Mercoledì 1 agosto è stato rinnovato anche al borgo La Martella il tradizionale appuntamento materano con la degustazione della Crapiata. La serata è stata animata dal musical a cura dell’associazione Genitori H24 e dal concerto del gruppo 7Puntoit. L’organizzazione ha ringraziato Marianna Flumero per il servizio di interprete lis garantito durante l’evento. Di seguito la cronaca dell’evento a cura di Francesco Paolo Francione.
Gioiosa festa popolare nella serata dell’1 agosto, per la tradizionale “ crapiata”: un piatto ricco di legumi offerto a una moltitudine di persone, ordinate in lunghissima ma scorrevole fila, nella piazza del borgo La Martella: piccoli e grandi, martellesi, materani, emigrati e turisti provenienti da varie parti d’Italia e del mondo.
La celebrazione è stata organizzata, come ormai da molti anni, dall’associazione Borgo la Martella, presieduta dalla prof.ssa Flores Montemurro, animata da vecchi amici d’infanzia che vorrebbero conservare e rinforzare i valori della società contadina: la voglia di stare insieme nel vicinato, di formare una comunità, di condividere la fatica e la celebrazione del ringraziamento per i frutti che la Terra ha concesso.
Un gruppo di bambini e adulti ha dato inizio alla festa con danze e musiche popolari il cui ritornello riproponeva con insistenza la preghiera dell’innamorato all’amata “ Loss a momt e v’ n k mak” ( “lascia tua madre e vieni con me”); ma poi la band di Giuseppe Rizzi ha interpretato in maniera convincente e applauditissima brani di Lucio Dalla, di Francesco De Gregori e di Fabrizio De Andrè, tutti inneggianti alla pace, alla solidarietà e alla fratellanza.
Le immancabili bancarelle e i camion dello street- food davano tono alla kermesse, ma creavano soprattutto occasione per qualche ricordo con amici di unga data: suscita sempre una particolare emozione il saluto che ci si scambia tra persone che si riconoscono nell’ età anziana, dopo essere stati fanciulli vivacissimi e irrequieti nel borgo.
Ma la stagione che celebra il raccolto e prepara la semina e l’inizio di un nuovo ciclo di produzione è anche occasione per ricordare quelli che non ci sono più. E quest’anno, nel borgo, in via Montebianco c’era la mostra di un artista, Francesco Paolo Rubino, morto nello scorso aprile: era venuto a La Martella nel 1953, aveva 16 anni, e suo padre aveva avuto l’onore di parlare e di ricevere da Alcide De Gasperi, capo del governo, le chiavi della nuova casa. Aveva lavorato duramente, aveva allevato tanti animali e coltivato con passione vigneti e olivi, aveva sposato una sua vicina di casa, un donna dal carattere dolce e disponibile, una vita laboriosa ma serena, arricchita da sei figli.
Pochi anni era rimasto fanciullo sui banchi di scuola, ma Francesco Paolo portava dentro di sé i caratteri della poesia universale che doveva esprimere e trovava, perciò, il tempo per scolpire il legno e la pietra, raffigurando immagini che – diceva- raccontavano la nostra storia.
Uno stile naif e ancestrale che ricorda le sculture di popoli primitivi e che danno alle sue creazioni un alone di diffusa divinità totemistica; ma, al contempo, le espressioni dei volti e i volumi obbligatoriamente ponderosi ( i materiali utilizzati sono il tufo e i tronchi d’ulivo), ricordano opere contemporanee.
Contadini in groppa agli animali, volti altamente espressivi di donne, di uomini, di coppie, facce che esprimono il rigore di una vita semplice e laboriosa. In qualche caso la scultura si lega alle radici dell’ulivo, quasi a significare che tutto viene generato dalla terra: ed è questo un motivo ricorrente nella cultura dei popoli antichi, tanto è vero che pezzi artistici simili si ritrovano nel museo della cultura ladina a Vigo di Fassa, nel Trentino.
Alcuni ragazzi quindicenni che, ieri sera, hanno dato uno sguardo fugace alla mostra, hanno certamente messo i loro occhi in quelli del vecchio appena abbozzato sul tronco dell’ulivo: è cibo per il loro spirito che s’accompagna a quello del miscuglio di legumi.
I figli di Francesco Paolo hanno organizzato la mostra un po’ precipitosamente anche perché hanno impegni di lavoro e alcuni di loro vivono fuori Matera, ma si ripropongono di tornare con più calma sulla abbondante produzione del loro genitore per studiarne la migliore gestione.
E, d’altra parte, tutti, per il prossimo avvenire, si fanno l’ augurio che la crapiata e simili iniziative possano sollecitare una maggiore attenzione da parte delle autorità e degli amministratori della città, ai quali non dovrebbe sfuggire l’urgenza di proseguire il recupero del borgo, dei suoi presidii culturali e religiosi che potrebbero ricucire e rinsaldare la periferia al tessuto sociale e urbanistico della città.