Cinquantadue sono le poesie della seconda plaquette “Paesaggio liquido” di Antonella Radogna pubblicata nel 2013 dalla Fondazione Mario Luzi/Editore di Roma.
E’ un libro intenso: le poesie di Antonella sono deliziose come ciliegie e leggendole, una dopo l’altra, regalano una dolcezza estasiata.
Terminato il viaggio nei paesaggi liquidi dell’autrice, mi son chiesto: “Un’ora di buona lettura può bastare per conoscere una persona? O meglio, possiamo in quell’ora scoprire la sua profonda intimità?” La risposta, a suddetta domanda, me l’ha suggerita la stessa autrice nelle pagine 68 e 69 del libro, che mi sono sembrate, rileggendole, le due facce di una stessa medaglia. Rispondo, perciò, “sì” se ripenso alla poesia “Identità” di pagina 69 (la mia preferita) perché leggendola mi sono sentito insieme ad Antonella e agli altri innumerevoli lettori del libro parte di un “unica pluralità”, all’interno della quale dovrebbe emergere, come avviene nelle poesie dell’autrice, la voglia di conoscere, l’uomo a tutto tondo e non l’autoreferenzialità. Caratteristica quest’ultima che non appartiene alla Nostra, ma che negli ultimi anni ha alimentato, purtroppo, un certo disgusto nei confronti della poesia provocando il distacco dal verso.
Rispondo, però, al tempo stesso anche “no” se ripenso alla poesia “Paesaggio liquido” di pagina 68 (che dà il titolo alla plaquette). Il paesaggio è già di per sé qualcosa che evolve e cambia continuamente, l’aggettivo liquido che lo accompagna conferma, forse, la mia risposta negativa: tutto ciò che è liquido non ha forma propria, ma assume di volta in volta la forma del contenitore che lo racchiude. Cambia perciò continuamente come il mondo quando viene guardato “da un finestrino in corsa”; e l’essere umano che “gli infiniti rivoli della vita”conducono nel “sottobosco laddove l’acqua scivola via e si perde nel silenzio del mistero”.
Il non poter rispondere in maniera unicamente positiva non significa affatto dover rinunciare a conoscersi, né tantomeno vuol essere un invito all’isolamento, giustificabile e/o giustificato dall’impossibilità di comunicare. Vuole essere, invece, un invito a non fermarsi alle apparenze e a cercare la “Persona” dietro la “maschera intarsiata di mille pietre preziose”, anche perché credo che sia avvertito da ogni essere umano, sebbene a livelli diversi ed espressi con modalità differenti, quel bisogno di bellezza cui l’autrice fa riferimento nella sua nota introduttiva.
“La scrittura poetica nasce da un’urgenza, un bisogno che non ha nulla di razionale, forse un bisogno di verità che è bisogno di bellezza”; sempre nella nota, l’autrice precisa cosa significa per lei la poesia “un atto straordinario di poiesi, di creazione dall’infinitamente piccolo all’infinitamente grande” reso possibile dal profondo legame che esiste tra il linguaggio metaforico del nostro inconscio e quello poetico.
Nel libro si avverte, a parer mio, un forte bisogno di stare insieme e raccontarsi tutto, non perché ci si senta soli, (la solitudine anzi in alcuni momenti è cercata per ritrovare se stessi) ma perché andando oltre il nostro io andiamo incontro all’altro in una “fraterna accoglienza dell’Universo”e le nostre persone confluiscono “nell’unità dell’Essere”.
In un momento storico come quello attuale dove il paesaggio esteriore non è quasi mai né verde intenso né riposante, il Paesaggio liquido di Antonella Radogna ci invita, con le tante domande che fa nascere in noi, ad ammirare i paesaggi multicolori, che nel bene e nel male, ognuno ha dentro di sé.
Giovanni Di Lena