Mancano poche ore all’inizio della seconda edizione dello Sputnik Music Festival, kermesse culturale pisticcese che si terrà il 20 agosto nelle vie del centro storico in rione Terravecchia. L’evento avrà un ospite d’eccezione che aprirà la giornata culturale organizzata tra autoproduzione e musica: Nicoletta Scilimati, docente dell’Accademia di Belle Arti di Lecce , terrà a partire dalle ore 17,30 un workshop sull’editoria autoprodotta, proprio in concomitanza con l’avvio delle attività legate al festival. ” Durante il workshop verranno realizzati dei libri di otto pagine a partire da un unico foglio e, a discrezione di ogni partecipante, verrà inserito un testo poetico o frammento letterario, oppure una “scrittura illegibile”, oppure un testo. In ognuna di queste tre possibilità verrà articolata un’immagine figurativa, simbolica o astratta realizzata mediante la linoleum grafia e la stampa a mano per mezzo di colori atossici. L’intento è quello di mostrare e realizzare come anche attraverso pochi e semplici mezzi sia possibile ottenere un autoprodotto che sia veicolo di una propria scelta di contenuti e stilistica” afferma l’incisore pugliese che ha deciso di presentarsi al pubblico lucano dello Sputnik.
Come mai ha deciso di prendere parte a questa seconda edizione? Cosa le ha colpito del progetto di questi ragazzi e quali sono gli elementi dello Sputnik che lei sposa?
Ho avuto modo qualche mese fa di venire a conoscenza dello Sputnik chiacchierando con due degli organizzatori e sono subito rimasta affascinata dal grande entusiasmo e dalla tenacia nel manifestare gli intenti e lo spirito di questo festival. Ideali come libertà d’espressione e funzione salvifica della cultura legati al proprio territorio non lasciano indifferenti. Per queste ragioni sono particolarmente felice di prendere parte a questa giornata che non si esaurisce in poche ore ma credo sia un progetto di rivalutazione e riappropriazione di significati culturali a lunga scadenza .
Cosa è per lei l’arte? Quale disciplina dell’arte predilige?
Questa domanda apparentemente necessiterebbe di lunghe riflessioni e valutazioni, ma senza ricercare significati assoluti direi che “per me” è un momento in cui l’invisibile, l’intangibile si rende manifesto. Attraverso un oggetto o un atto filtrato dalla propria sensibilità ci è permesso condividere una parte del percorso che ognuno sceglie cercando il proprio “senso”. Il mezzo che adotto per provare a fare questo è l’incisione: da un punto di vista tecnico i tempi necessari per realizzare una matrice e stamparla, il “processo”, cioè la sequenza ritmica di azioni, dilatano la percezione del tempo e di conseguenza il pensiero mi rende “un oggetto tra gli oggetti”, priva di vanità autoreferenziale. Questo è quello che realmente mi interessa.
Sta lavorando ad un ciclo di stampe dal titolo “Samisadtz”: ci racconta l’origine e l’evoluzione del suo lavoro?
Il ciclo “Samizdat” è un omaggio alla letteratura clandestina che si sviluppa sotto il regime sovietico dopo la
seconda guerra mondiale fino alla caduta del muro di Berlino. La serie di stampe è una personale interpretazione di questo affascinante ed utile fenomeno di resistenza legato alla parola ed alla condivisione della conoscenza. Le lettere intese come cellule primarie delle parole, in questo caso, diventano segni che rendono visibili le immagini.
Quanto è difficile praticare una tipologia artistica così settoriale come la sua nel mondo attuale, dominato da tecnologia, dall’uso facile del digitale che in parte ha sopperito la manualità dell’arte grafica? La comunicazione, secondo lei, è vittima di questa ”perdita di valori del passato”, se così la si può chiamare?
Ritengo che tutto ciò che è “grafica” contenga in sé delle necessità compositive formali e tecniche che non possono non far riferimento alla solida evoluzione della stampa, dalle origini ad oggi. L’inflazione generata dai mezzi digitali dal mio punto di vista non sopperisce in alcun modo la tradizione perché si tratta di fini ben diversi e di differenti risultati. Se come lei dice la comunicazione è “vittima della perdita di valori del passato” non credo sia in nessun modo attribuibile ai mezzi quanto piuttosto all’utilizzo non adeguato di questi: digitale e tradizionale devono e possono coesistere ognuno con le proprie specificità.
Ha mai visitato la Basilicata? Cosa pensa di questa terra? Molti la considerano una terra artistica e cinematografica, è d’accordo?
Purtroppo non conosco ancora abbastanza la Lucania, eccetto Matera e proprio lì ho avuto modo di constatare quanto sia una terra predisposta naturalmente al silenzio che si cerca per pensare prima di agire, luoghi che personalmente mi fanno sentire riappacificata. Questa bellezza di certo non è destinata ad eclissarsi in favore dei ben noti interessi delle multinazionali petrolifere, fatto dal quale i lucani sanno ben difendersi: tutte le potenzialità artistiche che già esistono andrebbero innescate e curate come già sta succedendo.
Perchè la gente secondo lei dovrebbe partecipare allo Sputnik Festival?
Credo che il festival possa essere e rappresentare un momento di condivisione di alcuni punti di vista rispetto alla libertà di pensiero ed espressione, un “satellite” attorno al quale fruire di una offerta varia e curata di eventi, organizzati da un gruppo eterogeneo e fortemente motivato nel mostrare quanto si può e si deve fare nel posto in cui si è cresciuti.