AFFONDA LA COSTA CONCORDIA: UNA TRAGEDIA TRA GRAVI ERRORI E GESTI DI EROISMO.
La classe III F, che partecipa al progetto giornalistico Torraca News Live in esclusiva per www.SassiLive.it, ha inviato il suo commento sulla tragedia che ha colpito la nave da crociera Costa Corcordia nei pressi dell’isola del Giglio.
Il disastro della nave Concordia ci fa venire i brividi e racconta una duplice verità, consegna alla storia, cioè, l’idea di un’Italia che si dibatte tra coraggio e codardia.
E’ il 13 gennaio 2012, venerdì, quando inizia l’incubo. Sulla Costa Concordia che naviga nei pressi dell’Isola del Giglio c’è gente che finalmente vorrebbe trascorrere la tanto agognata vacanza della sua vita…nessuno avrebbe mai immaginato, invece, che questa si sarebbe trasformata in tragedia! Ebbene sì, la meravigliosa Costa Concordia, dopo il suo fatale “inchino” all’Isola del Giglio, si imbatte in uno scoglio e si inclina su un fianco, imbarcando acqua.
La cosa peggiore è che non si tratta di una mera casualità, bensì di un errore umano, causato dall’imperizia (o la spavalderia?) con cui si è scelto di navigare sottocosta, a soli centocinquanta metri dalla riva (e solo per salutare i concittadini di un ex membro dell’equipaggio).
Dalle testimonianze dei superstiti vien fuori che è sera quando i viaggiatori stanno consumando la loro prima cena sulla nave. Verso le 22,00, poi, si ha un blackout: il ristorante trema e sui passeggeri si riversa tutto addosso: piatti, bicchieri, posate. Gli ospiti si spaventano, ma vengono subito rassicurati dagli ufficiali di bordo. Intanto, il comandante Schettino si è accorto che qualcosa non va, ma si ostina a non far scendere la gente dalla nave. Viene richiesta l’assistenza di un rimorchiatore, ma la Capitaneria avvia direttamente i soccorsi.
Qualcosa di grave, però, realmente è accaduto: la nave, alla velocità di sedici nodi, si è scontrata con gli scogli delle Scole e i motori sono stati invasi dall’acqua.
I carabinieri ricevono una telefonata (la prima) da una passeggera della Costa Concordia, la quale afferma che nel ristorante in cui si trovava è crollato il soffitto. La Capitaneria di porto inizia ad insospettirsi, mentre la situazione sfugge di mano agli ufficiali. Solo dopo un’ora circa si inizia a valutare l’abbandono della nave. Un errore madornale, questo, perché, se non si fosse aspettato tutto quel tempo, molti più passeggeri si sarebbero salvati. Molte persone, infatti, in preda al panico, si sono tuffate in acqua e probabilmente alcune sono annegate.
Dal canto suo, invece, Schettino, non certo all’altezza dei suoi doveri e responsabilità (ma chi può dirlo?), quando ancora ci sono centinaia di persone a bordo che attendono la salvezza, abbandona la nave, rifiutandosi di risalire, nonostante il tono autoritario del comandante della Capitaneria De Falco.
Schettino è ora agli arresti domiciliari, indagato per omicidio colposo e abbandono della nave.
Situazione assurda, ma che ha visto tante altre persone svolgere coraggiosamente e correttamente il proprio dovere, come il commissario di bordo Manrico Giampedroni, che, dopo aver salvato decine di passeggeri, è rimasto intrappolato per trentasei ore nel gelo della notte, con una gamba rotta. Encomiabile, a nostro parere, è stato anche il gesto del batterista pugliese, che ha ceduto il suo posto nella scialuppa ad un bambino ed ora è uno dei tanti dispersi, così come è da sottolineare la condotta, degna di stima, della popolazione del Giglio, che ha subito offerto ospitalità ai naufraghi della Costa Concordia.
Intanto, tra errori inammissibili e solidarietà umana, c’è una cosa, a parer nostro, che rimane: il dolore; il dolore dei parenti delle vittime dell’incidente, che non potranno rivedere mai più il sorriso dei loro cari; il dolore dei parenti dei dispersi, che continuano a sperare, anche se, più passa il tempo e più balena in loro l’idea che il mare sarà il luogo dove andranno a piangere i loro familiari.
Non sta a noi, però, giudicare l’inammissibilità di un errore umano…d’altra parte, come sappiamo, ben nota e tollerata dalle compagnie e dalle Capitanerie, è la pratica del famigerato “inchino”.
La classe III F per Torraca News Live