Per la rubrica “La storia siamo noi” lo storico materano Nino Vinciguerra in una nota ricorda il 66° anniversario della scomparsa di Giovanni Battista Schiavone, direttore generale “Nuove Costruzioni Ferroviarie”. Di seguito la nota integrale.
Con lui morì il sogno della Ferrovia dello Stato a Matera.
Giovanni Battista Schiavone, nacque a Matera il 4 settembre 1891 da Enrico, noto avvocato materano e da Lucrezia Ventura. Con non pochi sacrifici (aveva perso il genitore nel 1907) continuò gli studi presso il Liceo Ginnasio “Duni” (fu licenziato senza esami) e, trasferitosi a Roma con il fratello Domenico e sua madre, si iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza laureandosi, nel 1913, con il massimo dei voti. Nel 1915 partecipò con successo al concorso nell’amministrazione del Ministero dei Lavori Pubblici ma, appena iniziò a lavorare, fu chiamato al servizio della Patria, partecipando a operazioni sul Carso, nella guerra contro l’Austria-Ungheria. Al termine del conflitto rientrò in servizio al Ministero dei Lavori Pubblici e fu destinato al Provveditorato alle opere Pubbliche di L’Aquila; Successivamente prestò la sua opera al servizio dell’A.A.S.S. – Azienda Autonoma delle Strade Statali (alla cui istituzione aveva contribuito attivamente). In quest’ente lavorò sino al 1943 perché, non avendo aderito alla Repubblica di Salò, che aveva trasferito al Nord il Ministero dei Lavori Pubblici, il 1° gennaio 1944 fu sospeso dall’incarico. Erano giorni drammatici per l’Italia e per Roma che dopo l’armistizio era occupata dai tedeschi. Furono tempi duri per lui e per la sua famiglia (Carolina Bronzini era la moglie ed Enrico, Luciana, Enzo, Anna ed Ezia i figli). Passata la bufera del nazifascismo, nel 1944, dopo la liberazione di Roma, Schiavone fu richiamato al Ministero dei Lavori Pubblici con l’incarico di Capo della Segreteria del Sottosegretario Gennaro Cassiani per poi diventare il Capo dell’Ufficio Legislativo del Ministro Umberto Tupini. Nel 1947 Schiavone, sempre più apprezzato per umanità e professionalità, divenne Direttore Generale dei Servizi Amministrativi dell’A.N.A.S. (creata in sostituzione dell’A.A.S.S.) e al suo lungo e appassionato studio si deve l’ordinamento giuridico-amministrativo dell’azienda stessa. Il 15 giugno 1954 il Consiglio dei Ministri gli affidò l’ulteriore e prestigioso incarico promuovendolo Direttore Generale per la Piccola Viabilità e delle Nuove Costruzioni Ferroviarie presso il Ministero dei Lavori Pubblici. Sempre attento a tutti i problemi relativi al suo lavoro, non trascurò l’interessamento per la sistemazione della rete stradale della Basilicata fra cui la depolverizzazione della S.S. 7 Appia nel tratto Matera-Potenza, l’allargamento e la correzione della Matera-Metaponto, la costruzione della nuova strada Bari-Matera, della Litoranea Jonica (nel tratto della provincia di Matera) e della Ferrandina-Salandra. Inoltre, diede il suo concreto contributo al Piano Regolatore di Matera adoperandosi affinché il Ministero dei Lavori Pubblici assumesse l’onere della spesa del piano stesso e seguisse con la massima attenzione i lavori. Ma il problema al quale, insieme al fratello Domenico (Senatore), teneva fortemente fu quello della Ferrovia dello Stato a Matera. Nel 1952, dopo un intervento del fratello al Senato, e dopo la sua nomina a Direttore Generale per le Nuove Costruzioni Ferroviarie, sembrava giunto il momento per la soluzione all’annoso problema. Purtroppo Giambattista Schiavone si ammalò; nonostante tutto, non si risparmiò e cercò di accelerare l’iter addirittura costringendo i progettisti a venire più volte a Matera, dove si era ritirato, per discutere con lui. A chi lo invitava a non affaticarsi rispondeva: «Se non riesco ad accelerare la pratica la ferrovia non si fa più». Quasi provava rimorso quando si accorgeva che le speranze si affievolivano perché ci teneva alla sua terra d’origine; l’amore lo dimostrò fino all’ultimo giorno quando, non avendo più la forza di parlare, scrisse su un foglio «ricordatevi sempre della vostra terra». Il 6 gennaio, ormai agli stremi, richiese al suo capezzale la presenza dell’abate Marcello Morelli affinché gli somministrasse il sacramento dell’estrema unzione. Alcuni giorni dopo, nella notte fra il 12 e il 13 gennaio 1955, Giambattista Schiavone, affettuosamente chiamato Titino, fu vinto dall’inesorabile male e, dopo aver dedicato la propria vita all’affetto della famiglia e allo Stato con fedeltà, bontà, umiltà e rigida integrità morale, si spense. La sua scomparsa mise fine alle speranze dei materani di avere la Ferrovia dello Stato. Il giornale “Opinione Sera” (pagina 2) del 18 gennaio 1955, confermandone lo spessore umano, morale e professionale, scrisse che Giovanni Battista Schiavone «fu per sempre di guida a coloro che, attratti dalla sua generosità e dal suo filantropismo, si rivolgevano a Lui, in cerca di consigli e di aiuti. Fu sempre premuroso e si interessò degli affanni e delle preoccupazioni che travagliavano quanti a Lui facevano ricorso. Per quello che gli fu possibile aiutò senza riserve chi gli chiese il suo prezioso intervento».