Dopo la presentazione dei lavori di restauro avvenuta il 26 febbraio scorso la Cattedrale di Matera è stata riaperta ufficialmente al culto con la celebrazione della Santa Messa affidata a Sua Eminenza il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato della Santa Sede, che ha aperto il rito religioso con l’apertura della porta della Misericordia, nota anche come porta di Abramo. Una cerimonia che ha fatto registrare la presenza di tutto il clero della diocesi di Matera-Irsina, attualmente guidato dall’amministratore apostolico Pierdomenico Di Candia in attesa dell’insediamento previsto il prossimo 16 aprile del nuovo Vescovo Antonio Caiazzo e dei Vescovi Salvatore Ligorio, arcivescovo di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo, Agostino Superbo, già arcivescovo del capoluogo di regione oggi in quiescenza, Antonio Ciliberti, già Vescovo della diocesi di Matera-Irsina, Michele Scandiffio, vescovo della diocesi di Tursi-Lagonegro, Giuseppe Favale, vescovo di Conversano-Monopoli e Claudio Maniaco, vescovo di Castellaneta. Il corteo religioso ha raggiunto la chiesa di San Francesco d’Assisi per procedere al rito della vestizione del Cardinale Parolin ed è ritornata in processione verso la Cattedrale in compagnia della banda musicale di Matera “Francesco Paolicelli”.
Prima della Santa Messa il cardinale ha espresso il suo giudizio su Matera e la Cattedrale: “Matera e’ una citta’ particolare, la Cattedrale e’ bellissima anche se c’e’ molta differenza tra l’esterno e l’interno”. Potrebbe tornare a Matera con Papa Francesco? “Io non accompagno il Papa nelle citta’ italiane ma solo nei viaggi internazionali. Consigliero’ comunque al Papa di visitare Matera”.
Il segretario dello Stato Vaticano Pietro Parolin ha quindi presieduto la concelebrazione eucaristica e il rito della dedicazione del nuovo altare per poi attraversare l’intera chiesa con i presbiteri concelebranti, i diaconi e i ministri portando alcuni frammenti di ossa prelevati dalle reliquie di San Giovanni da Matera e Sant’Eustachio da deporre nel sepolcro sotto l’altare. Dopo il rito d’ingresso, Parolin ha bendetto l’acqua per aspergere il popolo in segno di penitenza e in ricordo
del Battesimo, e per aspergere l’altare. La deposizione delle reliquie nel sepolcro sotto l’altare si è svolta la celebrazione eucaristica dopo l’omelia, a seguire la preghiera di dedicazione, la sacra unzione e l’incensazione con il braciere ardente sull’altare. Dopo la copertura dell’altare con la tovaglia, i fiori e la luce delle candele, la celebrazione è proseguita fino alla benedizione finale.
Durante l’omelia Il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato della Santa Sede ha ricordato di aver accolto con piacere l’invito di monsignor Salvatore Ligorio, arcivescovo di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo e metropolita di Basilicata e già arcivescovo di Matera-Irsina, di presiedere la cerimonia eucaristica per la riapertura al culto della cattedrale, per la storia
secolare della città ma, soprattutto, in onore di Maria SS della Bruna, patrona dell’Arcidiocesi di Matera-Irsina alla quale è dedicata la Basilica. Poi ha fatto riferimento all’apertura della porta giubilare della Misercordia voluta da Papa Francesco e ai messaggi che intende trasmettere la parabola del figlio prodigo, il passo del Vangelo scelto per questa emozionante cerimonia eucaristica. Quindi ha sottolineato il patrimonio storico-artistico e religioso di Matera: “E’ un museo a cielo aperto, riconosciuto patrimonio mondiale dell’Umanità dall’Unesco perchè da nove millenni resta intatto l’equilibrio tra l’insediamento umano e l’ecosistema. Matera con i Sassi e le chiese rupestri aveva tutte le caratteristiche per diventare capitale europea della cultura ed infatti ha meritato questo riconoscimento prestigioso”. Quindi ha ricordato le parole di Papa Giovanni Paolo II in occasione della sua visita a Matera avvenuta il 27 aprile 1991. Rivolgendosi ai materani il Papa aveva detto: siete un popolo laborioso, silenzioso, profondamente umano e cristiano e mi auguro che possiate continuare a crescere in questo modo”.
La riapertura al culto avvenuta nel pomeriggio rappresenta un’altra giornata storica per la città di Matera e per l’interna comunità diocesana, che può tornare ad ammirare in tutto il suo splendore la sua Chiesa Madre, la cattedrale in stile romanico pugliese consegnata alla città di Matera nel 1230 e che oggi viene restituita al culto dopo 10 anni. Una giornata di festa conclusa con una sorpresa al termine della Santa Messa: sulla facciata della Cattedrale la ditta Pirotecnica Santa Chiara in collaborazione con Antonio Iacovuzzi e il light designer Carlo Iuorno ha offerto uno spettacolo di videomapping in 3d di Luca Silvestri che ha valorizzato gli affreschi delle chiese rupestri della murgia materana e i particolari degli interni della Cattedrale di Matera con gli affreschi, gli altari, le statue e i dipinti come si presentano dopo il restauro.
Michele Capolupo
Di seguito il testo dell’omelia per riapertura al culto della cattedrale di matera
del Cardinale Pietro Parolin.
SE Mons. Antonio Giuseppe Caiazzo, Arcivescovo eletto di Matera-Irsina;
SE Mons. Salvatore Ligorio, Arcivescovo di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo;
Eccellentissimi Arcivescovi e Vescovi;
Rev.do Mons. Pierdomenico Francesco Di Candia, Amministratore Diocesano,
Signor Sindaco,
Distinte Autorità,
Cari sacerdoti, religiosi e religiose,
Cari fratelli e sorelle in Cristo,
Sono lieto di essere qui con voi in occasione della solenne riapertura al culto e della restituzione alla devozione dei fedeli e all’ammirazione dei visitatori di questa splendida cattedrale romanica, dopo la conclusione di una delicata opera di restauro durata 13 anni, seguita ai crolli del 2003. Essa è tornata al suo antico splendore, ulteriormente abbellita dal rinvenimento di due antiche cripte affrescate, risalenti al XII secolo.
Nel portarvi il saluto e la benedizione del Santo Padre Francesco, ringrazio cordialmente SE Mons. Salvatore Ligorio, Pastore di questa Chiesa durante 11 anni, per il gradito invito rivoltomi e esprimo l’augurio più fraterno a SE Mons. Antonio Giuseppe Caiazzo, nuovo Arcivescovo, per una serena e fruttuosa missione. A tutti dico un grande grazie per la calorosa accoglienza riservatami.
La riapertura al culto della Basilica Cattedrale manifesta quanto sia importante per la Chiesa e per l’intera città disporre nuovamente di questo antico tempio, testimone dei principali avvenimenti ecclesiali, luogo della memoria e della celebrazione, dove tante generazioni di fedeli hanno imparato a conoscere, ad amare e a pregare il Signore. Le pietre e i marmi di cui è fatta ci collegano ai primi tempi della comunità cristiana, quando la fede entrò nel tessuto delle nostre città, occupandone pacificamente gli spazi e diventando familiare e facilmente incontrabile nei sacramenti, nelle grandi feste liturgiche, nelle opere di carità e misericordia e negli uomini e donne che, pur in mezzo a tante prove e con i loro limiti umani, si sono fatti discepoli e missionari del Divino Maestro.
La cattedrale, cuore della vita liturgica, è il luogo dove il Vescovo, successore degli Apostoli, esercita la sua autorevole funzione di insegnamento, dove si rende visibile la comunione, la fraternità e l’unità della Chiesa e dove i fedeli percepiscono che la loro Chiesa locale è strettamente unita a quella universale e a quella apostolica. Le sue sono porte di grazia attraverso le quali la nostra umanità si incontra con Dio, dove la terra si affaccia sul Cielo e dove noi, sovente distratti da parole e messaggi profani, ascoltiamo la Parola di Dio, la sua chiamata alla conversione. Qui si entra per amare Dio, di qui si esce per amare gli uomini.
I diversi stili delle cattedrali, i dipinti, i mosaici, attestano che la fede cristiana ha sprigionato una grande energia e creatività ed ha modellato una cultura, uno spazio architettonico e cittadino nel quale le cattedrali sono diventate il centro e l’orizzonte comune, poiché era divenuto centrale ciò che esse rappresentano e simboleggiano: la presenza e la signoria di Cristo.
Questa giornata è resa ancor più gioiosa per l’apertura della “Porta dei Leoni”, quale porta giubilare della misericordia, che il Santo Padre Francesco ha voluto in ogni Diocesi in questo anno santo straordinario. Il Santo Padre, nella Bolla d’Indizione del Giubileo Misericordiae Vultus ha affermato che la misericordia “è la legge fondamentale che abita nel cuore di ogni persona quando guarda con occhi sinceri il fratello che incontra nel cammino della vita … è la via che unisce Dio e l’uomo, perché apre il cuore alla speranza di essere amati per sempre, nonostante il limite del nostro peccato” (n. 2).
Questa porta è segno dell’inesauribile misericordia del Padre che chiama tutti ad incamminarsi in pellegrinaggio verso di essa per lasciare lungo la via la tristezza del peccato e accogliere con gioia il perdono del Padre, che ci corre incontro per donarci una vita nuova e sostenerci nel cammino da compiere.
Approfittiamo volentieri di questa straordinaria occasione per crescere nella fede, per fortificare la speranza, per testimoniare la carità e offrire agli altri quella misericordia che riceviamo dall’Alto.
Tuttavia, affinché le pietre del tempio e la porta giubilare svolgano fino in fondo il loro compito, è necessario compiere un passo forse più difficile del semplice restauro di un edificio. Occorre infatti aprire o riaprire i cuori al Signore, lasciare che Egli vi prenda dimora e restauri ogni cellula del corpo e ogni mozione dello spirito, dove si possono affacciare le crepe della tiepidezza e della delusione o addirittura i crolli della sfiducia, del peccato e della disperazione.
Si tratta di un passo all’apparenza facile, perché dipende da ciascuno di noi, ma che può risultare difficile, perché implica l’allontanamento da atteggiamenti o stili di vita non in sintonia con il Vangelo, che possono non essere avvertiti come tali e trasformarsi in un abito mentale e culturale, che non si ha la forza e il coraggio di mettere in discussione.
È la cattedrale del cuore che, prima di tutto, va restaurata; è la porta santa interiore quella che, più di ogni altra, va spalancata a Cristo, in modo che possa entrare ed aprirci la strada verso una vera novità di vita. Egli è sempre a nostra disposizione per incontrarci, per donarci la sua benedizione e protezione, per illuminare le nostre anime, per irrobustire la nostra intelligenza e volontà, per renderci più buoni e dunque più felici. Egli ci ama senza misura e attende la nostra risposta, come il Padre misericordioso attese il ritorno del figliol prodigo.
Lo abbiamo ascoltato ora nella celebre parabola evangelica lucana. In essa incontriamo tre personaggi, due dei quali si muovono e uno che invece preferisce rimanere fermo. Il figlio prodigo si allontana dal padre, ambisce ad una libertà sciolta dalla relazione con il padre e il fratello, cerca la sua felicità nell’anticipato possesso dell’eredità da dilapidare nei piaceri effimeri e nell’avventura solitaria.
Ma a questo primo movimento di allontanamento ne segue un altro di presa di coscienza realistica della situazione finale che la sua ribellione e il suo stile di vita hanno prodotto. Il figliol prodigo rientra in sé stesso, (cf. Lc 15,17) si alza e ritorna dal padre (cf. Lc 15,20), confessando il suo errore e le sue mancanze. Anche il padre non rimane fermo. Non appena scorge il figlio approssimarsi all’orizzonte, gli corre incontro, gli si getta al collo e lo bacia. E subito dà ordine ai servi perché si faccia festa (cf. Lc 15, 20-24). Solo il figlio maggiore non riesce a far festa, ad essere felice per il ritorno del fratello.
La parabola si presta a molteplici interpretazioni e sfumature, poiché le Scritture, in cui soffia lo Spirito Santo, rimangono sempre nuove e sorgive di ulteriore significato. Tuttavia, possiamo cogliere almeno qualche aspetto che risalta maggiormente.
In primo luogo, questa pagina del Vangelo ci insegna che la felicità non si trova spezzando le relazioni, fuggendo dalle responsabilità, anticipando i tempi, cercando di impadronirsi egoisticamente di qualche bene e di consumarlo nell’isolamento. Ci insegna invece che essa va cercata nella fraternità e nella comunione, nel rispetto delle leggi del Signore dateci per la nostra autentica realizzazione e la nostra vera libertà e non per rinchiuderci in un angusto recinto.
La parabola ci mostra il vero volto del Padre, pronto a reintegrare il figlio che si ravvede dagli errori compiuti. È un Padre che dimentica l’affronto subito, il male compiuto e corre incontro al figlio ritrovato, facendo festa perché “era morto ed è tornato in vita” (Lc.15,32).
Vi è anche un terzo personaggio, buono, lavoratore, tranquillo, che è rimasto sempre con il padre e che trova molto difficile accettare il ritorno del fratello minore e la gioia del padre che organizza una grande festa per questo. Chiama il fratello minore “questo tuo figlio” (Lc 15,30), non volendolo più considerare fratello. Vorrebbe far leva sulla giustizia, ma non comprende la misericordia. Ha difficoltà a perdonare perché non è consapevole di avere anch’egli bisogno di perdono. Forse è giusto e pio, ma le sue motivazioni non sono pure, perché non trova allegria nel vedere il fratello tornare alla vita buona in seno alla famiglia. Vorrebbe che le attenzioni del padre fossero tutte per lui e in tal modo svela che la sua obbedienza, la sua laboriosità e il suo corretto comportamento non erano del tutto disinteressati.
È il pericolo che incombe su chiunque si ritiene giusto e comincia a guardare gli altri con un senso di superiorità che lo rende inflessibile e gli impedisce di partecipare alla festa, perché vorrebbe che essa fosse solo per lui.
Dio invece è inclusivo ed accoglie tutti coloro che ritornano a Lui. Dio, somma perfezione, è “in uscita” verso di noi perché partecipiamo alla sua vita e alla sua felicità. Egli desidera che tutti giungano a conoscerlo e ad amarlo e fa festa per il ritorno di un solo peccatore, perché Egli è gioia che vuole diffondersi, amore senza rancori e senza misura.
Siamo, dunque, chiamati a ringraziare il Signore per la sua bontà e misericordia e ad essere un segno di riconciliazione, se vogliamo che anche a noi venga donata la riconciliazione con Dio.
Mi sia ora permesso concludere con una parola sulla città di Matera, fra le più antiche del mondo e autentico museo a cielo aperto. Essa è famosa per il particolare impianto urbanistico del suo centro storico, riconosciuto nel 1993 “Patrimonio dell’Umanità”. I suoi “Sassi” costituiscono un esempio eccezionale di accurata utilizzazione delle risorse della natura, in cui – come riconosce l’UNESCO – “l’equilibrio tra intervento umano e l’ecosistema mostra una continuità per oltre nove millenni, durante i quali parti dell’insediamento tagliato nella roccia furono gradualmente adattate in rapporto ai bisogni crescenti degli abitanti”.
Le caratteristiche peculiari dei “Sassi” e del Parco delle Chiese rupestri, hanno reso la vostra città meta turistica di prim’ordine e scenario suggestivo di riprese cinematografiche di diversi film di argomento religioso, tra gli anni ’60 e i nostri giorni. Matera possiede dunque tutte le caratteristiche per essere vera capitale europea della cultura, come infatti è stata dichiarata per l’anno 2019.
San Giovanni Paolo II, rivolgendosi alla cittadinanza il 27 aprile 1991, disse: “Siete una popolazione laboriosa, paziente, silenziosa, profondamente umana e cristiana”. Custodite queste preziose qualità e fatene lo strumento migliore in vista di un ulteriore sviluppo.
L’anno giubilare, la riapertura al culto della cattedrale, le bellezze artistiche e le originalità di Matera capitale europea della cultura, vi infondano un rinnovato ottimismo, utile anche ad individuare gli opportuni passi da compiere per uscire da anni di difficoltà economiche che hanno contratto le attività produttive ed accresciuto la disoccupazione.
Matera, fregiata del titolo di “Civitas Mariae” per la profonda devozione popolare alla Madonna venerata con il titolo “della Bruna”, si affidi alla protezione della Beata Vergine Maria e guardi con speranza e fiducia alle sue potenzialità e al suo futuro, per il quale occorre impegnarsi senza riserve, facendo ricorso alla collaborazione e al lavoro di tutti.
La fotogallery della Santa Messa con il Cardinale Pietro Parolin e del videomapping sulla facciata della Chiesa Madre di Matera (foto www.SassiLive.it)