A seguito dell’omicidio della studentessa ventiduenne veneta Giulia Cecchettin da parte del suo fidanzato Filippo Turetta, sul quale pende un mandato di arresto europeo, abbiamo chiesto alla psicologa psicoterapeuta materana Cinzia Pavese quali sono le motivazioni che determinano episodi di questo genere, in particolare quelli che riguardano il triste fenomeno del femminicidio in Italia. Di seguito il suo intervento.
E quindi a quanto siamo arrivati prima di chiudere il 2023? Purtroppo non c’è niente di nuovo in questo ultimo caso di cronaca, né per il tipo di relazione tra l’uccisore e la vittima, né per il numero, che dai dati ufficiali risulta essere stabile negli ultimi anni.
Non tutti gli uomini uccidono le donne ma sono sempre gli uomini a uccidere le donne. Il contesto di riflessione risiede nella complessità dell’interazione tra biologia e cultura nelle relazioni affettive e sessuali.
Gli uomini violenti sono esseri preumani: in loro biologicamente dominano tendenze primitive che connettono la sessualità alla sopraffazione e alla dominanza.
E’ compito della cultura e dei singoli individui tendere verso relazioni positive, condivisione e cooperazione; ed è soltanto la capacità di amore paritario e maturo che contraddistingue una relazione sana. Questo un punto fermo da cui partire. Questa la premessa. Ma bisogna prepararsi a questo e essere pronti per potersi cimentare in relazioni sentimentali con molta autoriflessione e consapevolezza perché non è automatico, scontato e facile ma non possiamo continuare a ignorare e a semplificare. A cosa importa oggi commentare che Filippo aveva dei problemi psicologici e forse dei tratti di personalità narcisistica? forse era fragile e insicuro? aveva paura dell’ abbandono? Sono considerazioni che non aiutano a focalizzare il vuoto psicologico esistente. Possiamo ancora andare in giro con degli irrisolti? Possiamo ancora fare affidamento all’ accettazione e alla comprensione di queste condotte comportamentali distruttive? Possiamo ancora raccontarci che è un fatto caratteriale? “Era un po’ chiuso e non parlava molto…. era geloso…. era controllante…. a volte si arrabbiava… i fissava su certe cose… ma in fondo era un bravo ragazzo”. Tutti sono bravi ma non tutti sono sani. E chi non è sano non funziona. E se non funziona succederà qualcosa e ci sarà un problema. Oggi il problema è che ancora una volta un ragazzo non ce l’ha fatta ad evolversi e ad avere una vita con della progettualità come tutti i ragazzi devono averla perché ha prevalso l’aggressività distruttiva. E l’ altro problema è che una giovane vita non c’è più.
Bisogna investire sulla salute mentale personale e di conseguenza sul benessere sociale. Non e’ compito degli amici, delle fidanzate o dei vicini di casa inoltrarsi in diagnosi, consigli e supporto psicologico. La salute mentale è roba seria e esistono dei criteri e dei principi che non possono né essere improvvisati, né confusi, né semplificati. Esistono dei segnali che spesso vengono normalizzati e ridefiniti e dei modi di dire sciocchi quanto allarmanti come “avere un brutto carattere” che invece maschera una educazione emotiva inesistente, una comunicazione scadente, un comportamento solitario, una condotta rigida e una consapevolezza mentale passiva o assente. Dobbiamo essere attenti, critici, osservare e non confondere. Non possiamo continuare a essere superficiali e dobbiamo smettere di interpretare, comprendere, a fare le crocerossine. Scambiamo ancora la prevaricazione per sicurezza? La gelosia per attenzione? L’isolamento per esclusiva? L’imposizione sessuale per amore? Ragazze stiamo attente e parliamone. Chi ha delle problematiche, dei nodi da sciogliere, dei vuoti esistenziali, delle ferite e dei traumi deve chiedere aiuto e chi si trova accanto a questi soggetti deve comprenderne il significato e deve farlo subito, prima di invischiarsi in relazioni sentimentali disfunzionali e pericolose. Su questo bisogna avere dei margini strettissimi. Perché non basta sapere che la giustizia ora farà il suo corso. Certo che lo farà e lo farà al meglio ma ancora una volta non abbiamo salvato i nostri ragazzi. Né Filippo né Giulia.