La sociologa Antonella Pagano ad “Antropocene” il flash-art-mob- di Roma. Di seguito l’intervista all’autrice materana per SassiLive.
Con l’Opera “Al cuore capriolo” di cui è autrice è stata ospite al flash-art-mob a Roma il 29 settembre. Lei è anche Critico Letterario Internazionale in egida UNESCO, ci vuole dare i suoi punti di vista?
Un significativo flash-art-mob di artisti che si sono chiamati insieme per testimoniare l’accorata attenzione verso il pianeta e il clima. Sono i “Poeti per il Clima”, un gruppo di scrittori, drammaturghi, poeti e pittori impegnati da anni sul fronte della tematica che assume sempre più il carattere di problematica, oltretutto prioritaria in tutte le agende territoriali, dalla cittadina alla regionale, alla nazionale, continentale e planetaria. Lo è addirittura rispetto alla cruenta condizione in cui versano molti paesi funestati dalle tante guerre che ancora imperversano sul nostro pianeta. Ho accettato l’invito come sociologa, a molti anni tempo dal mio intervento sui calanchi con l’Alfabeto di terra, in questo caso sono passata attraverso il ritmo della poesia e del canto perché il messaggio arrivasse ai cuori con forza empatica. Quale critico letterario internazionale direi che abbiamo bisogno di ritrovare tutta la poesia possibile, ne beneficerebbe la vita umana e la vita del pianeta in tutte le sue manifestazioni, inoltre occorre che i poeti recuperino il ruolo di vati e riguadagnino il coraggio della denuncia.
Dunque ha lanciato il suo duplice grido sull’urgenza di intervenire per fermare i mutamenti climatici?
La mia opera poetico-drammaturgico-musicale passa per metafore floreali, l’intento è quello di accarezzare i cuori e ricordare di poter essere caprioli che agilmente vadano incontro alle vette: Al cuore capriolo ha versi in musica che ho cantato e interpretato vestita d’un grande mantello come a farmi prato, distesa erbosa su cui ho cucito decine e decine di fiori, colori, leggerezza di petali ed ho narrato non gridato tutto l’amore per la Terra lasciando che il dolore fosse filtrato dai colori della bellezza.. Ho composto parole e musica del mio Calla bellezza Calla Kalos / canta il canto che il vento orchestrò / Calla bellezza Calla Kalos / canta il canto che il vento suonò. Ho affidato a questo ritornello dolce e ammaliante l’incipit che prenderà poi ad andare incontro ai pensieri versati, versàti come cascatella fresca e versati nel senso di scritti in versi. Un inno accorato dedicato ai fiori di tutti i giardini. Fiori veri, fiori metaforici, gemme e futuri frutti, bambini, animali, fiumi, monti e valli, l’universale abbraccio della bellezza a ciascun uomo. Sillabe e note in onore d’ “Antropocene”, per sublimare l’Antropocene ed epurarlo dalla gratuita malvagità, dalla volgarità, dal brutto gesto, dalla brutta azione.
Perchè “Antropocene”?
L’emblematico titolo-concettuale lo ha pensato e voluto il regista Vittorio Pavoncello con Maria Rita Bassano Ferretti; è il termine con cui il chimico premio Nobel Paul Crutzen volle definire l’era dell’uomo, più significativamente dell’impronta umana sull’ecosistema. Molti dei miei scritti e molti miei riti poetici sono espressione autentica di accorato interesse per l’ambiente sicchè è venuto naturale sposare l’iniziativa e accettare l’invito. Appare superfluo, invece non lo è affatto, dire che oggi più che mai abbiamo preso consapevolezza di quanto l’impronta umana si sia fatta e vada facendosi sempre più insistente, invasiva, pervasiva, pesante e pressante su tutto il pianeta. Direi che val bene la pena spendere anche la retorica, tanto è urgente e inderogabile tornare sui nostri passi e comprendere che la forma di progresso degli ultimi tempi in verità è mortifera.
Il Teatro di Documenti, perché questa location?
Artisti, intellettuali, poeti non avrebbero potuto elevare il loro grido di dolore in un posto altrettanto suggestivo e significativo; siamo stati abbracciati dagli uteri che si avvicendano morbidi dentro il più originale dei teatri al mondo. Il Teatro di Documenti è nato nel cuore dello storico quartiere di Testaccio a Roma, scavato letteralmente nel ventre del famoso Monte dei Cocci. Progettato e costruito da Luciano Damiani, riconosciuto quale massimo scenografo del Novecento, uno dei più innovativi artisti teatrali di tutti i tempi, l’Uomo che ha investito la gran parte della vita per dare corpo ad un teatro che oltre ad essere bellissimo e originalissimo, fosse anche “democratico e popolare”. Un teatro in cui attori e spettatori potessero farsi parte, corpo, dello spettacolo e, insieme, potessero vivere l’unificazione strutturale tra spazio della scena, spazio del pubblico e spazio degli attori, annullamento della tradizionale separazione tra palco e platea, disintegrazione del dualismo dietro le quinte/davanti le quinte. Il succedersi delle sale/uteri, la perfezione dell’acustica, l’eleganza delle linee che disegnano gli spazi in senso verticale e orizzontale fanno di questo teatro il luogo ideale per ogni genere di spettacolo; in questo caso hanno toccato l’apice della loro bellezza lasciando volteggiare la poesia e la drammaturgia. Peraltro, dove lasciare i documenti se non in un luogo che sa vivificarli e sa tutelarli in una dinamica comunicativa costante, perenne e solenne grazie alle sorelle Ceravolo che hanno raccolto, dell’eredità ciclopica del loro Maestro, ogni più piccolo segno mettendone a frutto ogni grande, piccolo e microscopico portato culturale.
Può dedicarci qualche altro frammento della Sua dichiarazione d’amore al pianeta?
Sa, gentilissimo direttore, quel gioiello architettonico, capolavoro di architettura teatrale, ha ospitato in forma perfetta i versi, ero emozionatissima nel percorrere gli uteri avoriati, l’uno sfociante nell’altro e ciascuno con le proprie originali forme; ho cantato con voce a tratti rotta e con tutta l’anima nel nome e nel segno della bellezza, nel nome e nel segno della Terra, pianeta e casa, come vado facendo da anni con i miei cantieri della bellezza. Spero un giorno di poterlo cantare anche nella mia amata Matera luogo che primeggia in preziosità da tutelare.
Mi si faceva credere d’esser paglia di grano
che ha già dato pane
ma il cuore ha intelligenza antica!
Sapeva…e sa
correva e corre
lungo tutti i possibili orizzonti
a urlare la vita a spargere parole belle
lungo spiagge sussurranti
sui pini sugli ulivi sui paterni mandorli
c’ogni mandorla è prezioso scrigno di parole nuove.
Io amo la vita, urlavooo!
Io amo la vita, urlo!
Amo ogni chicco di grano ogni fagiuolo
cece lenticchia e gocciola di pioggia
chicco d’uva e di grandine
e ogni foglia stelo ramo e radice… amo.
*
M’inchino ai fiori di tutti i giardini
del mondo le gemme dei cuori le rime
dell’amore la regalìa preziosa
della vita la splendida rosa.
Nacqui tra i rovi su petali di rosolacce
studiai al bosco e al piano
feci master al mare l’opera delle opere
che unisce l’uomo all’Altro oltre il cielo.
Vivooo! Colgo gli orizzontiii!
Calla bellezza Calla kalòs canta il canto che il vento orchestrò
Calla bellezza Calla kalòs canta il canto che il vento suonò!
Antonella Pagano