Le comunità materane sono particolarmente devote al culto di questo Santo, considerato il patrono degli animali domestici. A Pisticci anticamente esisteva una Cappellania di S. Maria La Nova, solo in seguito intitolata a S. Antonio Abate, edificata intorno al 1680 dall’arciprete Giuseppe De Juliis. Ormai anziano e malandato, rinunciò all’arcipretura e morì il 5 novembre 1705, sepolto proprio nella cappella da lui fondata, venendo meno alla regola che prescriveva che tutti gli arcipreti dovessero essere sepolti nell’ipogeo in Chiesa Madre. L’attuale tempio fu invece fatto costruire dalla pia donna Anna Giocoli. Sin dai tempi antichi, la festa, unica ed originale, coinvolgeva giovani ed adulti, in un misto di sacro e di profano. I giovani facevano a gara per realizzare la pira su cui collocare un fantocchio che simboleggiava il carnevale, dato poi alle fiamme. Anche a Pisticci, S. Antonio Abate è il protettore degli animali domestici, vincitore del fuoco dell’inferno, tanto da essere pure considerato patrono di fornai e boscaioli e dei lavoratori che in genere hanno a che fare con il fuoco. Una ricorrenza popolare, che, tra il sacro e il profano, coinvolge giovani ed adulti e che si rinnova, unica ed originale, da tempi antichissimi è quella dei Fuochi. Le comunità del Materano sono ancora oggi particolarmente devote al culto di S. Antonio ogni anno, il 17 gennaio, per rinnovare un sentito atto di fede. E’ un culto semplice e dal sapore genuino che si collega alle radici della società contadina, che dagli animali traeva nutrimento e il necessario sostegno per i lavori dei campi. S. Antonio Abate è considerato il protettore degli animali domestici , vincitore del fuoco dell’inferno, patrono dei fornai e boscaioli e di tutti gli artigiani. Molti antichi e suggestivi rituali sono purtroppo oggi scomparsi, ma rimane salda la fede e immutato. A Matera la festa si celebrava davanti alla chiesetta di via dei Fiorentini, mentre a Grottole c’era l’usanza di accompagnare vicino alla chiesa di S. Pietro una scrofa con i porcellini che la comunità era obbligata a nutrire. Alla fine, i ben ingrassato, il maiale veniva “sacrificato” ed il ricavato andava alla Chiesa. A Tricarico, invece, i giovani si mascherano da vacche e tori recandosi alla Chiesa di S. Maria dell’Olivo per la benedizione. Patriarca del Monachesimo, uomo di preghiera e guaritore degli infermi, Antonio era nato nel 250 nel Medio Egitto, sulle rive del Nilo, da nobile famiglia cristiana. Secondo una antica tradizione, avendo sentito in chiesa il brano evangelico “Se volete essere perfetti vendete tutto e seguitemi”, decise di attuarlo e donò ai poveri i suoi beni per ritirarsi nel deserto dove fu tentato dal demonio. Si tramanda pure che sia vissuto 106 anni, amico di S. Atanasio e sostenitore contro gli eretici. Poco prima di morire (17 gennaio 356) raccomandò ai fratelli di vivere come se dovessero morire il giorno stesso. In Oriente ed in Occidente si sviluppò rapidamente il suo culto, probabilmente per la fama di guaritore della peste, delle malattie della pelle e delle varici, ed in particolare, dell’herpes zoster o “Fuoco di S. Antonio”. Nel 1050, le sue reliquie furono trasportate in Francia, nella chiesa di Viennois.
Gen 17