che da tutta Europa sono venuti da marzo a luglio di quest’anno a trovare soluzioni ottimali per la nostra città sperimentando in anteprima progetti validi per tutte le città come Matera, che per numero di abitanti e per tipologia di ubicazione costituiscono (forse il dato vi sorprenderà, ma è così!) circa il 70% del patrimonio urbano europeo.
Grazie all’Open Design School desideriamo conteporaneamente ridisegnare collettivamente tutto il nostro territorio, rendendolo sempre più bello e sicuro, non solo negli spazi pubblici urbani, ma in tutte quelle aree di sosta che assomigliano a dei veri e propri caravanserragli e che vogliamo migliorare non solo e non tanto con i fondi della cultura, ma orientando anzi al meglio i fondi per le infrastrutture, facendo collaborare artisti, architetti paesaggisti, designer, ingegneri, amministratori.
Perché il nostro paese deve tornare ad essere 100% bello, 100% sicuro, 100% aperto all’innovazione. E gli spazi dell’agricultura, grazie alla programmazione 2014-2020, in molte aree del paese, e a partire anche da quella grande occasione di politiche e di promozione che si chiama Expo Milano 2015, possono essere altrettanto importanti e altrettanto gravidi di innovazione e ricchezza che i più tradizionali spazi urbani.
Noi crediamo che i fondi per lo sviluppo della cultura non stiano solo nei capitoli di spesa del MIBACT, o dei singoli assessorati competenti a livello regionale o comunale (questi ultimi in verità molto dissanguati!), ma che la cultura sia la più grande politica orizzontale necessaria al paese, che non deve consumare vecchi prodotti e vecchi stili di vita, ma produrre nuove idee per la collettività mondiale, che da sempre ci riconosce leader su questi temi ma che ora comincia a dubitare della nostra capacità di essere ancora competitivi in certi settori.
Matera intende dunque, con chiarezza e determinazione, le stesse che abbiamo usato nel percorso di candidatura, diventare un centro di sperimentazione sociale, culturale e tecnologica: questo darà vita a nuova economia.
I nostri 1000 bambini che hanno realizzato il più grande Coderdojo d’Europa, provando a programmare da soli i codici del computer, facendo cose che nessuno di noi con più di 40 anni può nemmeno immaginare, sono davvero la nuova frontiera del paese.
La Basilicata per molti decenni è stata la regione più povera d’Italia e una delle più povere d’Europa, con il più basso tasso di lettura e con la più bassa frequentazione di spettacoli dal vivo.
Ma chi fosse stato con noi qualche settimana fa a vedere come cittadini lucani, pugliesi, calabresi (di Potenza e Matera, di Bari e Brindisi, di Crotone) hanno realizzato con Virgilio Sieni, uno dei più importanti artisti plastici contemporanei, i quadri di danza ispirati al Vangelo secondo Matteo di Pasolini , in collaborazione con la Biennale di Venezia, e negli stessi spazi dove è ancora allestito la più importante mostra prodotta a sud nel 2014, ovvero quella dedicata proprio a Pasolini e ai 50 del suo arrivo in città per girarvi il suo capolavoro, ecco quel gap non l’avrebbe proprio più visto.
Un gap non oscurato dalla bellezza della città – che certo bellissima è, di un fascino unico e non ripetibile, e dalla storia millenaria, che qualche decennio fa avrebbe potuto essere trasformata in collasso definitivo – ma invece sconfitto proprio dai cittadini, motori volontari di quello che sta accadendo, persino in contrasto con certe élite retrograde che pensavano di essere unici detentori della cultura!
Tutto questo è stato possibile anche creando una forte interazione tra media apparentemente tradizionali (come ad esempio le televisioni e i quotidiani locali, con cui siamo riusciti a creare una clima di collaborazione e di creatività al di là di ogni più rosea aspettativa, creando addirittura un canale tematico bilingue accessibile a tutti 24 ore al giorno) e una comunità on line fatta di appassionati, volontari e esperti che è diventata un vero e proprio esempio nazionale, come dimostrano le nomine dei digitalchampions avvenute al Tempio di Adriano qui a Roma la scorsa settimana e quello che proprio oggi sta accadendo in tutta la Basilicata grazie all’apporto di Wikitalia, di Riccardo Luna e di moltissimi lucani ai vertici dell’innovazione digitale.
Nonostante i nostri sforzi, i nostri entusiasmi e i nostri successi, ovviamente ancora molto resta da fare. Di tutti i dati del rapporto, lo dico sinceramente e in chiusura, quello che mi ha più preoccupato è proprio quello della partecipazione attiva degli italiani alle attività culturali, richiamato da Roberto Grossi e da Pierluigi Sacco in cui in Europa, secondo l’Eurobarometro, saremmo ultimi.
Ecco, questa è la sfida di tutti noi, e di Matera 2019 e del mezzogiorno d’Italia in particolare: immaginare nuovi modelli sociali, produrre nuovi contenuti con nuove tecnologie,rendendo i cittadini protagonisti.
Una sfida che conosciamo bene e alla quale ci alleniamo tutti i giorni grazie a insegnanti e studenti, grazie ad associazioni culturali e alle istituzioni, ma anche grazie ai tantissimi privati che ci hanno sostenuto in questi anni, aziende e singoli, con risorse economiche ma anche e soprattutto mettendo a disposizione tempo e competenze.
Una sfida culturale certo! Ma anche demoocratica. Una sfida che ci piace e per la quale saremo al servizio del Paese e dell’Europa.