Riceviamo e pubblichiamo la nota dello storico materano Giovanni Caserta in cui prova a dare una spiegazione della denominazione di vico Solitario, nel Sasso Caveoso di Matera.
Ho comperato e letto il volume La storica Casa Grotta di Vico Solitario di Antonio Fontana. Si tratta di un volume di 175 pagine con non poche illustrazioni. Non si può passare sotto silenzio il merito di un minuto e faticoso lavoro di consultazione di materiale d’archivio, soprattutto dell’archivio parrocchiale di San Pietro Caveoso, dove è possibile leggere lo “Stato delle anime 1678-1886”, difficile fra l’altro da decifrare.Ovvia, in sé, è l’importanza dei movimenti delle famiglie nell’intero “pittaggio“ (vicinato) e, nello specifico della Casa Grotta, con 11 come numero civico. Ma essi sono solo registrati e freddamente riportati, peraltro spesso necessariamente ripetitivi, spesso in latino. Ci si sarebbe augurata, perciò, una lettura interpretativa o “chiave di lettura”, da storico. E’ scontato, infatti, che la ricerca d’archivio, pur importante, rimane pur sempre una premessa alla storia; ma non è ancora la storia. Né i documenti vanno mitizzati come indiscussi e indiscutibili. Vanno comunque interpretati. Né tutti sono veritieri. In un testo così ricco, intanto, rimane inspiegato nientemeno che il nome di “Vico Solitario”. O, almeno, non si tenta nemmeno una ipotesi.
Nel testo, a p.22, concludendo un paragrafo sulle variazioni toponomastiche in zona, si fa rilevare che la denominazione popolare era “Solagna di San Pietro Caveoso”, la quale, così come suggerito da Angelo Sarra, a parere dell’autore, potrebbe essere tradotta con “L’assolato di San Pietro Caveoso”. “Ad “assolato”, in verità, sarebbe preferibile “soleggiato”. Non si spiega, però, come si è arrivati a “Vico Solitario”, che è traduzione arbitraria e assolutamente lontana dalla locuzione dialettale, oltre che fuori contesto sociale.
Il discorso, a dire il vero, è leggermente più complicato e va fatto. Nel volume si dice che la denominazione compare per la prima volta in data 1867, nello “Stato delle anime della parrocchia di San Pietro Caveoso”. L’estensore del registro parrocchiale ha scritto: “Solagna, oggi Vico Solitario”.Se ne ricava, dunque, che la nuova dizione erarecentissima. E’ bene, perciò, rifarsi alla storia.
Si era all’indomani dell’Unità d’Italia. Nel 1865 era stata promulgata la legge 2248 del 10 marzo.Lo scopo dichiarato era quello di avere un censimento e una ridefinizione di opere pubbliche e luoghi del territorio nazionale, concepito secondo criteri di uniformità, comprese le strade comunali e le loro denominazioni. Andavano eliminate, dove era necessario, locuzioni locali, incomprensibili a chi non era del posto. Il territorio, insomma, andava italianizzato. Ecco quanto stabiliva la legge:
VITTORIO EMANUELE II PER GRAZIA DI DIO E PER VOLONTA’ DELLA NAZIONE RE D’ITALIA
Il Senato e la Camera dei Deputati hanno approvato. Noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue:
Art. 1 – Sono approvate ed avranno vigore in tutto il Regno le seguentiLeggi (omissis)
Art. 17-Entro un anno dalla presente legge, le Giunte municipali formeranno un elenco delle strade da classificarsi fra le comunali, indicando i luoghi abitati che percorrono, la loro larghezza e lunghezza chilometrica. Si terrà conto degli elenchi già esistenti.
La Commissione, o chi per essa, si trovò nella necessità di tradurre in italiano l’espressione“Solagna di San Pietro Caveoso”. “Solagna”, in materano, è parola che deriva da “sole”. Era il luogo su cui batteva il sole, particolarmente ricercato con l’inizio della primavera e in autunno, quando, soprattutto gli anziani in difficoltà motorie, scialle sulle spalle, berrettino di lana in testa, cercavano di tenersi lontano dallaumidità delle grotte, dove avevano o avrebbero passato l’inverno A primavera cercavano di asciugare l‘umidità accumulata in quattro – cinque mesi di grotta; in autunno ritardavano il rientro in grotta.
Opposta alla solagna era la“mancosa”, luogo cosiddetto perché il sole arrivava poco o non arrivava mai, cioè ”mancava”. Lasolagna, come facilmente si può capire, era anche un luogo protetto, raccolto, fuori delle correnti d’aria.Era, quindi una piccola insenatura, un rientro nella roccia, una grotta appena abbozzata, un angolo riparato del vicinato, in cui si era anche come isolati, certamente appartati Il traduttore di solagnapartì da “solo” e non da “sole”, infondo sbagliando solo a metà. Solagna stava per “isolamento”. Ilrisultato cui giungeva era: “Luogo di isolamento”, “Vico Solitario”, assolutamenteincongruo, in parte dotto, certamente sofisticato, che nega la realtà di un vicinato affollato e vivace come tutti i vicinati, e come dimostrano i documenti esibiti nel volume. Suona come angolo “romito”, angolo di meditazione per eremita, non invececome angolo in cui, in gruppo, si conversava tranquillamente, rubando un po’ di sole, al riparo dalle correnti umide e micidiali della Gravina, che avevano costretto le suore di Santa Luciaa trasferirsi per due volte, fino ad arrivare al piano. Verrebbe voglia di cambiare “Vico Solitario” in “Vico Soleggiato”, se non “Recinto Solagna” o “Rione Solagna”. Ma “Vico Solitario”, dopo 160 anni, fa parte della storia ed è storia.Può rimanere, pur sentendo di religioso e di ozioso. A meno che, sotto “Vico Solitario”, non si voglia aggiungere “già Solagna”, invertendo la dizione che si legge nel registro parrocchiale del 1867.
Nella foto www.SassiLive.it vico Solitario