“La colonscopia operativa”. E’ il tema scelto dal dottor Nicola D’Imperio, gastroenterologo materano di chiara fama, per il 106° appuntamento del nostro studio medico virtuale all’interno di SassiLive. La rubrica si ferma nel mese di agosto e riparte come di consueto a settembre.
La colonscopia permette, come la gastroscopia, di fare non solo diagnosi ma anche di migliorare ulteriormente quest’ultima e consente, in alcuni casi, di fare anche terapia.
La biopsia è uno strumento per migliorare ulteriormente la diagnosi, viene effettuata a discrezione del medico esecutore della colonscopia, ma in alcuni casi, come per la diagnosi di un tumore, oppure per la prima diagnosi di rettocolite ulcerosa, o malattia di Crohn, è quasi sempre necessaria. Se il paziente ha dei difetti di coagulazione oppure esegue terapia anticoagulante, questa, prima di eseguire una colonscopia, proprio per la possibilità di dovere eseguire anche delle biopsie e quindi per evitare dei sanguinamenti successivi, vafatta sospendere nei 7 giorni precedenti ed eventualmente sostituita da eparina a basso peso molecolare come il Clexane. Si esegue con delle micropinze inserite attraverso un apposito canale operatore dello strumento, il campione prelevato viene così inviato al laboratorio di Anatomia Patologica per l’esame al microscopio, detto esame istologico.
Un altro metodo utile per ulteriore definizione diagnostica è la cromoendoscopia che consiste nel nebulizzare sulla parete del colon un colorante , come liquido di Lugol, indaco carminio, o cristal violetto, oppure illuminare con luce colorata; questo permette, in alcuni casi , di evidenziare meglio le aree patologiche e quindi di fare delle biopsie più mirate.
Nel colon, essendo il viscere lungo in media 150 cm, è necessario in alcuni casi marcare un determinato punto, come, ad esempio, quello dove era un polipo che all’esame istologico è risultato essere degenerato, questo per permettere o un più facile riconoscimento della lesione alle successive colonscopie di controllo, se la polipectomia endoscopica è stata sufficiente, oppure serve al chirurgo (nel caso sia indicato un intervento) che riconosce più facilmente il segmento da asportare. Questo metodo viene definito tatuaggio, perché si inietta nella parete del colon, con un apposito ago introdotto nel canale operativo, un liquido colorato (in genere si tratta di inchiostro di china o di microsferule di carbone) che marca in modo indelebile il punto di colon interessato.
L’intervento endoscopico più noto è sicuramente la polipectomia, cioè l’asportazione di un polipo che, è riconosciuto essere il precursore del cancro del colon. Il polipo può essere asportato sia quando ha un peduncolo (come il picciolo di una ciliegia), che quando si adagia piatto sulla parete interna del colon, chiamata mucosa, in tal caso si definisce sessile. Nel polipo peduncolato l’asportazione è più semplice e meno rischiosa perché lo si accalappia con speciali anse collegate ad un bisturi elettrico, si dà una scarica elettrica e il polipo salta. Nel polipo sessile le cose sono un po’ più complicate perché, per evitare danni alla parete, e quindi la perforazione, è necessario sollevarlo iniettando nello strato sotto la mucosa una sostanza liquida, o gel, in genere colorata e mescolata con una sostanza emostatica, che lo solleva, lo allontana dagli altri strati della parete e quindi è più facile da accalappiare con l’ansa e il danno del bisturi elettrico sulla parete è inferiore perché il polipo viene allontanato dagli strati più profondi.Questa variante della polipectomia viene chiamata mucosectomia, in quanto insieme al polipo viene asportata anche una parte della mucosa, si chiama anche “lift and cut” e ciò rende bene la tecnica e il significato dell’intervento endoscopico. I rischi della polipectomia sono l’emorragia e la perforazione, però le complicazioni intervengono, statisticamente, solo nello 0,5-1 % dei casi, ovviamente più grosso è il polipo e più le complicazioni aumentano, ma sono sempre notevolmente inferiori a quelle di un intervento chirurgico. I polipi sino a 7-8 mm. possono essere asportati nel corso della prima colonscopia, pur senza avere gli esami della coagulazione e senza stand by chirurgico e osservazione, quelli superiori a queste dimensioni è prudente che vengano asportati non solo dopo aver eseguito gli esami della coagulazione, ma anche va programmato uno stand by chirurgico ed osservazione che sarà utile nel caso insorgano delle complicanze. Ovviamente la mucosectomia ha complicanze superiori in quanto la superficie asportata in genere è più vasta di quella del polipo peduncolato. Ovviamente, come per la biopsia, è indicata la sospensione dei farmaci anticoagulanti o la loro sostituzione con Clexane.
Altre metodiche di operatività in corso di colonscopia si applicano più raramente e sono l’emostasi di emorragie, l’asportazione di corpi estranei, le dilatazioni di segmenti stenotici, l’applicazione di protesi al fine della ricanalizzazione palliativa. L’emostasi si può fare o iniettando nelle immediate vicinanze del vaso che sanguina, delle sostanze ad azione vasocostrittrice, oppure può essere meccanica, chiudendo il vaso con particolari clips metalliche. L’asportazione di corpi estranei avviene dal retto, per corpi estranei in genere utilizzati per erotismo. Un tratto stenotico, cioè ristretto, lo può essere per esiti cicatriziali o per tumore e in genere vengono utilizzati dei palloncini di forma allungata che vengono inseriti nella stenosi sgonfi e poi gonfiati progressivamente sino a raggiungere un diametro utile al transito delle feci. Infine, quando è presente un tumore che non può essere operato per metastasi o per età o per i rischi operatori, ecc., nel tumore si può inserire una protesi, cioè un cilindro di rete metallica chiusa le cui maglie, una volta inserita ne tumore, si allargano sino a permettere la canalizzazione e quindi il transito del materiale fecale, che altrimenti potrebbe essere garantito solo da un intervento palliativo di ileo o colonstomia.
Biografia di Nicola d’Imperio
Titoli di carriera
Laureato in medicina e chirurgia nel 1972 con 110 e lode
Specializzato in Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva nel 1978 con 110 e lode
Assistente presso il Servizio di Gastroenterologia dell’ospedale Bellaria di Bologna dal 1974 al 1987
Aiuto presso il Servizio di Gastroenterologia dell’ospedale Bellaria di Bologna dal 1988 al 1998
Primario presso l’UOC di Gastroenterologia dell’ospedale Morgagni di Forlì dal 1998 al 2001
Professore presso la scuola di specialità di Gastroenterologia di Bologna dal 1998 al 2006
Primario presso l’UOC di Gastroenterologia dell’ospedale Maggiore di Bologna dal 2001 al 2012
Libero professionista in Gastroenterologia dal 2013 a tutt’oggi presso la Clinica Villalba di Bologna, la Clinica Anthea e la Clinica Santa Maria di Bari e presso il suo studio a Matera.
Titoli scientifici
Direttore della Rivista Italiana di Gastroenterologia organo ufficiale dell’Associazione Italiana dei Gastroenterologi Ospedalieri
Segretario per l’Emilia Romagna dell’Associazione Italiana dei Gastroenterologi Ospedalieri
Presidente per l’Emilia Romagna della Società Italiana di Endoscopia Digestiva
Presidente della Associazione Italiana Malattie dell’Apparato Digerente
Pubblicazioni scientifiche:su riviste straniere 78 e su riviste italiane 124 libri di gastroenterologia ed endoscopia digestiva 12
Indirizzo sito: www.nicoladimperio.it