Riceviamo e pubblichiamo la lettera aperta inviata agli architetti-urbanisti da Francesco Paolo Francione sugli interventi di riqualificazione nel borgo La Martella. Su questo argomento l’autore del libro “La Martella, il più bel borgo rurale d’Italia” ha sviluppare alcune riflessioni.
Riqualificare un borgo: lettera aperta agli architetti-urbanisti.
Premessa.
La celebrazione dell’anniversario della nascita di Quaroni (1911), come quella del prossimo sessantesimo dell’inaugurazione del borgo La Martella avvenuta, in presenza del capo del governo Alcide De Gasperi, il 17 maggio 1953, potrebbero essere “ riti ” molto significativi : potrebbero risvegliare la memoria del passato, rinforzare la coesione sociale , accrescere il senso di identità di una città e di un territorio. Devono certamente diventare occasione perché pubblica opinione , amministratori e professionisti competenti possano riprogettare le condizioni di sviluppo culturale e sociale di un borgo famoso per le discussioni che l’hanno da sempre accompagnato e della cui riqualificazione si è ripreso il discorso con fondata volontà di concretizzarlo. Modesto contributo a tale ripresa vorrebbero essere le seguenti riflessioni.
1. Ristrutturare e recuperare un manufatto importante del borgo, quale il cineteatro; dotare di una palestra la scuola primaria; ammodernare le infrastrutture (strade e marciapiedi): sono interventi necessari e da lungo tempo attesi ma non sono assolutamente sufficienti. C’è il rischio, anzi, che si riducano a frammenti di “novità” in un contesto complessivamente degradato che li soffocherebbe. Una buona architettura invita a porre poca fiducia nella costruzione e/o nel recupero di singoli manufatti, nella consapevolezza che essi potranno esprimere il loro più genuino significato nel contesto abitativo in cui vengono collocati.
2. Ampliamento e ammodernamento della rete di servizi sono premessa indispensabile nel progetto di riqualificazione (mediateca,biblioteca, eventuale apertura di una farmacia, campo sportivo, etc.). E’ necessario, però, pianificare anche il corretto recupero di altre strutture di servizio senza le quali il borgo resterebbe impoverito anche rispetto alla presentazione fattane in Parlamento nel 1952. Allora, infatti, veniva decantata la presenza di un presidio di sicurezza sociale, di un ambulatorio medico-sanitario ; di strutture scolastiche di base che erano all’avanguardia per la completezza del percorso che proponevano ( nido, asilo e scuola elementare).In queste strutture era racchiusa l’identità del borgo nonchè il suo carattere di eccellenza e di desiderabilità rispetto al buio dei Sassi che si sperava d’essersi lasciati alle spalle. Orbene, nel piano di riqualificazione che si starebbe avviando, sembra che venga completamente sottaciuta la possibilità di recupero di tali strutture. Eppure, oggi, non si potrebbe neppure concepire un nuovo quartiere senza prevedere simili presidi che, in fin dei conti, costituiscono garanzia minima per favorire lo sviluppo di serene e dignitose condizioni di vita.
3. Un recupero tanto più necessario se si considera che la popolazione del borgo, dopo una inevitabile fase di invecchiamento, ha cominciato a risalire la china, grazie soprattutto alla costruzione del sito residenziale (ecopolis) e alla serie di nuove costruzioni che si sono andate e si vanno progettando e realizzando. Si aggiunga, inoltre, il gran flusso di persone che quotidianamente raggiungono per svariati motivi la zona industriale e che potrebbero trovare oltremodo vantaggioso usufruire dei servizi offerti nel borgo. Che tale, in realtà, non è più poichè la pacifica aria di ruralità è attraversata dalle contraddittorie dinamiche sociali che investono ogni periferia urbana.
Nuovo sito residenziale e Vecchio Borgo, in sostanza, attendono interventi appropriati di carattere urbanistico, sociale e culturale per diventare finalmente “un quartiere”. Progetti mirati dovrebbero puntare a valorizzare le strutture di servizio della nuova area residenziale ( banca, supermercato, ristorante, lavanderia, campi da gioco) ma soprattutto a ridare funzione propria allo spazio che le accoglie: è una “piazza” che potrebbe fungere da polo moderno in” dia-logo” con la piazza del vecchio borgo.
E’ necessario, insomma, trovare un corretto equilibrio tra le esigenze personali e familiari e l’obbligo dell’amministrazione di salvaguardare ciò che rendeva bello un sito abitativo e che garantisce il reciproco rispetto di coloro che lo abitano.
4. La riqualificazione integrale di La Martella richiede che vengano esplicitati gli orientamenti progettuali per una parallela riqualificazione del territorio che lo circonda. E’ indispensabile stimolare lo sviluppo delle attività economiche che si concentrano nella zona industriale, ma è opportuno che non venga compromessa la tranquillità del borgo che è uno dei motivi che lo rendono desiderabile da abitare.
E’ opportuno che vengano approntati provvedimenti per accelerare la cancellazione di quegli interventi che hanno finito per deturpare il borgo e la campagna circostante, ma soprattutto sarebbe necessario impedire che altre offese al buon gusto e al decoro vengano perpetrate.
In questa ottica la riqualificazione integrale del borgo esige che qualcosa si faccia per sollecitare la rapida “riconversione” dei siti industriali abbandonati o dei progetti incompiuti, come la stazione ferroviaria della fantomatica linea Matera – Ferrandina: sono manufatti che abbandonati all’incuria aggravano la violenza fatta alla campagna circostante e potenzialmente favoriscono processi di degenerazione sociale.
5. Riqualificazione territoriale significa che il borgo dovrebbe aspirare a diventare polo centrale di attrazione per le decine di casette e/o ville che gli sono andate sorgendo attorno , dal declivio della zona Paip fino ai piedi delle colline di Igino, di Timmari e di Picciano. La Martella dovrebbe essere considerato, come hanno scritto persone competenti, “ un centro storico inserito in un più vasto paesaggio agrario”. Ciò significa che una politica culturale di ampio respiro dovrebbe ricercare modi per valorizzare non solo il sito archeologico ma tutta la collina di Timmari; dovrebbe incentivare lo scambio culturale e religioso con il santuario di Picciano, in maniera che specialmente i due borghi rurali che stanno a valle vengano più proficuamente coinvolti in progetti di crescita e di coesione sociale; dovrebbe puntare ad ammodernare le strade poderali e provinciali che collegano il borgo all’oasi faunistica di S. Giuliano e alle numerose masserie che si sono “riciclate” in luoghi non solo di accoglienza ma anche di didattica e di apprendimento. E’ un’area, in breve , che andrebbe, difesa e salvaguardata.
Conclusione.
Una tale visione del progetto di riqualificazione del borgo La Martella e del territorio che lo circonda potrebbe apparire utopica e/o ingenua, quasi volesse testardamente rincorrere miti d’altri tempi ( il vicinato dei Sassi, la comunità di Adriano Olivetti, la civiltà contadina di Carlo Levi). Non è così. S’intende,invece, cogliere il nucleo essenziale di quei miti per tradurli in “ideali -guida” per il nostro tempo: il che significa, in sostanza, creare le condizioni perché nel quartiere periferico si sviluppi una buona qualità della vita (buona scuola, servizi efficienti, clima di sicurezza e di legalità) rovesciando in positivo quei fattori negativi che il quartiere periferico in genere trascina con sé. Si vorrebbe poter cantare con De Andrè- ed è anche questo il senso dell’utopia- “ Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori”.
“E’ l’uomo che crea la vita, non sono le case e gli altri edifici”. E’ anche vero,però, che lo “stato fisico” di una casa o di un quartiere racconta comunque storie di integrazione o di emarginazione, di fallimenti o di successo, di legalità o di devianza.
E’, perciò, lodevole quell’ indirizzo politico-amministrativo che preveda anche l’affidamento della gestione dei manufatti recuperati e specialmente, nel nostro caso, del cineteatro, ad operatori culturali che, in armonia con la scuola, il centro parrocchiale e le varie associazioni culturali, potrebbero favorire la crescita complessiva non solo del borgo La Martella, ma di tutta la città di Matera che avrebbe così qualche ragione in più per candidarsi a diventare capitale della cultura in Europa.
Francesco Paolo Francione