Giuseppe Coniglio ricorda l’eccidio di Pisticci del 21 aprile 1920, in cui si registrarono due morti e trentadue feriti. Di seguito la nota integrale.
Il muro che costeggia la salita che conduce in rione Terravecchia è stato teatro di sanguinosi fatti il mercoledi del 21 aprile 1920. In questa foto d’epoca ancora si intravedono i fori dei proiettili che provocarono la morte di due persone, affacciate allo stesso. Nel corso di alcune manifestazioni di protesta contro il carovita e la disoccupazione, rimasero uccisi il contadino Vincenzo Glinni e il 40enne Carlo Scazzarriello, fu Pietro, fervente nazionalista, nato a Pisticci il 21 luglio 1879. Era il principale rivale del sindaco repubblicano Alessandro Bruni che aveva ordinato alcuni anni prima, per motivi pretestuosi, la chiusura della sua macelleria, (visibile in foto), nonostante il parere contrario della sottoprefettura, cui Scazzarriello si era rivolto. Secondo Mimmo Franzinelli (Squadristi, Le Scie Mondadori, 2003) la morte avvenne durante gli scontri scoppiati in seguito ad uno sciopero organizzato in piazza Plebiscito. Nel Corriere Milanese del 23 aprile si leggeva che: “A Pisticci vari lavoratori, venuti a conoscenza che l’autorità di P. S. aveva proceduto all’arresto di coloro che si erano recati a minacciare i non aderenti ad uno sciopero, si diressero alla caserma dei carabinieri, chiedendone il rilascio. Cominciò una sassaiola, che ferì il regio commissario Albano, il ten. dei carabinieri e cinque militari. Raggiunti da colpi di arma da fuoco, persero la vita due persone e ferite altre tredici”. E Il Mattino di Napoli aggiungeva che “…mentre i vicecommissari di P. S. Sante e Svolti e il tenente dei carabinieri tentavano di ridurre alla calma i dimostranti è sopraggiunta una colonna di 500 individui che ha cominciato ad inveire contro la forza pubblica…”. Il fascismo inserì poi Scazzarriello nel martirologio ufficiale del Pnf. “Il 21.4.1920, Scazzariello Carlo Rocco, odiato per le sue idee nazionaliste, venne assalito da alcuni antifascisti e colpito alla testa. Morì all’istante, lasciando moglie e cinque figli”. L’eccidio di Pisticci, come fu definito, fu poi oggetto di interpellanza parlamentare. Corradini, sottosegretario agli Interni, evidenziò che a Pisticci c’erano gravi preoccupazioni per la siccità, lavoro, alimentazione, trasferimento di cereali e grano. La popolazione, capeggiata dal Bruni, impedì che un vagone di grano partisse dalla stazione per altri lidi. Per questo si chiedeva l’allontanamento del commissario Albano, aumento della razione mensile della farina, miglioramenti economici agli operai e istituzione di apposite squadre di vigilanza. Alcuni promotori degli scioperi furono arrestati e condotti in carcere ma la folla reclamava la loro liberazione credendo che essi fossero ancora nel comune e mentre una colonna di 150 o 200 persone investì la forza pubblica, e da un muro vicino anche le donne tiravano sassi. Ne scaturì così un conflitto violento, per cui la forza fece uso delle armi con tredici feriti tra i militari e diciannove tra la folla. Per l’on. Pagella a Pisticci “…esisteva un vivo fermento contro il commissario regio Albano, il quale nel 1919 venne allontanato e mandato a Matera. Ma in seguito a pressioni dei signorotti locali, fece ritorno a Pisticci. Nel mese di marzo egli aveva con una sua ordinanza ridotto la razione del grano da 15 a 7 chilogrammi e mezzo al mese, ed era quindi giustificata l’agitazione intrapresa dalla popolazione. La mattina del 21 aprile un gruppo di donne, si recò in piazza Plebiscito reclamando il rilascio di alcuni lavoratori arbitrariamente arrestati mentre il commissario Albano e la cricca locale intendevano vendicarsi di essi che nelle elezioni del 16 novembre non avevano votato nè per la lista di Nitti, nè per quella cosiddetta di opposizione. Pisticci era infatti uno dei pochi paesi che aveva resistito a tutte le pressioni dando la maggioranza dei voti alla lista socialista. È soltanto per questo che si era voluto trarre vendetta contro Pisticci, soffocando nel sangue il suo nobile proletariato”.
Nella foto il rione Terravecchia e e Carlo Scazzarriello