Per la rubrica “La storia siamo noi” lo storico materano Nino Vinciguerra ripercorre la regolamentazione delle sepolture in Italia con una nota storica sul cimitero di Matera. Di seguito la nota integrale.
Dal 1841 il cimitero a Matera. La Spagnola.
La commemorazione dei Defunti è un atto doveroso, un momento di riflessione che ci avvicina ai nostri cari. Totòpur con la comicità ha mandato, tra le righe e non, sempre messaggi che tradotti nella vita di tutti i giorni diventano strade maestre. Per cui, pensando alla sua “A livella”, sarebbe bene guardare oltre le negatività, oltre le invidie, oltre le cattiverie, le furberie, gli egoismi mirando a costruire, a fare autostrade, ad abbattere muri, a costruire ponti. Per i defunti sino al 1804 non c’erano vere e proprie regolamentazioni;solitamente nobili ericchi trovavano il posto eterno nelle chiese. L’Editto di Saint Cloud, emanato da Napoleone il 12 giugno 1804, raccolse organicamente tutte le precedenti e frammentarie norme sui cimiteri. Le finalità dell’editto erano due. La prima era igienico-sanitaria: si rendeva necessario evitare di continuare a stipare i corpi dei defunti nelle chiese e la conseguente diffusione di orrendi olezzi e malattie. La seconda finalità era invece di tipo ideologico-politico: le tombe dovevano essere tutte uguali tra loro, nel rispetto del principio rivoluzionario di uguaglianza (ovviamente però fu consentito ai personaggi o alle famiglie illustri di avere in concessione dei terreni su cui costruire il loro sepolcro con monumento commemorativo annesso). L’editto di Saint-Cloud si suddivideva in cinque titoli:
1. Delle sepolture e dei luoghi a loro dedicati. Si specificava il divieto di seppellire all’interno degli edifici sacri e dentro le mura delle città; i terreni dedicati alle sepolture dovevano essere situati fuori dalle città, in posizione elevata, a 35-40 metri di distanza dagli abitati, circondati da mura di cinta alte almeno 2 metri. Ogni sepoltura doveva essere individuale e di questa ne venivano date anche le dimensioni della fossa e la distanza tra questa e le altre.
2. Dell’istituzione dei nuovi cimiteri. Tra le altre cose, si precisava che con le nuove costruzioni, i vecchi cimiteri dovevano essere chiusi
3. Della concessione dei terreni. In questo titolo si affermava che potevano essere dati in concessione terreni per l’edificazione di tombe di famiglia, con annessi monumenti e cripte.
4. Della sorveglianza dei luoghi di sepoltura. E’ interessante notare che si prendeva in considerazione la presenza di culti differenti e che perciò all’interno dei cimiteri dovevano esserci settori dedicati con il loro ingresso separato. Si doveva inoltra vigilare affinché si evitasse qualunque atto contrario al rispetto della memoria dei morti.
5. Delle pompe funebri. Si regolavano infine le modalità di trasporto dei defunti, gli ornamenti, eccetera.
L’editto, esteso all’Italia il 5 settembre 1806, ispirò a Ugo Foscolo la stesura del carme “Dei Sepolcri”.
Pur con notevole ritardo rispetto al decreto napoleonico anche i Borbone regolamentarono il tutto; infatti con la legge dell’11 marzo 1817 re Ferdinando I impose ai comuni la costruzione di camposanti in campagna con un Regolamento di diciassette articoli. Gli articoli 1-2 del Regolamento stabiliva:
1. Il seppellimento de’ cadaveri umani ne’ Camposanti dovrà essere fatto per inumazione, ossia interrimento, non già per tumulazione, ossia dentro sepolture. 2. La figura del Camposanto sarà un quadrato, o un parallelogrammo, o almeno la più approssimante a tali figure. Avrà una sola porta d’ingresso chiusa da un forte rastello di ferro, o di legno, così stretto, che gli animali non possano penetrare a traverso esso. Vi sarà costruita una Cappella per esercitarvi gli uffizi religiosi. Accanto alla porta del Camposanto potrà costruirsi ancora una casetta pel sepellitore, qualora le circostanze locali ne facciano sentire la necessità. de’ camposanti sarà cominciata nel corrente anno, e dovrà trovarsi ultimata in tutto il regno per la fine del mille ottocentoventi. La spesa di quest’opera è a carico de’ comuni rispettivi. Gl’Intendenti potranno eccitare i ricchi proprietari, i prelati, il clero e le congregazioni a concorrere con oblazioni volontarie ad accelerare il compimento di un’opera tanto interessante la salute pubblica. Relativamente a Matera, il Copeti (pag. 61 e 62) scriveva che «il Re Ferdinando dispose di non sepelirsi più nelle chiese, ma formarsi in tutti il Camposanto, ed in Matera si fece nel 1841, e alli 9 giugno 1841 venne benedetta dal Cantore e Vicario Volpe con Acqua Santa, ed erba Jssopo, e la Messa cantata la disse l’Arciprete Contini. Il 1° morto a sepelirsi fu a 24 luglio 1841 una figlia del conciapelle Giosuè Covelli ed Angela Plasmati, in nome essa morta Maria Vincenza Covelli. Nella benedizione intervennero tutti li Capitolari, Sindaco, Decurioni e Congregazioni». Come visto quindi, l’apertura del cimitero, il cui progettista fu l’ingegnere tarantino Gaetano De Giorgio, avvenne il 9 giugno 1841 e solennizzato da un discorso del Barone Giambattista Firrao (1804-1849); non c’erano né cappelle né sepolture. Nel periodo 1918/20 Matera non sfuggì al flagello della spagnola, una sorta di peste virulenta, che colpì inesorabilmente soprattutto i più deboli, i bambini e gli anziani. Matera, rispetto alla media nazionale, registrò un’altissima mortalità con 877 decessi. I morti furono seppelliti anonimamente, in fosse comuni, sia per il numero rilevante sia per la insufficienza di personale.