Le pulizie effettuate direttamente dagli studenti nel “soppalco” della Biblioteca Provinciale di Matera sono l’occasione per riflettere sugli spazi dove poter studiare a Matera.
Le chiamavano “pulizie di primavera”. Eppure stanno diventando routinarie nella Biblioteca Provinciale di Matera, dove, nella mattinata di giovedì 25 febbraio, un gruppo di studenti armati di scope e secchi ha ripulito il cosiddetto “soppalco”, luogo di studio degli universitari materani (ebbene sì esistono!), sempre più infestato da acari e polvere, vista la mancanza di pulizie da parte dell’impresa che se ne occupa. O meglio, dovrebbe occuparsene.
Può sembrar strano che dei giovani studenti già alle prese con ansie e stress da studio debbano provvedervi, ma se è vero che si deve fare di necessità virtù, i “Manici di scopa” (questo il nome del gruppo) hanno voluto occuparsene personalmente. “Abbiamo deciso di agire in prima persona, visto che l’estate scorsa alcuni di noi hanno sviluppato delle dermatiti in seguito al contatto della pelle con tavoli e sedie.” – ha affermato un componente del gruppo. Perché andare a studiare in biblioteca e sviluppare un’allergia (non da studio) è normale? E’ già la seconda volta che i ragazzi si dedicano alle pulizie. Il risultato? Un’acqua sporca e putrida, che in confronto studiare su di un pavimento non farebbe molta differenza!
Ennesima grana per quanti optano per lo studio nella Biblioteca, che è risaputo non essere all’altezza degli standard europei. Qualche esempio? Orari scomodi, chiusura del venerdì e del sabato pomeriggio. Riscaldamento e condizionatore non sempre funzionanti. Inoltre, per mesi non è stato possibile acquistare libri e riviste. Se a questi fattori aggiungiamo anche la scarsa pulizia, “il piacere” di studiare può diventare un incubo.
Tuttavia, del problema sulla mancanza di spazi culturali a Matera non se ne parla abbastanza. Perché nella città Capitale della Cultura per il 2019, tra presidi culturali che dismettono la loro attività (vedi la Galleria di Porta Pepice), librerie che si trasferiscono (vedi la Libreria dell’Arco), B&b e bar che nascono quotidianamente, possiamo solo sognare di avere una biblioteca a misura d’Europa. Perché se siete a Matera in un venerdì pomeriggio e avete voglia di studiare, alla domanda “dove?” non c’è una risposta? Perché nelle città universitarie italiane ci sono le aule studio e a Matera no? Forse perché Matera non è (ancora) una città universitaria?
A Matera abbiamo la Biblioteca Provinciale Tommaso Stigliani, ospitata nello storico Palazzo dell’Annunziata con un affaccio sulla piazza principale di Matera, Piazza Vitttorio Veneto. E’ sicuramente un fiore all’occhiello del Mezzogiorno con i suoi 250.000 volumi. Ma c’è una pecca. Gli orari di apertura, che sono questi: lunedì-giovedì 8.30-18.30, venerdì-sabato 8.30-13.30. Siamo sicuri siano a misura di studente? In Italia esistono aule studio che garantiscono un servizio ininterrotto allo studente, restando aperte fino a tarda serata e perfino nei weekend, a Milano, perfino durante la festività.
Mi si potrebbe obiettare che siamo al Sud, che qui le cose vanno in modo diverso, a rilento, per la precisione. Potrebbe anche darsi, perché la storia ci ha resi protagonisti di secondo grado o perché l’annosa “questione meridionale” non può dirsi del tutto risolta. Resta il fatto che per consentire ad uno studente di poter vivere serenamente i suoi anni di studio in una città come Matera, che pur non offre un’ampia offerta formativa universitaria, la si dovrà pur dotare di servizi. Perché sono quelli a qualificare una città e a consentire a un cittadino di viverci.
Ma tornando al problema iniziale, la questione è sostanziale: stiamo parlando di una biblioteca, che fornisce servizio di lettura, ma non si tratta di un’aula studio. Ecco appunto. Resta il fatto che Matera non ha aule studio liberamente fruibili dagli studenti.
Avremmo bisogno di locali ospitali, magari gestiti proprio da giovani con turnazioni che consentano una efficace distinzione di ruoli, utilizzando proprio gli spazi pubblici dismessi e/o abbandonati, dotando magari questi spazi di connessione wifi gratuita, computer, servizi di bookcrossing (libri in libertà) per incentivare la lettura e lo scambio. E se tutto ciò avvenisse nei Sassi? O nel centro storico? Sarebbe uno dei pochi casi al mondo, quello di studiare con una vista mozzafiato, come gli affacci che costantemente ammiriamo e postiamo sui beneamati social network. Si potrebbero coinvolgere gli studenti stessi nella gestione degli spazi. Un ringiovanimento dell’organico non potrebbe che rendere più appetibile e competitivo un luogo destinato alla fruizione di cultura.
Ma la realtà è che attualmente, gli orari di apertura della Biblioteca sono gli stessi di vent’anni fa, quando la città con i suoi Sassi diveniva il primo sito Unesco dell’Italia meridionale. Tuttavia oggi Matera è una città differente.
È vero che a seguito dell’emanazione della legge 7/4/ 2014 n. 56 (legge Delrio) e della legge della Regione Basilicata 6/11/2015 n. 4 art. 3 comma 6, le funzioni relative alla cultura in generale e alle biblioteche sono state attribuite alla Regione Basilicata, di conseguenza per mesi non ha potuto acquistare libri e riviste, né è stato garantito il riscaldamento, ma non tralasciamo il fatto che il fermento sociale di una città nasce dalle istituzioni scolastiche e universitarie che fungono da forze aggreganti. I miei (nostri) sogni sono realtà in innumerevoli città italiane ed europee. Perché a Matera no? Quale vittoria può essere realmente meritata se tralascia il mondo circostante? Se non si integra con il substrato sociale? Alle volte basterebbe solo affacciarsi alla finestra per osservare che il mondo è cambiato, che se vogliamo essere partecipi di questo cambiamento europeo occorrerebbe soltanto agire.
Purtroppo se ne parla, se ne parla, se ne parla soltanto. Del resto a Matera va tutto un po’ così. E’ amante dei paradossi, Matera, dice di tenere alla sua cultura ma lascia che la sua biblioteca rischi di chiudere.
Ma noi studenti abbiamo conquistato a caro prezzo la voglia di studiare. Non la lasceremo andare.
Il Dipartimento regionale Politiche della Persona, insieme alle Segreterie Regionali di CGIL CISL UIL Basilicata congiuntamente alle Categorie di SPI FNP UILP, hanno raggiunto un’importante intesa il 26 u.s.per la definizione del Piano regionale degli indirizzi alla pianificazione intercomunale dei servizi sociali e sociosanitari.
Il documento,che l’Assessore competente, Prof.ssa Flavia Franconi proporrà alla Giunta Regionale in tempi stretti,è stato elaborato e condiviso in una serrata e proficua sessione del tavolo di confronto: un’esperienza inedita e significativa di miglioramento delle relazioni istituzionali e sindacali per la definizione della nuova progettualità socialevalevole dal 2016 al 2018
Si tratta di un documento di importanza strategica in quanto delinea la futura governance territoriale dei servizi socio sanitari e le direttrici del welfare regionale,recuperando ritardi e rilanciando le politiche di protezione sociale essenziali per un nuovo sviluppo regionale sostenibile e coeso.
Il Dipartimento regionale e le parti sindacali sono pervenute ad una comune visione del Piano sociale regionale. Un piano-processo e cornice dei Piani intercomunali che fa risaltare le istanze della comunità, delle risorse umane, professionali, territoriali e privilegia il ruolo della Conferenza di ambito .
Il Piano parte da una lettura critica della situazione sociale della regione,da una prima descrizione delle risorse e dei nuovi bisogni e prefigura le chiavi interpretative per modificare l’offerta dei servizi, delineando un disegno da sottoporre alla discussione degli ‘ambiti zonali’.
Il Piano gioca le sue sfide con l’affermazione delle seguenti priorità integrate:
1. L’attenzione ai nuovi bisogni della popolazione, al fine di migliorare l’inclusione e la coesione sociale ed il recupero di fragilità;
2. La promozione di azioni che sostengano e tutelino le giovani generazioni, con una distinzione tra la progettualità rivolta all’infanzia, agli adolescenti , ai giovani adulti ed ai generi;
3. Il sostegno delle persone in condizioni di fragilità e di vulnerabilità al fine di ridurre il rischio di scivolamento verso le forme di povertà estrema e, in particolar modo, le famiglie a forte disagio economico e sociale;
4. Il sostegno delle persone non autosufficienti o in disabilita e delle loro famiglie, intervenendo sia sul versante delle persone con disabilità giovani, adulte e minori, sia su quello delle persone anziane, anche al fine di favorirne la permanenza nel proprio domicilio, attraverso una applicazione incisiva e consistente delle misure del POR FSE 2014/20;
Questi progetti-obiettivo sono traducibili in azioni virtuose e visibili sul territorio attraverso essenziali snodi di attuazione .
Il Piano è impostato, con la regia della Struttura regionale di raccordo,applicando la metodologia della progettazione partecipata nelle sue diverse fasi di formazione,implementazione e monitoraggio .
Al lavoro di Piano ed alla Struttura regionale di regia sono associate le organizzazioni sindacali e le rappresentanze degli interessi e del terzo settore.
Importante è la continuità e lo sviluppo delle funzioni di innovazione organizzativa degli uffici di piano del sociale per il cui consolidamento si riconosce la preminenza di rapporti di lavoro stabile nell’attivazione di nuove funzioni e strutture.
Per realizzare concretamente i principi della integrazione socio-sanitaria si prevede l’adozione diun apposito protocollo d’intesa tra le Aziende Sanitarie e i Comuni, recante le linee e le misure organizzative unitarie definite nei Piani di Ambito, nonché la disponibilità in ogni Ufficio di Piano di una figura professionale dell’Azienda Sanitaria competente .
La fruizione dell’offerta di prestazioni sociali previste nel Piano sarà assicurata attraverso la costruzione di un sistema di garanzia effettiva dei livelli essenziali ed appropriati distinti in sette macro-aree con una dotazione minima territoriale.
Altro snodo qualificante è la previsione di una profonda innovazione,anche con un atto di pianificazione generale, del sistema di relazioni sociali tra soggetti pubblici e privati per l’erogazione dei servizi,secondo criteri che privilegino oltre che l’economicità la qualità e la appropriatezza nell’accreditamento.
La sfida del Piano sociale è nuova e produttiva di cambiamenti significativi per la Regione e gli EE.LL.; la realizzazione delle fasi del Piano il complesso dei Piani intercomunali, una rinnovata funzione programmatoria, anche coordinando livelli di piano ed interventi integrati in ambiti collegati al sociale quali l’istruzione, il lavoro,l’agricoltura sociale ,il manifatturiero .
La sfida vale anche per le organizzazioni sindacali, a cui viene conferito uno straordinario ruolo di attori della programmazione e delle nuove politiche di welfare regionale.Anche con la partecipazione a diverse istanze di impostazione e di attuazione del Piano sociale.Il modello è quello di una partecipazione coessenziale con le parti pubbliche per irrobustire e sostenere insieme i processi di cambiamento sociale.
Veronica Mestice