Emanuele D’Adamo, Presidente dell’Associazione Amici pro San Giovanni da Matera in una nota annuncia i festeggiamenti a Borgo Venusio in occasione della ricorrenza della festa in onore di San Giovanni da Matera.
Una grande partecipazione di devoti ha caratterizzato la solenne cerimonia religiosa tenutasi il 20 giugno 2021 nella Chiesa di Borgo Venusio in occasione della ricorrenza del Santo concittadino, Giovanni Scalcione, Abate della Congregazione Benedettina degli Scalzi. Lo rende noto l’Associazione Amici Pro San Giovanni da Matera, che con il suo Direttivo e il Presidente Emanuele D’Adamo, hanno preso parte attiva alla cerimonia religiosa nella quale 10 giovani materani hanno ricevuto la Cresima. Una Chiesa gremita di attenti fedeli ha preso parte al momento religioso, riferisce il Vice Presidente del sodalizio, Domenico Troia; un popolo che è accorso devoto e che con grande attenzione si è posto in ascolto religioso quando Don Bruno Buonamassa e il Celebrante don Biagio Colaianni, Vicario Generale della Curia Arcivescovile della Diocesi di Matera-Irsina, hanno espresso grandi parole di elogio al venerato San Giovanni da Matera, compatrono e protettore di Matera con Sant’Eustachio e la B.V.M. SS.ma Della Bruna. Per quanti ancora non hanno conoscenza della Vita del Santo materano, considerato uno dei trecento Santi universalmente riconosciuti dalla Chiesa Cattolica, si ricorda che Giovanni, della nobile famiglia “De Scalzonibus”, è nato nella Città dei Sassi nell’anno 1070-1080 presso l’attuale Chiesa del Purgatorio Vecchio, Chiesa un tempo intestata al santo nel Sasso Caveoso; ancora giovinetto si formò culturalmente e spiritualmente presso il Monastero Benedettino di Sant’Eustachio, oggi parte integrante della Cattedrale. Attratto dalla Vita religiosa, in gran segreto, adolescente fuggì su un asinello verso Taranto, ove si fece pastore di greggi e servo presso una comunità di monaci. In estrema penitenza, con digiuni e preghiere, viaggiò eremita per Calabria e Sicilia; cibandosi di erbe e fichi selvatici dormì penitente in una vasca di acqua gelida per vincere il sonno e poter lungamente pregare. Giovanni non amò la solitudine per se stessa: l’amò come mezzo per ritrovare Dio e con lui trattenersi in intimo colloquio. Trovatolo e inebriatosi del suo amore, sentì il bisogno di narrare, cantando, la sua felicità ed indicare ad altri la via di pervenirvi. Per un felice contemperamento della sua natura, egli seppe vivere egualmente bene la vita contemplativa e la vita attiva, seppe nella solitudine piangere d’amore pei suoi fratelli erranti e nel tumulto dell’azione apostolica seppe fare intorno a sé il silenzio, per udir la voce del suo Diletto. Onde non è meraviglia che, nella celletta solitaria appesa alla falda del Gargano, ove per un anno intero passò le notti in altissima contemplazione, egli ripensò con malinconia al suo luminoso, austero cenobio di Ginosa, e ai risuoni della salmodia che giorno e notte nel piccolo tempio di S. Pietro sonava si grave e solenne e affretti col desiderio il giorno in cui una nuova famiglia, come vite feconda, gli s’infoltì intorno. Finalmente ruppe gl’indugi e tornò al santuario di S. Michele. Non sa che abbia a fare. Sentì solo che Dio lo chiama a ritentar la prova: ma non ne conosce il modo e le vie. Una mattina ha una visione. Mentr’egli in mezzo a tutto il popolo prega fervorosamente e i canonici cantano Mattutino, vede una donna d’aspetto venerando, serena in volto e devota, che con la mano gli indica dove egli ha ad andare per costruirvi una chiesa. Non pronunzia verbo, la matrona, ma per una buona mezz’ora con cenni e con segni di croce lo istruisce su quello che ha da fare. Dopo, vede un giovane alto e di aspetto severo, che gli fa cenno di seguirlo. Egli si muove, in spirito però, e lo segue. Desto dal sonno dell’estasi, domandò ai vicini se avessero visto qualcuno a parlar con lui. “Nessuno!” risposero. Comprese d’essere stato visitato dalla Vergine Santa e forse da S. Michele. Si levò: prese con sé sei dei discepoli più affezionati e si recò difilato dov’ era stato in visione con l’Arcangelo. Un’austera solitudine rocciosa detta Polsosano o Pulsano, presso Siponto attuale Manfredonia, dove riuniva i suoi primi figlioli e gettava le fondamenta della Congregazione Pulsanese. Era l’anno 1127. Per dono di Dio manifesta per dieci anni virtù miracolose e potenza taumaturgica su malati e storpi. Concede grazie a quanti lo hanno conosciuto e cercato; comanda sulla morte; vince su Satana; sana gli indemoniati; decide sulla pioggia liberando i contadini dal siccità. Morto a Foggia nel 1139, le Sacre spoglie riposarono nell’antica chiesa di Santa Maria di Pulsano fino al 1830, anno in cui essi giunsero a Matera. Da sempre i Materani avevano mostrato una profonda devozione verso il loro San¬to concittadino, del quale si conservava, in un antico reliquiario a braccio in argento, una reliquia del braccio, tuttora esisten¬te, e da molto tempo desideravano che le sue sacre spoglie facessero ritorno a Ma¬tera. Tale comune volontà si concretizzò nel 1830: a seguito della richiesta ricevuta dal Capitolo e dal Collegio Decurionale di Matera, l’Arcivescovo di Manfredonia, Mons. Eustachio Dentice, dopo aver fatto condurre una scrupolosa ricognizione dei sacri resti, acconsentì alla loro traslazione. Essi giunsero a Matera il 28 ottobre dello stesso anno, accolti dall’Arcivescovo di Matera, Mons. Camillo Cattaneo e da tutta la popolazione materana con grandissime manifestazioni di felicità. Le sacre spoglie, dopo una breve sosta presso al chiesa di S. Francesco da Paola, per essere sistemate da Mons. Dentice in un’urna provvisoria, in quanto quella in cui avevano viaggiato si era leggermente danneggiata, vennero portate in Cattedrale. Nello stesso giorno esse furono riposte nella loro urna origina¬le, prontamente riparata, e il Canonico F.
P. Volpe, noto cronista materano, scrive che “Non tosto l’urna testé mentovata fu aper¬ta che sortì da essa un odore sì grato, che richiamò l’attenzione di tutti i circostanti, ed io che scrivo, ne fo fede, come testimo¬nio ivi presente e partecipante d’un tanto bene.”. Le
reliquie rimasero esposte alla venerazione dei fedeli per alcuni giorni e vennero collocate presso l’altare dedicato al Santo, ubicato in Cattedrale, dove innu¬merevoli fedeli si recavano per rivolgere a San Giovanni una preghiera, una richiesta o un ringraziamento; sono numerosi i rac¬conti di grazie, ricevute per la sua inter¬cessione, e riportati dal Volpe nel suo libro dedicato al Santo. In occasione del primo centenario della traslazione delle reliquie di San Giovanni, Mons. Anselmo Filippo Pecci, Arcivescovo di Matera, volle che l’evento fosse ricorda¬to con solenni celebrazioni e festeggiamen¬ti. Nel mese di ottobre del 1930 ebbe luogo un corso di Santi Esercizi, furono presenti a Matera varie autorità religiose, tra cui il Cardinale Alessio Ascalesi, Arcivescovo di Napoli e il 19 ebbe luogo la cerimonia del trasferimento dei sacri resti dall’antica urna lignea in una nuova, realizzata con l’argen¬to raccolto, su accorato invito di Mons. Pecci, dai fedeli materani, ulteriore segno del profondo legame e della grande devo¬zione per il loro, e nostro, San Giovanni, sentimenti che si spera possano continuare a rimanere vivi e sempre più sentiti anche nei fedeli del XXI secolo e di quelli futuri.