Il materano Franco Vespe in una note esprime alcune riflessioni religiose legate alla Santa Pasqua in questo particolare momento storico segnato dall’emergenza Coronavirus. Di seguito la nota integrale.
Ci stiamo accingendo a vivere una Pasqua straordinariamente inusuale in un clima da fine del mondo post-atomico. Strade vuote, famiglie rintanate nelle loro case, pattuglie di polizia per le strade che applicano dolorose, quanto necessarie regole d’ingaggio liberticide da Colpo di Stato Sud americano. Chi scrive, come tutte le generazioni che non hanno conosciuto i morsi della guerra, mai avrebbero potuto immaginare di viverne i disagi per pallottole fatte di frammenti di DNA fluttuanti. Proprio la privazione di quelle piccole grandi libertà che credevamo ormai definitivamente acquisite, mi hanno fatto vivere e riflettere con maggiore intensità i riti della Pasqua. Una prima riflessione riguarda la Domenica delle Palme. Non capisco perché in questo giorno di entrata trionfale di Gesù entrato con allegra umiltà sul dorso di una simpatica asina, si debba invece rattristare questa domenica con il racconto della passione. Ricordo da bambino che così non era. Si leggeva proprio il brano festoso dell’entrata in Gerusalemme di Gesù fra la folla esultante. Vorrei che si tornasse a leggerlo per una ragione importante, prima di tutto antropologica. Quella folla festante sarà poi la stessa che lo farà crocifiggere. Sicuramente Gesù non inseguiva gli umori della folla, anzi, spesso la evitava e solo a malincuore si concedeva ad essa. Chi invece cerca di cavalcarla, credendo di poterne rendere permanente i benefici, finisce inevitabilmente di esserne travolto. I tribuni di oggi, alla ricerca di facili consensi, facendo leva su battute demagogiche ad effetto fino a tracimare nel Cabaret, ne sanno qualcosa. Il popolo del Colosseo, come te lo dà lo scettro così te lo toglie. Una seconda riflessione riguarda proprio il fluire della giornata del Venerdì Santo. Protagonista sempre la folla. Quella stessa folla che lo aveva accolto festoso, ora lo condanna con straordinaria ferocia. Ma lo condanna nel modo più umiliante. Non solo lo condanna ma lo preferisce ad un delinquente come Barabba. Eppure il paragone non si dovrebbe proprio porre. Da una parte una vita dedita ad insegnamenti morali e spirituali che poi segnerà la storia dell’umanità. Dall’altra un volgare e rozzo delinquente. Eppure l’impensabile accade. Non solo accade, ma da sempre, in ogni epoca, puntualmente la storia preferisce Barabba. Quante volteèaccaduto. Credevamo che con la Democrazia questo non potesse più accadere o, per lo meno, che potesse ridurre il pericolo di fare scelte sbagliate . I greci pensavano ad una democrazia governata da guerrieri e filosofi; ovvero dai migliori della società. Si confidava che con la democrazia questo potesse accadere. Oggi con la democrazia sondaggistica il governo e nelle mani di coloro che si sintonizzano sul valor medio del sentire comune. Una politica che propone solo cose “facili”che piacciono al popolo del “Grande Fratello” ed ha rinunciato alla sua valenza profetica ed educativa. Promette paesi dei balocchi e, per pigrizia, ha rinunciato da tempo a disegnare rotte temerarie e faticose per raggiungere nuove terre promesse. Per promettere il paese dei balocchi bastano governanti con una cultura da V elementare; mentre rotte temerarie possono essere disegnate solo da chi ha sogni arditi, mette in gioco le sue migliori competenze e, soprattutto, esercità titanicaresponsabilità. Ma oggi questi uomini sono fastidiosi, dileggiati e se esplicitano la loro indignazione morale, per loro si aprono le porte dell’esilio o, finiscono per meritare la fine dei grilli parlanti: bersagliati dalle martellate dei tanti pinocchi!
Una terza riflessione riguarda gli ultimi istanti della vita terrena di Gesù. Finisce con un severo rimprovero a Dio: “Dio mio Dio mio perché mi hai abbandonato? E’ lo stesso rimprovero che gli fa Giona. Lo stesso di Paolo VI ai funerali di Aldo Moro. E’ lo stesso che ognuno di noi gli fa quando sembra che intorno a noi il male ed il dolore prevalga inesorabile. Il Corano ci racconta che , all’ultimo momento, Gesù viene salvato da un angelo. I Protestanti traggono la conclusione che la natura dell’uomo è irredimibile e, di conseguenza, ci si possa salvare solo per fede. Chi scrive invece crede che quel rimprovero Gesù lo abbia proferito con convinzione, forse anche con rabbia! Lo abbia proferito perché al suo figlio, Dio ha chiesto di vivere tutte le fasi della vita dell’uomo, finanche sperimentare il baratro della disperazione. E’ Dio che non chiede all’uomo di penetrare le sue Verità, ma vuole entrare fino in fondo nella natura della sua creatura arrivando a toccarne finanche la disperazione ed il massimo del suo dolore. E’ Dio che si fa educare dal grido del dolore di suo figlio, figlio dell’uomo. Dio con quel grido finisce definitivamente di agire solo secondo giustizia, ma abbia cominciato ad esercitare la sua incondizionata Misericordia per l’uomo. E’ la stessa misericordia che Gesù esercitata nei confronti della donna adultera. E’ la Misericordia che manifesta il Padre nei confronti del figliuol prodigo. Proprio perché attraverso il suo figlio Gesù, ha conosciuto il dolore estremo nell’uomo, Dio non condanna, ma usa misericordia. La cifra del magistero di Francesco è proprio questa. L’augurio è che questa Pasqua di resurrezione faccia scoprire a tutti noi il valore e la forza della misericordia.