Pisticci occupa un ruolo di primo piano nella salvaguardia di aspetti devozionali, a volte autentici ma talora anche profani. Un culto antichissimo, oggi ancora molto sentito, è quello della Madonna delle Grazie, detta anche Madonna della Pioggia o dei Campi, alla cui intercessione si ricorreva nei periodi di maggiore siccità. L’attuale chiesa di Sant’Antonio era intestata anticamente a S. Maria Gratiarum Terrae Pisticci, che subentrò alla precedente denominazione di Chiesa di S. Francesco dei Mendicanti, fondata a sue spese dal duca Tristano che la dotò di un altare dedicato a S. Maria delle Grazie “… per sé e i suoi successori, dotandolo di certe possessioni, col peso di messe cento l’anno in perpetuo che poi fu rinunziato dai Riformati nel tempo. Detta contiene dentro di se altari undici, sei da una parte e cinque dall’altra e in mezzo l’altare maggiore. Molti di detta terra si nominano padroni di più cappelle onde nel tempo del padre Lorenzo da Pisticci, Provinciale, perché non corrispondevano al mantenimento delle medesime, dopo le richieste alle quali si mantennero renitenti, furono dichiarati caduti dal possesso e tanto più che non esibirono scritte delle loro possessioni”. (Informo Conventi anno 1723). Nuovi titolari delle Cappelle della Madonna delle Grazie e di S. Francesco risultavano rispettivamente un Cappellano, designato dal vescovo, e la famiglia Onofrio che le sostenevano con benefici vari. In seguito “Padrona” della cappella di S. Maria delle Grazie si dichiarò la famiglia de Leonardis che vi collocò lo stemma del suo casato e in particolare donò molte “pezze di seta propriamente chiamati paramuri per ornare le mura e le colonne della Chiesa, e quindi una lampada d’argento su cui era inciso lo stemma di famiglia.
Fino a non molti anni or sono, la popolazione pisticcese aveva non solo nella viabilità e nella posizione geografica, ma anche nelle avverse condizioni climatiche i suoi più gravi ostacoli. E quando l’acqua veniva a mancare i contadini facevano appello alla Madonna, che veniva portata in processione fino alla Chiesa Madre, dove il sacerdote faceva intonare una preghiera propiziatoria di penitenza, e dove rimaneva”in castigo”, relegata in un angolo del tempio e trascurata dai fedeli, fino a quando non fosse caduta una pioggia abbondante. E solo dopo, la sacra effige veniva ricondotta in corteo nel suo tempio, attraversando il tratto di corso che guarda verso la valle del Cavone, dal cui muretto il sacerdote impartiva la benedizione ai campi lontani e rigenerati dalla linfa vitale dell’acqua novella. La Madonna così cominciò ad essere considerata la protettrice dei campi, una preziosa collaboratrice, vista in una dimensione quasi umana, in grado di risolvere ogni problema e sempre partecipe delle vicende del mondo contadino. Molto probabilmente, la cappella rurale della Madonna delle Grazie, ubicata sul tratturo che conduce alla valle del Cavone, è stata costruita in seguito alla distruzione di una piccola omonima chiesetta, causata da uno smottamento del terreno,. Secondo alcuni, fu progettata da mastro Selvaggi di Pomarico. Nel 1799 la Cappella di Santa Maria La Grazia, come era chiamata, era mantenuta dalla generosità dei fedeli e non aveva alcuna rendita.
Giuseppe Coniglio