Il pianeta umano.
Per una volta voglio parlare di cose serie.
“Il pianeta umano” è il titolo di un bellissimo libro di due scienziati americani della terra, Simon L, Lewis e Mark A.Maslin.
La loro tesi, supportata da una valanga di dati, di prove e di ragionamenti è questa : la comparsa dell’uomo (Homo Sapiens) sulla terra avvenuta circa 200mila anni fa, ha sconvolto il nostro pianeta a tal punto da portarlo in un nuova epoca geologica battezzata Antropocene, cioè l’epoca dell’uomo. Embè, direte voi, tutto qui? E invece no, perché questo fatto cambia completamente il modo di vedere la storia umana e quindi il destino dell’umanità.
Tanto per inquadrare il problema pensate che la Terra ha circa 4,5 miliardi di anni.
Se rapportiamo la vita della Terra alle 24 ore, allora abbiamo che :
le piante cominciano a diffondersi circa 3,5miliardi di anni fa, cioè verso le 5 e 30 del mattino
i primi animali compaiono circa 541 milioni di anni fa, vale a dire verso le ore 21
l’uomo (Homo Sapiens) compare circa 3 secondi prima della mezzanotte
Capito le proporzioni? Noi siamo gli ultimi arrivati!
Una seconda cosa da tenere presente è il fatto che la Terra, per effetto dello spostamento periodico dell’orbita e dell’asse terrestreè da sempre soggetta a periodi di glaciazione intervallati da periodi interglaciali più caldi, che durano grosso modo 20-30 mila anni.
Ebbene, dicono i due scienziati, la presenza dell’uomo sulla terra ha allungato l’ultimo periodo interglaciale (caldo), ritardando la glaciazione e quindi modificando il percorso geologico naturale del pianeta. Il motivo sta nel fatto che da quando è comparso sulla terra l’uomo, con le sue azioni ha determinato un costante ed inarrestabile aumento dell’anidride carbonica nell’atmosfera, con conseguente continuo anche se impercettibile aumento della temperatura media del globo, che ha ritardato la prossima glaciazione, forse in modo addirittura irreversibile.
Prendiamo intanto coscienza del fatto che il riscaldamento del pianeta dura da 150mila anni; ma all’inizio era impercettibile, mentre negli ultimi decenni ha accelerato vistosamente.
Come è potuto accadere? Per colpa del nostro cervello troppo grosso e troppo sviluppato.
L’uomo nasce come animale predatore-raccoglitore, che si ciba cioè di altri animali o di ciò che riesce a raccogliere dalle piante. Ma grazie al suo cervello grosso l’uomo scopre il fuoco che gli consente di vivere in qualsiasi clima, dandogli la possibilità di spostarsi quasi ovunque ed anche di difendersi dagli altri animali predatori. Poi l’uomo con il suo cervello grosso scopre gli utensili che gli consentono di uccidere più facilmente le prede e poi la ruota, che gli consente di muoversi più velocemente. Tutto questo rende l’uomo un “super predatore”, capace di far fuori qualsiasi altro animale. Non a caso con la comparsa dell’uomo inizia la scomparsa dei grandi mammiferi giganti, che erano preda ambita. Dunque “Homo Sapiens” si diffonde sulla terra e con le sue attività inizia a riscaldare il pianeta. Ma la svolta avviene circa 50mila anni fa, con la scoperta dell’agricoltura, che consente all’uomo di avere più cibo senza bisogno di cacciare. Ma l’agricoltura costringe le persone a rimanere in un luogo, quindi li spinge a fare più figli, per sfamare i quali occorre fare altra agricoltura. Ed ecco che si innesca il ciclo del riscaldamento.
Infatti per fare agricoltura bisogna disboscare, bisogna tagliare certe piante, ripulire il terreno, raccogliere periodicamente. Da un punto di vista globale l’agricoltura è un’attività che fa aumentare la quantità di anidride carbonica nell’aria, perché la vegetazione spontanea, selvaggia e densa consuma più anidride carbonica della vegetazione agricola più rada e non sempre presente.
Quindi con l’agricoltura inizia un lentissimo ed impercettibile riscaldamento globale del pianeta oltre al fatto che l’uomo distrugge alcune specie animali e ne addomestica altre, modificando l’equilibrio naturale della biosfera. Intanto la popolazione umana cresce, lentamente ma cresce senza sosta.
Dopo l’agricoltura il colpevole n°2 del riscaldamento del pianeta è Cristoforo Colombo.
Eh, già, proprio lui, perché vista nell’arco dei secoli, la “scoperta dell’America” o meglio l’arrivo degli europei sul continente americano è la prima “globalizzazione” della storia umana, in quanto consente il rimescolamento di specie vegetali ed animali ed anche di virus e batteri, che hanno bisogno di un vettore per diffondersi.
Pensate che fino a quel momento il continente americano era rimasto isolato dal resto delle terre emerse per oltre dodicimila anni!
Ma l’arrivo di Colombo in America produce un effetto addirittura sul clima terrestre.
Non ci credete? Seguitemi.
Per prima cosa gli europei portano nel continente americano una serie di malattie prima sconosciute in quelle terre, che ammazzano centinaia di migliaia di nativi.
Poi la sete di risorse e di ricchezze fa il resto. Gli europei, in particolare spagnoli e portoghesi, conquistano tutto ciò che è possibile conquistare e dopo qualche decennio si calcola che abbiano ucciso circa 50 milioni di nativi americani. Si tratta di una cifra enorme, talmente grande che in quegli anni nel continente americano è praticamente scomparsa l’agricoltura per mancanza di persone.
Il continente americano, quindi, per oltre un secolo si è “inselvatichito” e dato che la vegetazione selvatica mangia molta più anidride carbonica di quella agricola vi è stato un lento ma costante calo delle temperature medie in tutto il pianeta, tanto è vero che i climatologi hanno dimostrato che la temperatura media più bassa è stata raggiunta nel 1610.
Da allora con lo sviluppo dei commerci, l’aumento della popolazione mondiale e poi la rivoluzione industriale e l’utilizzo dei combustibili fossili (carbone, petrolio, metano, che quando bruciano liberano anidride carbonica) è accaduto che l’anidride carbonica immessa nell’atmosfera terrestre è andata costantemente aumentando, con un’accelerazione sempre più forte negli ultimi decenni, soprattutto dopo la seconda guerra mondiale.
La quantità di anidride carbonica presente in atmosfera è giunta ad un livello tale che il riscaldamento continuerà anche se smettiamo di produrre anidride carbonica. Per fermare il riscaldamento bisognerebbe riuscire a togliere dall’atmosfera una parte dell’anidride carbonica che già c’è, cosa complicatissima e costosissima.
Un metodo naturale esiste e sono le piante. Bisognerebbe piantare milioni e milioni di piante, invece di distruggerle. Per darvi un’idea, pensate che si stima che da quando è comparso l’uomo sulla terra, sono scomparse qualcosa come 3 mila miliardi di piante! Impossibile ripiantarle tutte, anche perché non c’è lo spazio sufficiente, dovendo continuare a fare agricoltura per sfamare 7,5 miliardi di esseri umani che si avviano a diventare oltre 10 miliardi nei prossimi 30-40 anni.
Comunque, noi mettiamoci in testa di piantare quanti più alberi è possibile, che male non fa.
Come ne usciamo, se ne usciamo? Difficile dirlo. I governi, i politici, le persone pensano a tutto tranne che al futuro del Pianeta (che sembra stare a cuore solo a Papa Francesco). A noi interessano i tatuaggi, gli smartphone, le belle macchine, i vestiti firmati, l’aria condizionata, i pranzi luculliani e così via. Il futuro non è roba che si mangia.
Chissà, forse il grande sviluppo della scienza e della tecnologia ci aiuterà.
C’è chi, oltre a piantare milioni di alberi, propone un paio di soluzioni drastiche.
La prima sarebbe un “reddito universale” da dare a tutti, in modo da ridurre la necessità di lavorare intensamente per vivere, riducendo così i consumi globali di energia e quindi l’anidride carbonica.
Un’altra idea è quella del fifty-fifty, cioè stabilire a livello globale che l’uomo utilizza per se solo metà della superficie terrestre lasciando l’altra metà alla “natura” che così può riprendersi da sola.
Grandi idee, forse difficili da realizzare, ma intanto parliamone.
E soprattutto rendiamoci conto che noi, genere umano, siamo finiti con il diventare una “forza della natura”, capace di modificare il corso di vita del pianeta.
Se ne prendiamo coscienza, forse sarà più facile trovare le soluzioni che consentano la sopravvivenza del genere umano, che altrimenti potrebbe scomparire in molto meno di un “secondo geologico”.
L’ex sindaco di Ferrandina e ingegnere Leonardo Recchia commenta in una nota l libro “Il pianeta umano”, che racconta la conquista della terra da parte dell’uomo. Di seguito la nota integrale.