Riportiamo di seguito il testo dell’omelia della messa di Pasqua celebrata questa mattina nella Cattedrale di Matera da Monsignor PIno Caiazzo, arcivescovo della Diocesi di Matera-Irsina.
Carissimi, fratelli e sorelle presenti in questa Basilica Cattedrale di Matera e voi tutti che, tramite TRM, ci state seguendo da casa: Χριστός Ανέστη! (Cristòs Anèsti) Cristo è risorto! Era questo il saluto che i primi cristiani si rivolgevano nella notte di Pasqua al termine della grande veglia, saluto al quale si rispondeva: Αληθώς Ανέστη (Aletòs Anèsti) “Veramente è risorto!”
Con queste parole, ancora oggi presenti soprattutto nella liturgia ortodossa, ci immergiamo nel cuore della presente celebrazione: ognuno annuncia all’altro questa bella notizia che ci proietta nel mondo come dardi infuocati d’amore.
Lo Spirito Santo ci faccia sperimentare la gioia per la gloria del Signore risorto. Questo saluto sorpassa di gran lunga il semplice augurio di “Buona Pasqua” che tutti ci scambiamo, anche i non credenti.
Nel brano dell’evangelista Giovanni che abbiamo ascoltato, in pochi versetti, viene ripetuto per ben sette volte il termine “sepolcro”. In greco, per scrivere sepolcro, si usano diversi termini. In questo caso è sempre lo stesso: μνημεῖον (“mnemèion”) che significa ricordo e rimanda al termine ebraico “zikkaròn” che non si traduce con “memoria” ma con “memoriale”. È quanto diciamo dell’Eucaristia. Il memoriale è rendere presente quell’evento, è attualizzarlo per cui noi partecipiamo realmente e direttamente allo stesso modo delle donne e dei discepoli. Ecco perché ci ritroviamo insieme a celebrare la Risurrezione di Gesù, che in questo momento sta segnando la nostra vita al punto da farci vivere in sintonia con quell’evento che si perpetua nel tempo.
Lo scenario nel quale le donne e i discepoli si muovono, o meglio corrono, è quello del lutto, del dolore, della paura. Tutto succede quando era ancora buio. È una corsa che mette ansia e affanno e solo davanti al sepolcro vuoto riescono a ritrovare il respiro. Incomincia a sorgere il sole.
Tutti facciamo l’amara esperienza, quando siamo nel buio della vita, di non riuscire a vedere altro che l’oscurità che disvela burroni di disperazione, fiumi impetuosi di lacrime, crepacci di paura per il futuro, tombe di solitudini e silenzi che inducono alla chiusura. Riesce difficile in certi momenti comprendere l’opera di Dio e confidare in lui.
Ma nessuno può rimanere prigioniero della notte: la luce vince sempre. Non a caso noi diciamo: “sorge il sole”. Il verbo sorgere indica il levarsi, cioè il sole che si leva, che appare all’orizzonte.
Per noi il “Sole che si leva”, che “sorge” è uno solo: Gesù Cristo che illumina sempre il nostro cammino, che irradia fasci di luce per vedere il bene anche dove il buio non lo permette.
Chi cerca la luce nel buio non sarà mai deluso, chi nell’esperienza della tristezza, dell’ingiustizia, della sofferenza e della morte cerca la vita, tornerà a correre con la stessa gioia dell’atleta che, dopo aver vinto la gara, dimentico delle fatiche, continua a correre gioioso nello stadio.
Le restrizioni, i limiti, le rinunce di questo nostro tempo sembrano aver preso il sopravvento. Non riusciamo ancora a vedere la luce in fondo al tunnel. Siamo schiacciati e impauriti da questa pandemia che ci sta tormentando da oltre un anno.
Eppure, in questo buio, tutti stiamo cercando risposte, qualcuno che riempia di luce i vuoti che ci portiamo dentro. I discepoli e le donne cercano Gesù nel sepolcro. Lo cercano nel luogo sbagliato. Infatti quel sepolcro è vuoto. La vita si è alzata e ha ripreso a camminare, facendosi compagna di viaggio per ognuno di noi, precedendoci in Galilea e illuminando continuamente i sentieri, le strade, le valli, gli abissi, le cime dei monti, che ognuno sta percorrendo.
Cristo è risorto! È veramente risorto! Il sepolcro è vuoto! La grossa pietra che sigillava il loculo scavato nella roccia è stata rimossa da Dio e non dagli uomini!
La pandemia giustamente viene curata con il vaccino. Ma c’è un’altra pandemia che ha bisogno di essere debellata attraverso il vaccino dell’amore e della fratellanza. Questo tempo di grande difficoltà e sofferenza ci sta dicendo che la forza della Vita deve ribaltare la morte, facendo rotolare le pietre del peccato che ostacolano l’agire di Dio che vuole il bene di tutti e non di alcuni. Ecco perché ci auguriamo che:
non continui a vincere la logica dei paesi più ricchi a scapito di quelli più poveri. Che i ricchi, approfittando di questa crisi mondiale, non diventino sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. Sappiamo benissimo come le famiglie che bussano alle nostre parrocchie sono più che raddoppiate;
gli usurai ritornino ad essere uomini senza sfruttare la disperazione di chi, piegato dal momento della crisi e del fallimento, si rivolge a loro disperato;
si comprenda che in tutti i campi della vita civile, sociale, imprenditoriale, ecclesiale, ogni forma di litigiosità lasci il posto al desiderio di volere remare insieme verso la stessa direzione per raggiungere l’obiettivo del bene di tutti;
possa circolare abbondantemente la forza dell’amore per guarire lo stile di vita liquido, superficiale, a scapito della collettività;
ogni scelta venga fatta salvaguardando la dignità della persona: le disuguaglianze sociali esprimono il potere di un Nord del mondo che schiaccia il Sud;
si ritorni ad adorare ed accogliere la sacralità della vita dal suo concepimento al suo morire;
si ritorni nelle nostre famiglie a dialogare, a stare insieme, a dedicarsi tempo, mettendo da parte hobby e vincendo la logica della privacy di spazi personali anche all’interno della stessa casa. Non giova a nessuno vivere da separati in casa;
si ritorni a seminare la dolcezza e la fragranza dell’amore anche sulla terra spesso maltrattata e sfruttata: è la nostra casa comune;
si rispetti e si ami la donna come “carne dalla propria carne, sangue dal proprio sangue” e non come oggetto di desiderio, di libidine, proprietà privata, tanto da sfociare in femminicidio;
Cristo è veramente risorto! La Pasqua non è una ricorrenza, un momento celebrativo, una colomba con i canditi oppure un uovo di cioccolato. Pasqua è Gesù Cristo, una persona, il Maestro e Signore che ci sorprende sempre perché ci regala la sua vita e la vita eterna.
Mai come in questo momento possiamo capire che celebrare la Pasqua significa annunciare che la morte è vinta. È tutto vero se saremo capaci di guardare la morte, affrontare il dolore, attraversando tutte le contraddizioni e i qualunquismi ai quali assistiamo quotidianamente.
Gesù in questi giorni non ci ha insegnato a sfuggire la sofferenza, ma ad affrontarla con tutto ciò che comporta: paura, stanchezza, cadute, ribellioni, grida di dolore. Questo tipo di esperienza ci accomuna tutti, nessuno escluso: ricchi, poveri, americani, europei, africani, asiatici. Ma non tutti siamo capaci di dare senso a tutto questo. Non tutti siamo capaci di capire perché i chiodi hanno trafitto le mani e i piedi, e una lancia ha trafitto il costato, o una corona di spine sia stata posta sul capo. Non tutti siamo capaci di capire il perché di insulti, umiliazioni, beffe…
Celebrare la Pasqua di Gesù significa, allora, capire che la nostra carne è lacerata da ciò che chiamiamo peccato e che probabilmente non siamo più in grado di riconoscere. La Pasqua di Gesù Cristo è esattamente vittoria che ci apre nuove prospettive, attraverso la sua infinita misericordia, riconciliandoci con noi stessi, tra di noi e con Dio.
Davanti a noi si apre un mondo nuovo: chiamati ad essere con Dio protagonisti, corresponsabili, capaci di ragionare nella novità della rivelazione di Dio che fa nuove tutte le cose.
Con Don Tonino Bello dico: “Coraggio! Irrompe la Pasqua! È il giorno dei macigni che rotolano via dall’imboccatura dei sepolcri. È il tripudio di una notizia che si temeva non potesse giungere più e che corre di bocca in bocca ricreando rapporti nuovi tra vecchi amici. È la gioia delle apparizioni del Risorto che scatena abbracci nel cenacolo. È la festa degli ex-delusi della vita, nel cui cuore all’improvviso dilaga la speranza. Che sia anche la festa in cui il traboccamento della comunione, venga a lambire le sponde della nostra isola solitaria.”
Carissimi, in questo tempo di grande sofferenza e disagio il Cristo risorto c’impone di portare questo annuncio di speranza e di vittoria. Anche noi come i mandorli e i frutteti in fiore, in questo tempo di primavera, mostriamo con il nostro impegno e senso di responsabilità che tutto si vince; coloriamo l’umanità a festa, lasciamo che il profumo della vita di espanda su tutta la terra.
Sentiamoci vicini a quanti sono nella sofferenza e nella solitudine. Sosteniamo con la nostra preghiera i medici e tutti gli operatori sanitari, i volontari e le forze dell’ordine di ogni grado. Preghiamo per quanti ci governano: il bene di tutti sia sempre al centro del loro impegno politico. Affidiamo alla misericordia di Dio quanti non sono più in mezzo a noi: i loro occhi, chiusi a questa vita, abbiamo la certezza che si aprono a contemplare e godere la vita eterna.
Cristo è risorto! È veramente risorto!
✠ Don Pino