“Matera: i Sassi e il Parco delle chiese rupestri. Verso il piano di gestione del sito Unesco. Bozza del piano di gestione.” Il titolo di questa pubblicazione a cura dell’ufficio Sassi del Comune di Matera è anche il filo conduttore dei tre Simposi promossi dall’Amministrazione Comunale per riaprire il dibattito sul prezioso patrimonio rappresentato dai Sassi di Matera e dalle chiese rupestri presenti nel Parco della Murgia Materana. Un tema interessante che ha già coinvolto numerosi esponenti del mondo della cultura internazionale. Nella sala Levi si sono svolti due dei tre incontri programmati: il primo simposio si è tenuto venerdì 1 febbraio 2013 a Matera per affrontare il tema “Codice e Patrimonio genetico”, il secondo si è svolto venerdì 1 marzo 2013 sul tema “Geocultura ed Energia”. Tanti interventi, tanti contributi ma ancora una volta la città di Matera preferisce applicare il vecchio adagio “Nemo profeta in patria”.
E’ di qualche ora fa la notizia che Pietro Laureano, l’autore del dossier che ha candidato la città Matera all’inserimento nella lista di patrimoni mondiali tutelati dall’Unesco nel 1993 e componente del comitato scientifico per la candidatura a capitale europea della cultura nel 2019, ha tenuto due conferenze negli Stati Uniti, in particolare una all’Istituto italiano di cultura a New York dove ha proposto una relazione sul tema “I Sassi di Matera: il labirinto armonico della città lenta” e un’altra a Filadelfia, presso la prestigiosa Università di Pennsylvania, nell’ambito del corso di laurea in “Historic preservation / School of design” dove ha presentato un intervento sul tema “I Sassi di Matera: la persistenza della preistoria per la città del futuro. Bene. Ma qualcuno dovrebbe anche sapere che prima di Laureano è stato proprio il poliedrico artista materano Franco Di Pede a suggerire l’inserimento di Matera tra i siti Unesco nel 1984, consegnando al Commissario Prefettizio Giuseppe Maiullari la lettera per candidare i Sassi di Matera a questo prestigioso riconoscimento. E sempre Di Pede il 6 dicembre 1981 presentava a New York all’interno dell’Istituto italiano di cultura una mostra su Sassi di Matera per spiegare “come agisce e reagisce culturalmente una città come Matera”. A quell’incontro partecipava il presidente del Consiglio regionale della Basilicata dell’epoca, Giuseppe Guarino e un delegato dell’ONU, il Ministro della guerra Gustave Brainer, che aveva avuto la possibilità di visitare Matera nel periodo in cui si applicava il piano Marshall. Franco Di Pede è stato anche a Filadelfia per esporre le sue opere fotografiche all’interno del Museum Memorial della città statunitense. Franco Di Pede ha anticipato Pietro Laureano di 32 anni ma i nostri amministratori non si sono preoccupati di coinvolgerlo in queste iniziative che intendono rafforzare e sostenere la candidatura di Matera a capitale europea della cultura nel 2019. Un vero peccato. Anche perchè Di Pede se fosse stato coinvolto avrebbe fatto notare a chi ha impaginato il testo “Matera: i Sassi e il Parco delle chiese rupestri. Verso il piano di gestione del sito Unesco. Bozza del piano di gestione” che una delle due foto in bianco e nero che mostra un gruppo di persone in posa su una scalinata non si riferisce ad un vicinato dei Sassi di Matera ma ad un centro della Calabria.
Ma Di Pede aggiunge: “Ho notato che nel testo si fa riferimento al patrimonio storico e religioso rappresentato dalle chiese rupestri ma nessuno si è ricordato di inserire la chiesa della Scordata e la chiesa di San Salvatore a Timmari. Inoltre ritengo doveroso far notare che nel volume è riservato uno spazio piuttosto limitato alla lavorazione del tufo, materiale che rappresenta da sempre il punto di riferimento per i nostri artigiani e che ho cercato di valorizzare attraverso numerose opere e installazioni che hanno fatto il giro del mondo. In questa pubblicazione si preferisce invece dare risalto al cucù, che ovviamente non è un prodotto tipico della tradizione materana. C’è da dire anche che mi aspettavo una citazione per lo studio Arti Visive, che in cinquant’anni ho guidato con l’obiettivo di valorizzare il nostro patrimonio attraverso una serie di pubblicazioni e mostre internazionali, da Tokyo a New York, da Stoccarda a Sidney, da Toronto a Strasburgo. Tra i volumi più significativi ricordo Sassi e Secoli, pubblicato nel 1966, L’album di famiglia: 100 anni di vita materana”, pubblicato nel 1978, La cultura dei Sassi, pubblicato nel 1992, Matera Italia e ritorno, pubblicato nel 2012. Si tratta di opere editoriali che hanno indagato dal punto di vista antropologico sulla storia dei Sassi di Matera, del vicinato e della dignità del popolo materano, che ha saputo riscattarsi dal titolo di vergogna nazionale e oggi si candida a capitale europea della cultura nel 2019. Ricordo anche che qualche mese fa la docente dell’Università degli Studi della Basilicata, Maria Adelaide Cuozzo, ha chiesto alla studentessa universitaria Valentina Giannossi di Avigliano di realizzare una tesi sull’opera realizzata dal Centro Studi Arti Visive da me diretto”.
Matera ha sicuramente le potenzialità per ambire a questo riconoscimento ma dovrebbe valorizzare anche le sue risorse umane e tra queste crediamo che Franco Di Pede rappresenti un pezzo di cultura, quello con la C maiuscola da tutelare e coinvolgere in questa fase importante per le sorti del nostro territorio. A patto che si voglia davvero promuovere la città di Matera e non gli interessi di un ristretto numero di operatori.
Michele Capolupo
Nella fotogallery Franco Di Pede nei pressi della sede storica dello studio Arti Visive in via delle Beccherie a Matera, l’ultima pubblicazione del Comune di Matera per i simposi dedicati al dibattito sulla valorizzazione dei Sassi di Matera con la foto contestata da Franco Di Pede e la copertina de “La cultura dei Sassi”, una delle pubblicazioni di Franco Di Pede.
grazie al dottor di pede, per questa testimonia,pensavo di essere il solo a constatare della mediocrità del piano di gestione, della presa in giro dei simpiosi, quando le vere anime che amano i sassi, che li hanno vissuto e salvaguardati, quando non c’era nulla da prendere, ma solo da dare, non sono stati nemmeno interpellati o coinvolti.
Caro Franco,
sono d’accordo con te, anche perché, più di una volta, ho preso posizione su questi punti:
· l’eccessivo costo dell’operazione 2019 (800.000 euro finora) che toglie aiuti alla cultura locale, la quale è pur sempre quella che, tra grandi sacrifici e per mille rivoli, opera sul territorio, arrivando anche là dove non si arriva con i meetings ;
· perché, finita l’ubriacatura 2019, gli esterni voleranno via e a far cultura rimarrà l’operatore locale;
· perché l’operatore locale, se debitamente cointeressato e debitamente coinvolto, messo a contatto con l’esterno, che abbia funzione trainante, si confronta e cresce;
· perché bisogna liberarsi della convinzione che il meglio sta sempre fuori, tipico atteggiamento provinciale, e materano in particolare, naturalmente portato, per poca autostima, a fidarsi solo di ciò che viene da lontano .
Ricordo, caro Franco, che questo era anche il cruccio dell’amato (fuori) Ginetto Guerricchio. La colpa, però – bisogna dirlo -, è pur anche degli operatori culturali materani, ognuno, spesso, contento del favore che, di tanto in tanto, tra una supplica e l’altra, riesce a strappare al protettore del momento (dando, con ciò, cattivo esempio e, ancor di più, tradendo la sua funzione culturale).
Un affettuoso saluto.
Tuo
Giovanni
i peccati dell’oligarchia al potere smascherati nuovamente…grazie prof. Di Pede
Caro Franco,
E’ molto importante avere queste testimonianze di amore per la nostra città manifestate “in tempi non sospetti!”. E’ ancora più triste che le nostre eccellenze nel momento che c’è uno snodo per fare un salto di qualità, queste eccellenze vengono volutamente trascurate se non messe brutalmente a tacere per far posto a lanzachinecchi e barbari la cui barbaria è pari solo alla loro avidità di denaro!
con affetto
Franco
Caro sig. Di pede viviamo in questa città “LA VERA CULTURA NARCISISTA”
Occorre superare la concezione di cultura come manifestazione, spettacolo, festival a cui sembrano puntare le attuali classi dirigenti convinti di attrarre rapidamente turismo e mettere in moto un’economia di superficie (le superfici direttamente collegate ai progetti).
Gli operatori locali sono in grado autonomamente di produrre ricchezza (non solo economica) se vengono messi nelle condizioni di esprimersi attraverso formazione e maturazione personale. Siamo per una cultura che sia ricerca, studio, senso di comunità e realizzazione attraverso il lavoro. Gli “eventi” lasciamoli al caso come é sempre stato.