Parliamoci chiaro: la questione è seria e non più essere disattesa, sottovalutata ne tanto meno strumentalizzata. Centinaia di famiglie di lavoratori del mobile imbottito, e più in particolare della ex Nicoletti SpA, sono al collasso economico, alla fame. Dal 11 febbraio scorso più che dedicarsi ad individuare una tempestiva soluzione circa la proroga della cassa integrazione straordinaria, per l’intervenuta procedura fallimentare della ex Nicoletti SpA, politici e organizzazioni para-politiche si sono dilettate nello studio di fantasiosi progetti di riqualificazione del sito industriale chiuso (ad oggi non si sa che fine abbiano fatto le tanto annunciate manifestazioni di interesse), alla organizzazione di ipotetici consorzi mai costituiti per l’assenza dei consorziati, in elucubrazioni di idee e progetti di lungo termine che poco risolvono nell’immediato dei problemi che attanagliano i lavoratori cassa integrati e le loro famiglie. Un lampo di luce solo quando una parte sana delle organizzazioni sindacali e il curatore fallimentare Avv. Francesco Paolo Porcari, si sono validamente attivati per ottenere il via libera dalle Regione per presentare il Decreto di proroga alla firma del Ministero del Lavoro. Da allora ad oggi nulla di più e i lavoratori non vedono un euro dalla metà di febbraio. La campagna elettorale è finita ed è anche finito il tempo delle strumentalizzazioni, delle false promesse, delle false aspettative. Forse è il caso che i lavoratori si presentino al cospetto di chi ha venduto speranze e illusioni porgendo lo scontrino con il conto: la sopresa potrebbe essere un pagamento fatto di tanto disinteresse, molto pressapochismo e un minimo di preoccupazione, vera, ma circoscritta a pochi sindacalisti che gestiscono il front-office con i lavoratori: quella piccola parte sana. E’ assurdo che nessuno abbia attivato una procedura d’emergenza, forte e decisa: nessuno si è preoccupato per tempo ( e il tempo c’era) delle rate dei mutui di queste famiglie, della possibilità di aiutarli ad accedere ad una minima forma di credito, anticipativa dei sussidi a maturarsi, per consentire di superare, seppure nell’angoscia del minimo salario garantito dalla CIGS, questi mesi di vuoto che erano assolutamente prevedibili. Anzi certamente da parte di qualcuno previsti e annunciati! Piuttosto che continuare nell’angosciosa richiesta di credito assistito per le imprese ( la storia infinita e che mai finirà dei Fondi di Garanzia) si sarebbe potuta interpellare la Prefettura per attivare un tavolo interbancario che avrebbe potuto mettere a punto un piano di intervento per le necessità e le impellenze delle famiglie dei lavoratori. Certo che leggendo sui giornali di ieri interventi in cui si dichiara che ci si deve preoccupare solo dei 2500 lavoratori ancora in forze alle aziende, essere indotti a pensare che i lavoratori espulsi non meritino non uguale, se non addirittura maggiore, attenzione ed intervento è quasi naturale. Sia ben inteso, so perfettamente che nelle intenzioni di chi l’ha dichiarato questa proposizione è sicuramente lontana ma il titolo del giornale giustifica l’interpretazione. D’altronde non vi è stato politico, o organizzazione para-politica, che durante la campagna elettorale non abbia fatto riferimento alla situazione dei lavoratori dei salottifici in CIGS impegnandosi in caso di vittoria a risolvere i problemi della cassa integrazione scaduta: ora dove sono? che fanno? come intendono risolvere la grave crisi economica che colpisce le famiglie dei cassa integrati (in particolare, ripeto, della ex Nicoletti SpA) che da metà febbraio non percepiscono il sussidio della CIGS? Non si sottovaluti la questione e se è necessario, si sospendano progetti e interventi di spesa pubblica destinati a dare ritorno ( se ritorno ci sarà) solo a pochi laureati e molti colletti bianchi da occupare e si faccia qualcosa di concreto e di immediatamente tangibile per le famiglie bisognose che, quasi sicuramente, continuando questo balletto di scarica barile delle responsabilità, anche nel mese di Aprile non vedranno nelle proprie tasche le risorse economiche indispensabili per la sopravvivenza. Vale anche la pena di augurarsi che non si verifichi l’assurdo teorema che una parte politica ha utilizzato in campagna elettorale: Regione, Provincia e Comune dello stesso colore per garantire una massima efficienza ed organizzazione. In questo caso ci sarebbe da chiedersi: ora che la firma dipende dal Governo nazionale come la mettiamo con il colore? L’anello della catena si spezza! Spero che la risposta la si dia subito alle famiglie in emergenza mostrandogli l’unico colore di cui oggi hanno effettivamente bisogno: il verde dei cento euro per chi non sa veramente come andare avanti.
Angelo Calculli