Il 24 ottobre 1270 si dedicava la Basilica Cattedrale di Matera a Santa Maria d’Episcopio. Lo storico materano Nino Vinciguerra celebra i 750 anni di questa ricorrenza per la rubrica “La storia siamo noi” in esclusiva per SassiLive.
Dopo l’unione aeque principaliter (espressione usata dalla Santa Sede per indicare l’unione di due o più diocesi, quando, per evitare questioni di predominanza, viene loro attribuita pari importanza), della chiesa materana con quella acheruntina, avvenuta nel 1203 con bolla di Papa Innocenzo III (Lotario dei conti di Segni, 176º papa), il discusso Arcivescovo Andrea, primo vescovo delle chiese unite dal 1203 al 1231 e dal 1236 al 1246 circa, volle innalzare un nuovo tempio. Pertanto nel 1230, sulle rovine del vecchio monastero di Sant’Eustachio, fu avviata la costruzione del tempio i cui lavori, affidati alle migliori maestranze locali, terminarono dopo 40 anni, nel 1270. «L’Arcivescovado o Cattedrale […] riceveva il suo compimento nel 1270, come rilevasi dal seguente distico Leonino scolpito sulla porta del Campanile: mille dvcentenvs erat annvs septvagenvs dvm fvit completa domvs spectamine leta.» (Gattini, p.191). L’imponente Duomo, in stile romanico-pugliese a tre navate, fu dedicato a Santa Maria d’Episcopio il 24 ottobre 1270 dall’Arcivescovo Lorenzo. L’interno, rifatto nei secoli XVII e XVIII in stile barocco, è ornato da affreschi di artisti di scuola napoletana e veneta e da una sfarzosa indoratura. Fra i tanti tesori risaltano il coro ligneo opera di Giovanni Tantino di Ariano Irpino (1451-1453), sul cui frontespizio è riportato egregium chorum construnxit arte Johannes Arianensis Tantinus cognomine dictus sub. anno domini m cccc quinquagesimo iii («Nell’anno del Signore 1453 Giovanni da Ariano, detto Tantino, costruì ad arte questo mirabile coro»), il Presepe in pietra (1534) opera di Altobello Persio, e la meravigliosa Cappella dell’Annunziata (1544). Il 24 ottobre 1627 il vescovo Fabrizio Antinori (1622-1630) riconsacrò la Cattedrale dedicandola a Santa Maria della Bruna e a Sant’Eustachio mentre il 2 luglio 1962 Papa Giovanni XXIII, «sentito il parere della sacra Congregazione dei Riti, consapevolmente e ponderatamente, con la pienezza della potestà apostolica», elevò «la Chiesa Cattedrale di Matera alla dignità e all’onore di Basilica MinoreE». Nel Duomo ci sono le spoglie di San Giovanni da Matera (1170-1139) mentre nella Cappella del Presepe (già cappella cimiteriale di San Nicola) sono sepolti Mons. Anselmo Pecci (1368-1950) e Mons. Vincenzo Cavalla (1902-1954). La Cattedrale quindi, condivide da ben 750 anni la storia e la vita della città con i materani a cui è ritornata il 5 marzo 2016 (riconsacrata dal Cardinale Pietro Parolin) dopo oltre 10 anni di chiusura e di restauri.
Nino Vinciguerra
Di seguito l’omelia di Monsignor Pino Caiazzo per i 750 anni della Cattedrale di Matera
24 ottobre 2020
“La festa della casa di preghiera è la festa della comunità. Questo edificio è divenuto la casa del nostro culto. Ma noi stessi siamo ‘casa di Dio” (S. Agostino).
Le parole di Agostino ci aiutano a capire cosa significhi celebrare l’anniversario della dedicazione e consacrazione della nostra Cattedrale. Da 750 anni in questo luogo, attraverso la presenza di innumerevoli fedeli, è stata scritta una parte considerevole della storia della nostra Arcidiocesi e della città di Matera.
Dal fonte battesimale migliaia di nuovi figli sono nati nello Spirito Santo, sono stati confermati nella fede attraverso l’ascolto della Parola, si sono nutriti dell’Eucaristia, hanno mostrato il volto di una fede adulta, camminando dietro la Madonna della Bruna, accompagnati dalla protezione di S. Eustachio, di S. Giovanni da Matera e di altri santi e beati.
Ogni generazione ha lasciato qualcosa, segni che parlano della profondità teologica, spirituale, della bellezza artistica espressa negli affreschi, nelle pale d’altare, nelle statue, nel presepe di Altobello Persio, negli altari marmorei, nelle colonne e capitelli, nei cassettoni del soffitto. Soprattutto nell’immagine di Maria Santissima della Bruna. Tutto parla di Dio e ci rimanda a Dio. E’ linguaggio che dura lungo i secoli e che continua a risuonare come Parola che si è fatta carne e che è venuta ad abitare in mezzo a noi.
In questo Tempio di Dio i battezzati sono cresciuti come figli suoi fino a scoprire di essere il vero Tempio del Signore, abitato dallo Spirito Santo, unito a Cristo unico Tempio di Dio, nel quale tutti adoriamo il Padre in spirito e verità.
La Cattedrale di Matera, posta sul punto più alto della Civita, è stata sempre vista dai fedeli come Chiesa Madre dove recarsi e nello stesso tempo, come madre, incontrare la Madonna della Bruna, che guarda tutti i suoi figli.
Casa di preghiera, di ascolto della Parola, di nutrimento di vita eterna, di grazia di Dio che riveste le nudità umane. Casa tra le case. Dimora fissa che mette in movimento ogni battezzato. E’ l’espressione più alta del popolo di Dio in cammino, in perenne Sinodo per camminare insieme.
“Questo vede la fede, che ha nel cuore l’occhio della pietà religiosa: come si ripongono nei tesori del cielo le opere buone dei fedeli, realizzate con le loro sostanze temporali e terrene. Con esse, anche questi edifici, costruiti per accogliere le assemblee religiose, quando la fede li avrà osservati con l’occhio del corpo, si compiace intimamente di ciò che scorge all’esterno e, dalla luce visibile, riceve di che rallegrarsi della verità invisibile”(S. Agostino, Dai Discorsi, 337, 1. 5 (PL 38, 1475. 1478)
Nella preghiera, detta colletta, che ha introdotto la liturgia della Parola, abbiamo puntualizzato, in riferimento al culto che la nostra Chiesa eleva a Dio uno e Trino in questa Cattedrale, che essa è come la madre di tutte le Chiese della nostra Arcidiocesi, incominciando dalla Concattedrale di Irsina, ed è centro di irradiazione di tutte le comunità parrocchiali, che sono le cellule vive dell’unica Chiesa particolare.
La Cattedrale è il luogo dove si riunisce l’intera Chiesa Diocesana: qui è iniziato il primo Sinodo Diocesano, qui, in questo giorno particolare, si sta definitivamente chiudendo con l’approvazione del documento finale, anche se ufficialmente, sempre qui, l’abbiamo chiuso il 25 gennaio corrente anno.
La Cattedrale svetta come un vessillo che tutti vedono, per indicare ad ognuno che il contenitore c’è per essere riempito dal contenuto, dalle pietre vive che siamo tutti noi battezzati, edificio spirituale, così come S. Pietro ci ha ricordato nella seconda lettura. La bellezza vera della nostra Cattedrale non sono le pietre votive o gli ornamenti, ma i fedeli che con la loro testimonianza, presenza, partecipazione e senso di responsabilità, l’hanno resa e la rendono davvero bella e preziosa. Diversamente risulterebbe un’ala museale da visitare, fotografare, filmare.
Quando si fa esperienza dell’essere Chiesa viva, scoprendo nella diversità ministeriale di essere corpo di Cristo, si rimane uniti a Lui in un continuo cammino sinodale che ha come meta entrare a far parte della Chiesa celeste: desiderio di vita eterna.
Gesù, come a Zaccheo nel Vangelo, ha chiesto, chiede, continuerà a chiedere a ciascuno di noi di entrare nella nostra casa affinché vi abiti la salvezza. Presenza che noi cogliamo in modo concreto e reale nell’Eucaristia che celebriamo e che adoriamo nel tabernacolo, davanti al quale ci prostriamo gustando la sua presenza: vero Dio e vero uomo. E’ proprio nell’Eucaristia, che viviamo la vera esperienza della Chiesa, soprattutto quando, come questa sera, si celebra nella Chiesa Cattedrale. Qui, attraverso di voi, è rappresentato l’intero popolo di Dio che partecipa in modo attivo e pieno, vivendo un’unica preghiera, attorno ad un solo altare, dove il vescovo che presiede è il segno della comunione con il suo presbiterio, i diaconi, i ministri, la comunità diocesana (cf SC, 41).
Una Chiesa in continuo Sinodo sa che il Signore, entrando nella nostra casa, Chiesa domestica, di noi nuovi Zaccheo, nella nostra vita personale e familiare, chiama continuamente a conversione. La Cattedrale va considerata come simbolo della Chiesa che siamo noi tutti e che il profeta Ezechiele presenta con una immagine che condividiamo: luogo vivente da cui scaturisce un fiume di vita che risana ogni essere che tocca e fa germogliare, portando frutto in ogni luogo.
In questo tempo di pandemia sono portato a pensare come sia nella Chiesa che fuori di essa sia in atto un altro tipo di pandemia, acque malate che hanno bisogno di essere risanate. Attorno a ciò che c’è di più sacro, la vita e le relazioni umane, abbiamo creato terreno bruciato, rendendolo arido e abbandonato a se stesso. Il coronavirus, che avrebbe dovuto avere l’effetto di farci sentire più uniti e responsabili, sta rivelando enormi fossati e spaccature scavati nel tempo, ora diventati canyon invalicabili. Gli interessi personali, di facciata, di bandiera, sono espressioni di un egoismo fortemente radicato che manifesta il potere dell’io a danno del servizio, della responsabilità, della fraternità che solo con il noi si può realizzare.
La Cattedrale, nel corso dei secoli, è stata costruita con l’apporto di progetti comuni, artisti vari, maestranze, intrisi di preghiera e sostenuti dalla grazia di Dio. La Chiesa non è il singolo, che si chiami papa, vescovo, sacerdote, laico, ma tutti insieme. Ognuno ha bisogno dell’altro, insieme abbiamo bisogno dell’unico Signore Gesù, che continua a rivelarci il volto misericordioso del Padre in una perenne pentecoste con l’effusione dello Spirito Santo.
La nostra Cattedrale è bella perché in tanti hanno dato il meglio delle loro capacità e messo a disposizione i doni particolari, per il bene dell’intera comunità e per rendere lode al Dio Uno e Trino, cioè relazione, amore, comunione.
Si avverte l’urgenza che il fiume d’acqua che sgorga dalle fondamenta del Tempio del Signore risani il cuore amareggiato e deluso dei nostri giovani che non riescono a vedere un futuro nella nostra amata e bella Basilicata. Invece acque amare hanno contaminato e continuano a infestare la nostra terra, costringendoci a respirare, bere e mangiare ciò che ha il sapore di morte. Il numero di ammalati di cancro è costantemente in aumento. Acque amare che rendono gli animi di mamme e papà esacerbati perché non trovano sostegno per la cura dei propri figli con disabilità. Acque amare che hanno bisogno di essere risanate nella Chiesa, nella politica, nella scuola, nel mondo della sanità.
Le acque che sgorgano dal Tempio del Signore, da questa Cattedrale, non hanno solo un senso simbolico. Chi incontra davvero il Signore incontra i fratelli. Al termine della celebrazione usciremo come un fiume d’acqua viva che si riverserà lungo le strade e stradine della città fino ad arrivare ai nostri paesi. Lungo il percorso incontreremo volti di persone, ascolteremo storie di uomini del nostro tempo, ci piegheremo su malati bisognosi di una carezza, riempiremo i vuoti di tanti giovani e anziani, raccoglieremo e asciugheremo le lacrime di ingiustizia, abbracceremo i corpi di donne maltrattate e sfruttate, ridaremo il sorriso a bambini tristemente violati, stringeremo le mani di famiglie collassate, daremo il nostro tempo a chi non sa più cosa sia il tempo. Acque vive che risanano quelle amare e che devono scorrere con dolcezza, lentamente, con la pazienza di chi sa che i frutti si vedranno col tempo. Importante è irrigare l’aridità della vita.
La nostra Chiesa di Matera-Irsina vuole entrare in questo stile sinodale continuo affinchè l’acqua risanatrice non ristagni guardando sempre al passato ma abbia il coraggio di volgere lo sguardo, con fede adulta, verso orizzonti nuovi di speranza, nonostante la pandemia del Covid-19, nonostante le acque amare che ci circondano.
Nel Prefazio della Dedicazione diremo fra poco: “Tu ci hai dato la gioia di costruirti fra le nostre case una dimora, dove continui a colmare di favori la tua famiglia pellegrina sulla terra e ci offri il segno e lo strumento della nostra unione con te. In questo luogo santo, tu ci edifichi come tempio vivo e raduni e fai crescere come corpo del Signore la tua Chiesa diffusa nel mondo, finché raggiunga la sua pienezza nella visione di pace della città celeste, la santa Gerusalemme”.
Alla Madonna Santissima della Bruna affidiamo questa nostra Chiesa, con lei vogliamo uscire da questa Casa di tutti, per camminare per le strade della vita, mano nella mano, in compagnia dei santi patroni Eustachio, Eufemia, Giovanni da Matera. Così sia.
† Don Pino