Pasquale Tucciariello, Centro Studi Leone XIII: “Pandemia e didattica a distanza, che disastro”. Di seguito la nota integrale.
Voler parlare di didattica a distanza (Dad) e dovendone parlare poiché essa ci vede coinvolti tutti in qualche modo (si tratta comunque di un tema che occupa un suo posto singolare nel sistema formativo) coinvolge questioni relative alla privacy ed alla disponibilità di scuole, famiglie e dirigenti che dovrebbero dare autorizzazione per una indagine sul campo ed entro i confini delle singole scuole.
La situazione affettiva e relazionale dei ragazzi varia in base ai diversi ordini di scuola. La Dad non ha lo stesso impatto ed influisce differentemente in base all’età dei ragazzi.
Altra variabile sono i contesti familiari e socio-economici.
E’ evidente che la possibilità di connessioni stabili e di strumenti tecnologici idonei facilita la Dad e rende meno stressante la situazione di apprendimento. E poi vi sono variabili organizzative della scuola e la qualità dell’insegnamento che anche in Dad può fare la differenza, come nella didattica in presenza.
La situazione va osservata in modo sistemico. Se la Dad ha mostrato delle deficienze non è perché intrinsecamente non valida o inappropriata, ma è soprattutto perché scuole e famiglie sono impreparate pedagogicamente ad affrontare situazioni nuove. E vi sono casi abbastanza controversi che a volte creano confusione. In Puglia, il governatore Emiliano ha praticamente avvalorato la scuola on demand, svalorizzando il ruolo istituzionale della scuola e la sua autonomia, facendo scegliere alle famiglie sulla base di esigenze soggettive ed a volte puerili (quali lezioni si vogliono seguire e come seguirle). Si dimentica – clamoroso – che la formazione e l’educazione si fanno essenzialmente in presenza e chi lo decide è la scuola e non i genitori. E’ la scuola che sa come educare al sentimento, come formare le emozioni, quali gli interventi più essenziali in rapporto alle fasce evolutive degli alunni. I genitori andrebbero tenuti a debita distanza dalla scuola, la loro ingerenza è divenuta asfissiante. Tutta colpa della cattiva politica.
Spesso ci si sofferma sull’apparenza delle situazioni per non affrontare il vero problema. E il vero problema dell’apprendimento in Italia è culturale e politico con una deriva in progress da almeno un ventennio. Tale deriva ha creato una generazione di genitori e di figli fragili che non sono in grado di sopportare una nuova situazione di apprendimento e di adattarvisi. E’ auspicabile che la nostra struttura, il centro studi, avvii un dibattito in presenza o on line, e che sulla base delle sue risultanze si proponga un sondaggio alle scuole. I dati del sondaggio potranno essere discussi e confrontati da diversi soggetti competenti, non solo docenti e dirigenti scolastici, ma anche pedagogisti, psicologi e sociologi al fine di trarre alcune fondate considerazioni, compresa quella che la relazione educativa per svilupparsi pienamente ha bisogno sostanzialmente della presenza. Gli aspetti relazionali in campo educativo rimangono fondamentali e parlare di relazioni umane a distanza è contraddizione in termini. Perciò penso che la ministra Azzolino non si farà rimpiangere. Per molti mesi ha scaraventato il mondo scolastico in un sistema diverso senza aver proposto (ed imposto) analisi e discussioni a carattere scientifico al mondo della scuola. Ed anche ora, sarebbe interessante sapere se siano stati avviati luoghi di studio e discussione sul come munirsi nelle forme più appropriate della didattica a distanza nelle scuole per eventi eccezionali come questa pandemia. I docenti, bravi ed oramai esperti nella didattica in presenza, sicuramente non hanno la stessa efficacia di insegnamento in sede di didattica a distanza. Occorre prepararli adeguatamente, occorre fare simulazioni sistematiche, occorre rinnovare esperienze. Insomma, bisogna evitare che situazioni eccezionali come questa debbano trovare impreparati docenti, alunni e genitori.