Stefania De Toma: “Matera, la luna e gùgle…” Di seguito la nota integrale inviata alla nostra redazione.
Potrei essere non legittimata a scrivere queste righe. In fondo non sono materana, sono arrivata da una città sul mare tanti anni fa (Trani, ndr), davvero tanti, e chissà se l’ amore per un luogo, vissuto dentro di sé ma anche attraverso molte condivisioni con la comunità, possa costituire una legittima acquisizione di appartenenza. Io so di sentirla, questa appartenenza e che Matera mi scorre dentro insieme alla salsedine, alle meraviglie di Federico secondo e di quella Cattedrale messa lì sulla riva, come dovesse prendere il largo da un momento all’altro.
In pomeriggi come ieri me ne son resa conto; erano circa le quattro, ero diretta a piedi al centro con mia figlia Alessandra ma alla fine di via Dante, tra gli attici delle case, ci è apparsa nel cielo già tinto del tramonto una luna luminosissima, sfacciata, irreale, nitida dei suoi crateri, dei mari della tranquillità e della tempeste, quasi col sorriso svelato per pochi istanti da quel volto tante volte disegnato da bambini; guarda, sono lì, occhi, naso bocca…la osservavamo, rapite, io e mia figlia.
Bianca, lucentissima pur nel cielo ancora chiaro, abbiamo cambiato direzione senza neanche dircelo, guidate e attratte da quella luce come da una cometa, stregate, quasi con l’ingordigia di volerla vedere lì, affacciata sulla Murgia a illuminare i Sassi. E sì, lì era, ancor più bella di come avevamo potuta immaginare anche se allo stesso modo ci era apparsa tante volte. Perché la bellezza vera stupisce sempre, innesca cataclismi sempre nuovi nell’animo di chi la rimira.
Lì dall’affaccio accanto alla chiesa di Sant’Agostino insieme a alcuni turisti eravamo ammutoliti da quel cielo roseo , roseo come solo una dea cantata da Omero avrebbe potuto dipingere, poggiato sulla Murgia e nel quale erano adagiati i Sassi, velati appena da quel bagliore notturno impastato di tramonto.
Questione di attimi e abbiamo fatto caso, inevitabilmente, a qualcosa lì, tra gli occhi delle grotte. Una specie di mongolfiera accesa, un pezzo di festa della Bruna dimenticato; ma no, ci dice un bambino tra noi, un puntatore Google non vedete?
È bastato questo a collegare quella installazione alla cronaca sentita distrattamente nei giorni precedenti, alla ultima trovata di “cultura comunitaria” della Fondazione Matera 2019.
Che non sia polemica sulle scelte della fondazione. Ma forse sì.
Avevamo bisogno di questi, mi si consenta, pugni nell’occhio a ricordarci che la nostra città ha ottenuto un riconoscimento di valore, dopo sessant’anni di impegno, lavoro, fermento di tanti comuni cittadini di ieri e oggi, nel quale mi sono trovata io più di vent’anni fa, dopo che è stata riscattata, ripulita, rivivificata attraverso la propria , unica, straordinaria storia, che l’ha resa in pochi anni Patrimonio nazionale, poi dell’ Umanità, rendendola un posto unico e straordinario da vivere e condividere? Avevamo bisogno della plastica e del cartone o dei posticci artistici, noi che siam fatti di pietra, “diamante e carbone”, come diceva Pasolini?
L’impressione, non so onestamente se fosse l’intenzione, di vedere trasferito Google Map nella realtà, quel puntatore che stava lì come la materializzazione di un’indicazione virtuale a indicare ecco, sei arrivato, è a dir poco inquietante, a mio parere.
Come dire, qui è cominciato tutto, la storia, gli insediamenti, i millenni di Matera, la bellezza delle rupi e delle grotte che son state scavate fino a diventare chiese, le pietre contorte, il timo, le orchidee selvatiche che non puoi neanche calpestare, le volpi coi loro piccoli, i passi della storia, il nostro libro della memoria spalancato lì, davanti alla città, struggente di bellezza e dipinto dal cielo, dal sole, dalla luna, ogni giorno in modo diverso.
Mi perdoni chi ha ideato questa cosa se mi spingo a queste parole. Mi chiedo solo se Matera avesse bisogno di questo ma anche di tutto ciò che a quel puntatore assomiglia. La geolocalizzazione della nostra Murgia a Matera è fatta da quella Luna, da quel Sole d’oro che la inonda al mattino, dalle stesse Stelle che il Cielo ci regala e che vedevano i nostri progenitori novemila anni fa, quando si insediarono qui. Nostri. Sì. Mi si perdoni. Perchè Matera è anche mia.
Grazie.
La tua sensibilità per questa città è straordinaria. Cosa hai fatto tu senza interessi è encomiabile,gli altri fanno solo chiacchiere ,perdono tempo per non far crescere questa città prendendo solo soldi.