Francesco Vespe invita a riflettere i lettori di SassiLive con un documento di carattere teologico-filosofico riferito ad una conferenza tenuta da Padre Barzaghi ed organizzata dalla diocesi di Matera-Irsina.
Alcuni giorni fa si è tenuta la conferenza di Padre Barzaghi su “Intelligenza della fede, credere per capire, sapere per credere”. A parte le originalissime strategie della comunicazione che ha utilizzato e che chi scrive non ha poi tanto gradito, il messaggio trasmesso è stato essenzialmente una riproposizione della sintesi e sutura in chiave tomistica del rapporto fra fede e ragione che l’omonima enciclica di GPII & Benedetto XVI ha saputo trattatare magistralmente. In sostanza Fede e Ragione, Chiesa e Mondo si incontrano sullo stesso terreno del Diritto Naturale che è, vedendolo con gli occhi della fede, la proposta antropologica che il corpo biblico evangelico ha consegnato alla storia dell’uomo. Dal Punto di vista laico invece esso fornisce i postulati sui quali si fondano poi le catene logiche e complesse che la ragione costruisce. Proprio questa piattaforma comune ha reso legittimi sconfinamenti conoscitivi della Ragione nella Fede, con la Fede in grado di fornire principi e valori alla Ragione. Proprio da questo scambio è nata ed ha trovato fondamento la Metafisica. Questo modello filosofico-teologico ha funzionato per secoli proponendo una conciliazione armonica fra Fede e Ragione. Conciliazione che è il retaggio di quel processo di inculturazione della fede che ha arricchito con elementi della filosofia greca-occidentale la religione cristiana. Ma nella religione ebraica, e nello stesso nuovo Testamento, è dato ampio spazio anche ad un Dio che è il “Totalmente Altro”, inconoscibile ed inaccessibile sul quale teologi protestanti come Barth e Bultmann hanno a lungo riflettuto. E’ questo un Dio che comanda e fa compiere azioni paradossali che a volte violentano la stessa natura dell’uomo. Esige imprese “impossibili ai suoi profeti. Ad Abramo chiede di lasciare tutto e partire per l’ignoto: una terra promessa mai vista e mai desiderata; oppure di sacrificare il proprio figlio. A Mose di accompagnare il suo popolo verso la terra promessa riscattandolo dalla schiavitù infliggendo al suo popolo 40 anni il durissimo deserto del Sinai. Per non parlare del vangelo che propone una morale tutt’altro che conciliata con il diritto naturale. Basti pensare al porgi “l’altra guancia”, oppure alla parabola del “figliol prodigo” che sfuggono ai nostri pur giusti canoni di giustizia e di ragionevolezza (ancora sono in attesa di una omelia convincente su questa misteriosissima parabola!). Per finire all’esperienza più paradossale e perdente quale quella della Croce che invece è diventata centrale e vincente per la edificazione della Chiesa di Cristo. La storia, pur con le sue violenze, i suoi morti, aveva però tutto sommato permesso di raggiungere progressi morali e scientifici ispirata da questa grande regola aurea tomistica e della metafisica. La rottura di questa armonia fra fede e ragione avviene però nei campi di sterminio della II guerra mondiale come Aushwitz . Campi dove venne esercitato ed inflitto il “Sommo “Male” come l’ha definito Henry Levy. La tragedia insensata e bestiale di milioni di persone mandate a morire negando così ogni Dio ed ogni ragionevolezza umana. Gli eventi storici anche negativi, potevano in qualche modo rispondere ad una logica ed ad una provvidenza divina che si fa strada nella storia. Ma l’olocausto non è iscrivibile all’interno di questa logica. Rompe ogni forma di sintesi metafisica fra ragione e fede al grido di “Dio è morto”! Oggi invece abbiamo un sostanziale rifiuto del diritto naturale all’ombra del prevalere del pessimismo sulla speranza delle società moderne. Abbiamo una tendenza a far prevalere gli elementi storico-culturali che stanno derivando sempre più dal diritto naturale e dai valori che la metafisica confeziona. Dialogare così oggi ricorrendo solo agli strumenti della tomistica si rischia sempre più spesso di avviare un dialogo fra sordi. Al contrario: riscoprire la portata “esistenziale” delle sacre scritture tutt’altro che pacificata con la ragione umana; concentrandoci sull’unica invariante certa ed immutabile che Dio ci ama e vuole salvarci; ritenere assolutamente inessenziale ogni pretesa metafisica di penetrare il mistero rivelato per estrarre da esso verità dogmatiche assolute immutabili, come le speculazioni di impostazione “trascendentale” di K. Rahner, Y. Congar o del nostro I. Mancini hanno cercato di provare; potrebbe permettere invece alla Chiesa di arricchire e rendere più proficuo il dialogo ed il contatto con il mondo! Questa rivoluzione copernicana ci restituirebbe una Chiesa che sempre meno impartisce lezioni al mondo “ex-cathedra” su tutto lo scibile umano, per essere maggiormente e ferocemente dedita a condividere fino in fondo il cammino dell’uomo nella storia. Una Chiesa che asciuga le lacrime dell’uomo quando soffre; che lo trasporta amorevolmente in braccio nei momenti in cui le gambe della sua ragione si fermano; quando intorno si fa buio ed il suo cammino si interrompe. Essere “hic et nunc” pronta a consolare l’uomo nelle sue cadute riscaldando il suo cuore con l’unica certezza possibile: “Dio ci ama e vuole salvarci!”
Francesco Vespe