La città dei Sassi sostiene il progetto italo-tunisino “Salva-Ksour” promosso da due università italiane (Bologna e Reggio Calabria) e dall’Ibla negli anni ‘70 e dall’Institut National du Patrimoine di Tunisi e di altri studiosi della Asnaped (Associazione per la salvaguardia della natura e della cultura dell’area di Douiret). Il lavoro svolto dall’Arch. Gianni Perotti, e per altri versi dalla dott.ssa Ida Ossi dell’Università di Bologna ha coinvolto Matera e l’Eni in un progetto in atto denominato “Titan” e in un’iniziativa in corso nell’ambito del programma Enpi-Med di Cooperazione per lo sviluppo nel mediterraneo.
Nei giorni scorsi l’assessore comunale alla Cultura e Turismo, Cornelio Bergantino, ha partecipato a una missione in Tunisia, nel distretto di Tataouine, insieme a tutti gli altri partner del progetto.
Un network che a vario titolo sostiene lo sviluppo dell’area, anche attraverso l’iscrizione nella lista dell’Unesco dei ksour (granai) tunisini come patrimonio mondiale dell’umanità contando sull’appoggio scientifico dello studioso materano, consulente Onu, Pietro Laureano che si è tenuto in contatto con la delegazione aggiornando le sue informazioni sul percorso della candidatura.
“Nei colloqui – afferma l’assessore Bergantino – è emerso un clima di rinnovata fiducia nel futuro e questo è già un primo grande risultato della “Rivoluzione dei Gelsomini”. Ho potuto verificare – continua Bergantino – quanto questo clima stia attraversando in profondità la società civile della Tunisia a partire da quella più svantaggiata del Sud. Dietro il nome apparentemente rassicurante di “Rivoluzione dei Gelsomini” si cela uno degli eventi più importanti e significativi degli ultimi decenni, un evento che può essere definito epocale, per i radicali mutamenti che ha messo in moto non solo negli assetti geopolitici nordafricani, ma, soprattutto nella nuova speranza accesa nel cuore del popolo tunisino che è all’opera per aprire una nuova fase per il rinnovamento democratico, civile ed economico del paese. Una storia che, nonostante il regime di Ben Ali, ha continuato a coltivare “il giardino segreto delle libertà”.
Per l’assessore Bergantino, “il progetto “Salva-Ksour” per il recupero architettonico, funzionale ed ambientale degli antichi granai fortificati della Regione Sud-Ovest della Tunisia (Tataouine) assume il significato di una battaglia culturale per l’affermazione della libertà e della identità berbera e della Tunisia come paese arabo mussulmano e non islamico. Questo aspetto risulta particolarmente importante nel momento in cui si ridefinisce la carta costituzionale della Tunisia”.
L’obiettivo del Progetto italo-tunisino “Salva-Ksour” è, infatti, la valorizzazione degli antichi ksour della Regione di Tataouine che sono rimasti fuori dai circuiti più frequentati dai viaggiatori e dai turisti. Questi numerosi ed imponenti edifici (circa 150) sono situati per la gran parte in luoghi isolati ma altamente suggestivi e particolarmente ricchi di potenzialità (resorts, fattorie, campus, centri-benessere, basi per escursionismo ambientale e archeologico).
All’interno della linea costiera, non distanti dall’isola di Gerba e collegati alla città di Tataouine, Medenine e Ben Guerdane da vie secondarie, molti di essi si trovano attualmente in stato di grave abbandono e in situazioni strutturali molto precarie.
Oggi, come sostiene l’arch. Perotti, consulente Unesco questi testimoni di un passato intriso di storia, magnifiche emergenze architettoniche, abitatori solitari dei grandi spazi del Sud-Est tunisino, gli ksour reclamano una nuova ragione di vita anche come simbolo di riscatto di un’antica civiltà, quella berbera.
Momigliano sosteneva che: “La continuità etnografica nell’Africa del Nord è anche continuità storica. Nonostante la lunga e pesante dominazione romana, l’ordinamento tribale si è conservato fino ad oggi ed è stato il vero mediatore di questa continuità”. Benchè Momigliano parlasse nel 1935, ancora oggi, possiamo ritenere valida questa intuizione, anche se i margini di questa resistenza si sono fatti sempre più ristretti. Il termine imazighen (amazigh al singolare) con il quale si identificano queste popolazioni, ha assunto nel tempo il significato di “uomini liberi” (dal dossier di candidatura Unesco).
“In questo senso la richiesta di gemellaggio con Matera – continua Bergantino – che parte dalla comunità di Tataouine ha il significato del riscatto di un’epoca, di sottovalutazione delle potenzialità territoriale da parte delle autorità centrali. E simboleggia la speranza in un futuro di pace, di sviluppo e di libertà. Infine, appaiono evidenti le ampie opportunità per il nostro territorio di una collaborazione anche economica perché le materie prime presenti in quella zona vanno dal silicio ai datteri con opportunità di sviluppo per le nostre aziende nei settori delle fonti rinnovabili e nella messa a punto delle tante potenzialità presenti nella dieta mediterranea, patrimonio Unesco”.
La fotogallery relativa alla visita dell’assesssore alla cultura Bergantino alla comunità di Tataouine
No comment…
Se non si sposta il mercato del sabato, ci sarà la Rivoluzione dei “Sangiacomini” altro che “Gelsomimi”,
buffoni perditempo!
Finora questi gemellaggi hanno giovato solo ad alcuni amministratori che che si sono fatti un distensivo giro turistico a spese della comunità. Vedremo se questo ulteriore gemellaggio darà qualche frutto diverso