Per due giorni Matera sarà invasa da quasi mille berrette bianche di cui oltre la metà provenienti da fuori regione. L’occasione è la “Festa nazionale del Cuoco”, il grande raduno in programma domenica 13 e lunedì 14 ottobre. Due giorni di grandi appuntamenti, organizzati dall’Unione regionale cuochi lucani e delle altre province lucane, insieme alle unioni regionali di tutta Italia e le delegazioni estere della Federazione Italiana Cuochi, nei suggestivi luoghi della città dei Sassi, che ha la prerogativa di rivendicare il valore di quella “cultura popolare” – ambito al quale la cucina appartiene – la cui promozione è anche fra i principali obbiettivi strategici della Fondazione Matera – Basilicata 2019. La due giorni prenderà il via domenica con la santa messa in cattedrale, al pomeriggio, in onore del patrono dei cuochi, San Francesco Caracciolo. A seguire un cocktail di benvenuto in piazza Vittorio Veneto e in serata un galà dinner a cura del Team Basilicata. Lunedì mattina prima un convegno sul tema “Il cuoco artefice di una ‘Cultura del Gusto’- I valori corali del territorio fra tipicità della terra e risorse ittiche dimenticate ed, a seguire, cooking show ed expò dei prodotti tipici. Pranzo a cura dei Cuochi Lucani, dei produttori locali e un percorso gastronomico delle Regioni, aperto al pubblico. Nel pomeriggio, prima una vista ai Sassi, e poi l’assemblea Lady Chef. “Si tratta di percorso di degustazioni, confronti e dibattiti che si snoderà tra gli antichi rioni materani e che accenderà i riflettori su quelle produzioni della terra e sulle specie ittiche trascurate e sul recupero delle tradizioni per uno sfruttamento sostenibile e razionale delle risorse alimentari – evidenzia Rocco Giubileo, presidente dell’Unione regionale cuochi lucani – immersi nella suggestione dei luoghi materani vogliamo raccontare l’identità culturale di una città contemporanea non assimilabile affatto a quella delle grandi metropoli, stimolando riflessioni su valori produttivi lontanissimi da modelli di consumo standardizzati o dal rischio d’appiattimento dell’offerta territoriale su mercati globalizzati, valori dei quali una Capitale Europea della Cultura deve oggi farsi portatrice”.