A nove mesi dal fatidico 2019, anno in cui Matera sarà capitale europea della cultura, arrivano alcune riflessioni “pre-pasquali” dello storico materano Giovanni Caserta. Di seguito la nota integrale inviata alla nostra redazione.
Matera 2019, Giovanni Caserta: “Sic ut pacta fuerunt”.
Preso da un improvviso moto di nostalgia, ma anche di curiosità, posto davanti ad una Pasqua di cui si contano solo le presenze in albergo, avant’ieri sera, giovedì, ho voluto fare, come da ragazzo, il giro dei Sepolcri. Ho trovato alcune chiese chiuse e ho pensato alla crisi delle vocazioni. Ieri sera, venerdì, ho voluto anche raggiungere la chiesa di San Rocco, dalla quale partiva la processione della Addolorata, tutta vestita di nero, che seguiva il “Cristo morto”. Era una processione che, accompagnata da fedeli in gramaglia, mi metteva un gran tristezza, annullando la presenza quasi fissa del sole di primavera, che, finalmente, raggiungeva anche gli angoli più remoti del Sassi.Era la chiesa che, ogni domenica mattina, per diversi anni, frequentavo, parroco padre Marcello Morelli, vice parroco don Raffaele Fontanarosa, coadiuvato da don Tommaso Rondinone. Alle sei del mattino spiegavo la Messa, allora in latino, ai fedeli levatisi presto. Traloro c’erano gli ammalati, discesi in pigiama dall’ospedale, di cui la chiesa era cappella.
Quando ieri sera sono entrato in chiesa, al centro era esposta la Madonna Addolorata e quel “Cristo morto”, tanto venerato dai materani e fatto oggetto di culto spasmodico durante la prima ela seconda guerra mondiale, quando molte mamme avevano i figli in guerra. Mi dicevano che, all’atto dell’armistizio dell’8 settembre 1943, si assisté a vere e proprieformedi isterismo. Mi sedetti nella navata di sinistra, costruita in tempi successivi, a fianco all’unica navata originaria. La panca era quella di una volta, rudimentale, stretta, scomoda, frutto dell’arte di qualche rozzo falegname di un secolo fa. Potevo guardare, al di là del “Cristo morto” e della Madonna Addolorata, le belle tele secentesche che mi stavano di fronte. Alle mie spalle, meno belli, erano altri altari e tele, più recenti. Lessi una lapide, in latino, che ricorda la morte, nel ‘700, del marchese Ottavio Venusio, “pater pauperum”.
Erano evidenti e tristi le tracce del semi-abbandono, per un bene artistico-culturale di grande valore. In origine, nel 1348 (all’epoca della peste del “Decameron” del Boccaccio), fu un tempietto in onore di San Rocco, protettore contro la peste. In età barocca e di Controriforma fu eretta una chiesa, dicui restanoaltari e tele. Fu rifatta nel ‘700 per lo stato di incerta stabilità. Nel 1937 fu rifatta la facciata. Forse a quell’anno risaliva la dura panca su cui ero seduto.
In sacrestia rividi un bellissimo lavabo, con un monito in latino: “Hic manus lavate conscientiam ubique”. “Qui lavate le vostre mani; la coscienza dovunque”). In contrasto con tanta nobiltà sentivoaria di muffae sporcizia. Ad un certo momento, dalle tele e dal “Cristo morto” lo sguardo mi salì al soffitto. Era caduto, affrescato, un pezzo d’intonaco. All’ingresso, nella navata originaria, in alto, a sinistra, una gran macchia di umido arrivava quasi fino a terra. Pensai a quanto di buono e di intelligente, in termini di lavori che restano e resteranno, si era fatto nel 2000, con il Giubileo. Pensai, di contro, alla chiesa di cartone realizzata a gennaio di quest’anno per volontà del Comitato 2019, e costata 200.000 euro. Pensai anche alla festa del volontariato costata 50.000 euro e ai 40.000 euro spesi per la notte bianca.Per fortuna si era riusciti a scongiurare la realizzazione di un Carnevale di altri 200.000 euro, della cui soppressione nessuno si è accorto. Mi fermai a pensare a quante cose si potevano fare di duraturo, a favore di una autentica cultura! Continuai a leggere: “Hic manus lavate, conscientiam ubique”. Però, in compenso,“ut pacta fuerunt”, c’è il nuovo Presidente della Fondazione Matera Basilicata 2019. Mancano solo nove mesi. Il tempo, mi sembra, sufficiente per realizzare il carro della Bruna, destinato, anch’esso, alla distruzione.
Nella foto una “rivisitazione” del nuovo logo di Matera 2019 con Salvatore Adduce travestito da clown e il claim trasformato in Open Circus
Tertium non datur!
Risus abundat in ore stultorum