Lo storico materano Giovanni Caserta esprime in una nota alcune riflessioni sulle celebrazioni per la festa della Liberazione al tempo del Coronavirus. Di seguito la nota integrale.
Giovanni Caserta: “Una Resistenza nel silenzio e nel raccoglimento”
Mai ho sentito il senso profondo della Resistenza e della Liberazione come quando ho visto il Presidente Mattarella solo, con la mascherina antivirus, salire lescale dell’altare della Patria per andarvi a depositare la corona di alloro. Aveva il volto teso e profondamente segnato. Sulle sue spalle pesavano venti anni di fascismo, milioni di morti in guerra, migliaia e migliaia di uomini, soprattutto giovani, morti nellafase della Resistenza.
Il silenzio della giornata favoriva il raccoglimento di tutta la nazione. Sono comparse bandiere tricolori ai balconi; su Whatsapp sono partite decine e decine di video che, in musica, sulle note di “Bella,ciao”, ricordavano gli anni della nostra Liberazione. Il coronavirus ha costretto al silenzio e alla meditazione, evitando le manifestazioni di piazza, spesso ridotte a poche decine di persone che ascoltano col fazzoletto tricolore al collo, mimando partigiani che non ci sono più e che non hanno mai conosciuto.Il comizio inevitabilmente finisce con accuse, denunzie ad italiani e tedeschi che sono morti e che, anche nell’errore, spesso credevano in quello che facevano. Si videro i fratelli combattere contro i fratelli, i figli contro i padri.
Sono passati 75 anni dal 25 aprile 1945, tre quarti di secolo. Sono tanti. Molte cose sono cambiate; chi combatteva su fronti opposti non c’è più. Vi sono di quelli che vogliono far vivere ciò che non c’è. A difendere e a commemorare la Liberazione e la Resistenza spesso ci sono i nipoti dei fascisti e dei repubblichini di ieri. E’la rivolta dei nipotini contro i nonni e gli zii. Assurdo.
Non c’è più la situazione politica e geopolitica del 1945, quando le nazioni erano belligeranti e divise, edera vietato passarne i confini. La Resistenza di quegli anni fu contro il fascismo italiano, contro il nazismo tedesco, contro il franchismo spagnolo, contro il salazarismo portoghese… La Liberazione era la liberazione dell’Europa; ed era la liberazione da mali che, per tali,erano riconosciuti dalla cultura e dalla civiltà. Ora c’è una Europa unita nei valori indiscussi di libertà e democrazia. Dalla Germania alla Francia, dopo secoli di guerre violentissime e sanguinosissime, si passa liberamente. E viceversa.
Per decenni l’Italia ha combattuto contro l’Austria e contro Radetzky, che,odiato in Italia, ha una strada a lui intitolata a Vienna; lo stesso dicasi di Francesco Giuseppe (affettuosamente Checco Beppe anche in Italia). I libri di storia scolastici, in Francia e in Germania, sono stati cambiati. La Germania non è più guardata come una nemica. Così al contrario. Festeggiare e celebrare la Resistenza con comizi e clamori, significa offrire alla Meloni l’occasione di non alzarsi in Parlamento al canto di “Bella,ciao”,ed esibirsi, contro la Resistenza, in osceno romanesco. O serve a dare all’arcigno Salvini la possibilità di gettare veleno su ogni forma di collaborazione e cooperazione nazionale e internazionale, anche in un periodo così difficile e così carico di incognite,qual è l’attuale. Abbiamo sempre pensato che la Resistenza non appartiene più alla politica o ai partiti politici, ma alla storia e alla civiltà. L’abbiamo scritto a proposito del 21 settembre 1943 a Matera Ed è europea. E’ una ricorrenza come il 2 giugno e il 4 novembre.“Bella,ciao” è clamorosamente diventato il canto di tutte le nazioni europee e oltre. Basta l’esposizione della bandiera e la commossa collocazione di corone su cippi e monumenti. Mio sogno è che la prossima celebrazione sia fatta, nazione per nazione, con due bandiere alle finestre: l’italiana e l’europea, la francese e l’europea, la tedesca e l’europea,per tutta l’Europa unita, alla stessa ora. E sia un momento di raccoglimento sulle note di “Bella ciao”, tutti, come Mattarella, con la mascherina antivirus,control’odio e la faziosità.